mens sana in corpore sano. la psichiatria nutrizionale conferma.
Fonte: Via Terra

Mens sana in corpore sano; una mela al giorno toglie il medico di torno; vino rosso fa buon sangue. La saggezza popolare ha tramandato nei secoli l’importanza del cibo per il benessere psicofisico dell’uomo e non si può certo dire che questa eredità sia andata perduta, specialmente in un Paese come l’Italia dove il cibo e la tavola acquisiscono valenza quasi sacrale, oltre che sociale. Ma diciamoci la verità: italiani o no, il cibo è di sovente una compagnia, uno sfogo, un piccolo piacere che strappa un sorriso e mette di buon umore durante una cattiva giornata. 
Ognuno di noi ha il proprio comfort food, quel cibo che si materializza tra i nostri pensieri e sulle nostre papille gustative quando siamo stressati, nostalgici o semplicemente abbiamo voglia di farci una coccola. Talvolta è proprio come fare l’amore con il sapore, per citare un ben noto slogan di comunicazione che ha ben intercettato il cambiamento culturale che riguarda questo periodo storico in cui il cibo non è più semplicemente necessario a soddisfare la fame, ma è un piacere sofisticato che appaga la mente prima ancora che il corpo. Oggi una conferma in più arriva anche da scienziati e ricercatori, che per indagare questi temi hanno dato vita ad una vera e propria nuova branca della psichiatria denominata Psichiatria nutrizionale.

Comfort food: fantasia personale o scienza?

Che certi cibi ci facciano sentire bene non è casuale e non è solo questione di gusti personali. Sembra, infatti, che il cibo possa avere un concreto impatto non solo sul nostro umore, ma addirittura sulla nostra salute mentale.  A sostenerlo è la Psichiatria nutrizionale, che nasce proprio per indagare il ruolo dell’alimentazione e della nutrizione sulla salute mentale. 

Se è ormai piuttosto diffusa e consolidata la consapevolezza degli effetti benefici di componenti alimentari quali omega 3, vitamine del gruppo B, ferro, magnesio e così via, non si sa ancora molto della relazione tra lo stile alimentare complessivo di una persona e le sue condizioni di salute psico-fisiche. Tra le prime importanti scoperte della psichiatria nutrizionale c’è quella della correlazione tra alimentazione e disturbi del tono dell’umore come ansia e depressione. Insomma, potremmo banalizzare il discorso dicendo: no allo Xanax, sì alla dieta mediterranea. Uno studio del 2013, infatti, dimostra che proprio la dieta mediterranea è in grado di agire positivamente sulla prevenzione di malattie come ansia e depressione, due tra le malattie più diffuse del XXI secolo.

Riconoscendola patrimonio dell’umanità nel 2010, l’UNESCO aveva già messo in risalto il valore storico-culturale della dieta mediterranea «di buona salute e creatività gastronomica […] in perfetto equilibrio tra cultura umanistica e scientifica».

Ma oggi i popoli mediterranei hanno un motivo in più per essere orgogliosi delle proprie origini perché al valore socio-culturale della dieta mediterranea è stato associato anche un valore di carattere scientifico.

Patriottismo a parte, la raccomandazione che emerge dagli studi di Psichiatria nutrizionale è quella di mangiare molta frutta e verdura, oltre a cereali integrali e noci, e di consumare meno carne, latticini e cibi lavorati, integrando un paio di volte a settimana pietanze ad alto contenuto di fibre, cibo fermentato e pesce.

Stando alle parole della dottoressa Amy Loughman, ricercatrice presso il “Food and Mood Centre” della Deakin University in Australia, i cibi ricchi di fibre come frutta, verdura e cereali integrali contengono fibre e amidi resistenti alla digestione nell’intestino tenue che favoriscono la crescita di batteri benefici che combattono le infiammazioni proteggendo la parete intestinale. Tali batteri sono responsabili della produzione di acidi grassi a catena corta che si ritiene abbiano un ruolo chiave nella comunicazione tra intestino e cervello. Anche sostanze chimiche come i polifenoli negli alimenti a base vegetale e gli acidi grassi omega-3 nel pesce hanno riportato benefici per la salute mentale. 

Insomma, Madre Natura sembra non aver lesinato nel distribuire grandi e diversificate quantità di risorse e nutrienti nel cibo che mangiamo, a tutti gli effetti un farmaco molto più etico – nonché, decisamente più piacevole – per la cura degli stati di malessere psicologico. E allora all’umanità non resta che prenderne atto e fare il grosso sacrificio di…mangiare bene. 

Cibo e felicità: cosa dice la scienza?

Sappiamo che il corpo umano è una macchina perfetta in cui nulla è lasciato al caso e che, in condizioni normali di buona salute, vige un delicato quanto perfetto equilibrio tra le sue parti. Non dovrebbe stupire, allora, il fatto che, grazie ai milioni di microrganismi che vi risiedono, il nostro intestino sia in costante contatto con il nostro cervello, influenzandone l’esercizio delle funzioni e, più in generale, lo stato di salute. 

Basti pensare che squilibri nella flora dei microrganismi intestinali sono associati persino a disturbi quali Alzheimer, sclerosi multipla e Parkinson, per citarne alcuni.

In particolare, la scienza afferma che per evitare che si crei questa pericolosa situazione di squilibrio è essenziale mantenere una certa differenziazione nella composizione del microbioma intestinale, tanto è vero che gli individui in cui viene rintracciata una maggiore varietà di batteri risultano più sani. Conseguentemente, una dieta come quella occidentale, a base di alimenti trasformati ad alto contenuto di grassi e zuccheri e povera di fibre alimentari e micronutrienti, sembra essere dannosa sia per l’intestino che per la mente perché riduce la diversità dei microrganismi intestinali, infiammando l’intestino ed accrescendo il rischio di depressione.

Evidenze interessanti, certo, ma la strada della Psichiatria nutrizionale è ancora lunga: poiché le risposte al cibo di ogni individuo sembrano essere consistentemente mediate dal proprio specifico microbioma intestinale, i ricercatori avranno bisogno di studi più ampi e generalizzati per capire chi può trarre beneficio da determinati interventi dietetici prima che si possa arrivare al punto che questi vengano prescritti in clinica. 

Fino ad allora, il risultato più importante che viene fuori dalla ricerca nel campo della Psichiatria nutrizionale è chiaro: tutti possono trarre vantaggio da una dieta equilibrata con molta frutta, verdura, fibre e pochi alimenti trasformati.

Roberta Cammarota

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