60 anni fa, il 31 maggio 1957, moriva a Skarżysko-Kamienna il poeta polacco Leopold Staff. Nato il 14 novembre 1878 a Leopoli, la sua voce ha attraversato tre periodi della storia della letteratura polacca: cominciando negli anni della Giovane Polonia (Młoda Polska), continuando nel periodo tra le due guerre fino ad arrivare a quello successivo alla seconda guerra mondiale. La sua presenza non fu certo marginale, se nel 1918 i poeti di Skamander lo presero come modello e più tardi il premio Nobel Czesław Miłosz lo incluse nella sua “Storia della letteratura polacca”.
Forse la nascita di una poesia della Szymborska, “Un minuto di silenzio per Ludwika Warzyńska”, è dovuta in parte all’influenza di Staff.
Inoltre, per quanto riguarda gli ultimi decenni, alcune sue poesie sono diventate canzoni, come il sonetto “Więc można kochać i nie wiedzieć o tem?” (“Dunque si può amare e non saperlo?”), messo in musica e interpretato da Grzegorz Turnau.
Nonostante tutto questo, oggi, in Italia, il nome di Leopold Staff è relativamente sconosciuto. È vero, di lui si parla nella “Storia della letteratura polacca” curata da Luigi Marinelli, eppure non risulta che le sue poesie siano raccolte in volume (anche se esiste un blog dove è possibile leggere alcune traduzioni di Paolo Statuti).
Come riporta Miłosz nella sua storia letteraria, Staff fu, per temperamento, un “umanista rinascimentale”: al liceo aveva imparato greco e latino, per poi studiare filosofia e lingue romanze all’università. Sempre Miłosz ci informa della sua conoscenza di Nietzsche (di cui tradusse “La gaia scienza” nel 1906), di San Francesco d’Assisi e degli stoici. Da Nietzsche avrebbe preso l’energia, San Francesco l’avrebbe aiutato a unire le cose dello spirito a quelle della carne, mentre dagli stoici avrebbe preso l’accettazione dei limiti dell’essere umano.
Questa capacità di assorbire e digerire autori e tradizioni anche molto diversi tra loro (Staff tradusse anche D’Annunzio, Eraclito e i Salmi) gioca un ruolo chiave nello spiegare come Staff sia riuscito a superare il periodo decadente, a proporre un nuovo io poetico più attivo e che, come scrive Statuti, lotta non solo per la trasformazione del suo mondo interiore, ma anche per la trasformazione di quello esteriore, a diventare quindi un modello per una nuova generazione di poeti (il movimento Skamander) e a chiudere la propria carriera rinnovandosi ancora una volta, rinunciando al metro tradizionale e trovando quella che Miłosz definisce “una sofisticata semplicità.”
Miłosz associa le sue composizioni più brevi, tipiche dell’ultimo periodo, alla tradizione cinese, che Staff aveva scoperto grazie alle traduzioni in francese. Una poesia con questo stile è “Podwaliny” (“Fondamenta”, qui nella traduzione inglese dello stesso Miłosz) contenuta nella raccolta “Wiklina” (“Vimine”, 1954):
“Ho costruito sulla sabbia
ed è crollato
ho costruito sulla roccia
ed è crollato
Ora, costruendo, comincerò
dal fumo del camino.”
Staff scrisse fino agli ultimi anni della sua vita. Molti in Italia avranno letto la poesia di Wisława Szymborska “Un minuto di silenzio per Ludwika Wawrzyńska” (“Minuta ciszy po Ludwice Wawrzyńskiej“), una poesia dedicata a un’insegnante di Varsavia che morì dopo aver salvato quattro bambini dalle fiamme di un incendio. La poesia di Szymborska si concentra soprattutto sulla forza dell’insegnante, in grado di sacrificarsi per “quattro bambini d’altri” (“czworo cudzych dzieci”). La forza della Wawrzyńska è quella di “disabituarsi così d’improvviso / a se stessi”, di rinunciare a tutte le possibilità della vita, da “comprare un biglietto / andarsene via per un po’” fino alle sensazioni più semplici (per le quali Szymborska ha sempre grande attenzione) come “spalancare la finestra dopo la pioggia”, “stupirsi delle formiche” o “guardare il lago / increspato dal vento.”.
Al coraggio della Wawrzyńska, Szymborska contrappone il dubbio di essere in grado di fare una cosa simile: “(…) nessuno finora / mi ha chiamato in aiuto / e se rimpiangessi / una foglia, un vestito, un verso –” e conclude con “Conosciamo noi stessi solo fin dove / siamo stati messi alla prova. / Ve lo dico/dal mio cuore sconosciuto.”
Anche Leopold Staff aveva scritto una poesia per la Wawrzyńska (intitolata semplicemente “Ludwika Wawrzyńska“) , ma con un tono molto più polemico che dimostra quanto sapesse ancora indignarsi il poeta che durante l’occupazione nazista aveva pubblicato le sue poesie su riviste clandestine. Quando nel febbraio del ’55, pochi giorni dopo aver compiuto il suo atto eroico, l’insegnante era morta per le ustioni, i poeti polacchi erano rimasti in silenzio. Tornando al metro tradizionale dopo l’esperienza di “Wiklina”, nei dodici versi del suo componimento Staff riesce a dare, in stile quasi giornalistico, la notizia principale (“Nauczycielka Ludwika Wawrzyńska / uratowała z ognia dzieci czworo”: “L’insegnante Ludwika Wawrzyńska / ha salvato dalle fiamme quattro bambini”) e anche a rimproverare i suoi “colleghi” per non aver scritto nulla su quanto accaduto: “Bruciata, pagò con la vita. Tra gli onori hanno seppellito il suo corpo. Tanta gente, commossa, ha pianto. Cinquecento poeti hanno taciuto.” (Poparzona przypłaciła to życiem. / Z honorami pochowano jej ciało. / Różni ludzi płakali wzruszeni, / Pięciuset poetów milczało.)
Luca Ventura