Sono passati ben dieci anni da quando, il 20 settembre del 2004, andava in onda su ABC il primo episodio di uno dei più grandi cult di tutta la serialità moderna. Naturalmente stiamo parlando di Lost, della storia di un gruppo di sopravvissuti precipitati su un’isola dal volo Oceanic 815. Un’isola deserta, solo apparentemente, perché di lì a poco risucchierà le vite di tutti naufraghi, portandoli a conoscere progressivamente le sue più profonde verità.
L’ultima puntata del capolavoro creato da J.J Abrams, Damon Lindelof e Jeffrey Lieber è stata trasmessa il 31 maggio di sei anni dopo, nel 2010, sulle reti Fox. Lost ha sicuramente fatto la storia del piccolo schermo, in 114 episodi divisi per ben sei stagioni, dove il dramma e l’azione si sono più volte mescolati alla fantascienza e all’inimmaginabile, tanto da creare un vero e proprio formulario di riferimenti da cui parecchi nuovi telefilm hanno preso spunto. Parlare di Lost diventa spesso parlare di un’esperienza di vita, di un percorso spirituale, soprattutto agli occhi di chi ha avuto la fortuna – o sfortuna, decidetelo voi – di viverlo al passo. I riconoscimenti per la serie non vengono solo da noi lostiani. Vincitrice, infatti, di un Golden Globe e tre Emmy Award, la serie è stata fin da subito acclamata anche dalla critica e ad oggi, a darne merito, compare al ventisettesimo posto della classifica stilata da Writers Guild of America delle centouno serie meglio scritte nella storia della televisione.
E che farsene di un brand dall’appeal così forte, e al tempo stesso morto e sepolto da ormai quattro anni, se nessuno può usarlo? In realtà, visto soprattutto il finale contorto e abbastanza aperto della sesta ed ultima stagione, i protagonisti di Lost sembrano ancora non essere destinati a scomparire del tutto, come se – e qui la citazione cade a pennello – l’isola non abbia ancora finito con loro. L’aspetto più esilarante è che fin dal 2010, ancor prima di assistere al finale di serie, il direttore di ABC Steve McPherson sembrava già avere le idee chiare sul futuro della sua creatura, quando dichiarava: “Sia l’emittente che la Disney si sono sempre dette interessate a tenere viva la mitologia di Lost e ora possiamo annunciare che effettivamente l’ultima puntata del telefilm non metterà la parola fine a questa affascinante e ampia saga”.
Oro colato per i fans, e per chi da quel momento in poi si sarebbe rifatto le tasche del portafogli investendo su un prodotto del genere. Successivamente, archiviata l’ipotesi secondo la quale Lost sarebbe tornato in vita in una settima stagione interamente scritta e scenografata dal maestro dell’horror – e fan sfegatato del telefilm- Stephen King, oggigiorno, in occasione dei festeggiamenti per i dieci anni dalla prima tv, Carlton Cuse, showrunner e co-creatore della serie, in un’intervista rilasciata proprio per ABC, ha detto: “Disney possiede il franchise e gli ha reso un sacco di soldi, difficile immaginare possa rimanere lì per sempre: io e Damon Lindelof abbiamo raccontato la storia, ma penso che prima o poi arriverà qualcuno che, sperabilmente ispirato da noi, dalla nostra versione dei fatti, voglia raccontare la sua”.
Le possibilità di rivedere Jack, John, Kate, Sawyer e tutti gli ‘altri’ – diventati ormai una sorta di luogo comune anche nel parlato – non sono poche. Al tempo stesso i pareri di Lindelof, di Cuse e dei padri fondatori di Lost sono piuttosto frutto di speranze e opinioni personali, quanto non di dati certi. Insomma, si tratti di un reboot o di un continuo non fa tanta differenza; dopo sei stagioni ad alto livello sarà difficile provare a tenere degli standard tanto alti. D’altronde, si sa, in situazioni del genere vince la nostalgia e solamente rivedere sullo schermo i protagonisti della ‘serie tv per eccellenza’ vale il prezzo del biglietto o, in questo caso, di una serata davanti allo schermo.
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Nicola Puca