Il 2 gennaio 2016 si è concluso il progetto tutto al femminile NADOP, ideato da Gabriella Rinaldi che ha fatto rappresentare Napoli da una serie di artiste. Un progetto fatto di musica e tradizione dove cantanti di origine campana convertono le loro esperienze in musica.

A seguire l’intervista a Gabriella Rinaldi.

Parlaci del progetto NADOP, com’è nato?

Ho sempre pensato che dovremmo saper dire chi siamo evitando quella serie di cliché di pizza, mandolino e malavita che sono il modo in cui l’immagine di Napoli passa all’esterno. Gli artisti dovrebbero essere ambasciatori della nostra sensibilità, ovviamente del bello come del brutto, nessuno rinnega certe realtà precise. Napoli ha tante contraddizioni: può essere una città arrogante, violenta, corrotta, ma anche un posto bellissimo. Allora mi son detta di provare a mettere insieme le voci di Napoli e raccontare tutto ciò attraverso uno sguardo femminile. Da qui nasce il progetto “Napoli Da Ora in Poi” (siglato NADOP), tracciando una linea di presentazione diversa dal solito. Da ora in poi possiamo raccontarci in modo diverso. Ho cercato diverse voci femminili coinvolgendo fin da subito il comune, che inizialmente sembrava dubitare del progetto. Ho chiesto a una ventina di persone di partecipare, prendere parte al primo passo di questo progetto: una compilation. Ci siamo presentati nella Chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli che ha la caratteristica di essere stata distrutta nella seconda guerra mondiale, ma contiene in sé le mura greco romane (una parte cinquecentesca e una ottocentesca). Quindi quello è stato il nostro viaggio nel tempo, il luogo giusto per debuttare”.

L'evento di chiusura del progetto NADOP
L’evento di chiusura del progetto NADOP

Il risultato ha soddisfatto le tue aspettative riguardo il progetto?

“Senz’altro. Esistiamo. Abbiamo innescato diversi processi nei movimenti di pensiero ed un nuovo modo di fare cultura,  fondata sulla musica, ma con l’idea di valorizzare anche i luoghi d’arte, scelti secondo una loro storia. Simbolicamente diamo un nuovo racconto di come può evolversi la musica che viene fatta a Napoli a partire da questi luoghi”.

Avendo avuto tanti riscontri positivi, ci saranno altri capitoli di NADOP?

“Assolutamente, abbiamo deciso di fare questo nuovo spettacolo che vedrà le artiste della compilation con un tour di musicisti. A breve registreremo un brano tutte insieme, scritto a 16 mani (ride, nda). L’idea è quella di portare il concetto di NADOP oltre i confini. Ci siamo mossi su Napoli inizialmente puntando sul gruppo di lavoro e abbiamo creato anche un blog riguardante la cucina, il canto e la musica. Tutto questo per dimostrare che l’unione fa la forza”.

Parliamo di te. Come ti sei avvicinata al canto e come ti sei orientata verso il tuo genere?

“Io ho sempre amato la musica, ho studiato chitarra classica a sei anni e l’ho ripresa a diciotto. Ho vissuto due anni in Inghilterra e quando tornai, conobbi un gruppo di musicisti come Nicola De Luca, Massimo Carola ed altri che hanno suonato con Pino Daniele. Successivamente ho cominciato a cantare ed è stata una cosa di cui non ho potuto più fare a meno. Ho lasciato l’università e mi sono dedicata completamente alla musica. Non mi sono reputata mai una grande cantante con una grande voce, però ho sempre saputo quello che volevo fare. La mia prima tournée l’ho fatta con Eugenio Bennato, che sul palco ci lasciava molto spazio facendoci crescere musicalmente. Sono anche riuscita a vivere di musica confrontandomi sempre col mercato internazionale, ho fatto parte di uno dei primi gruppi italiani ad aver firmato con una Major. Ho sempre avuto il modo di esprimermi come volevo. Mi piaceva l’House, ho fatto l’House. Mi piaceva il Jazz, ho fatto il Jazz. Ho fatto pezzi dance e mi sono trovata prima in classifica in America. Dunque non mi sono mai posta il raggiungimento di un obiettivo, ho sempre solo fatto quello che mi piaceva”.

Ringraziamo Gabriella Rinaldi e le auguriamo che il progetto NADOP migliori di anno in anno.

Daniele Deps

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