La sospensione dei trattati e dei regolamenti comunitari, nonostante la convinzione imperante, è un fenomeno che si è realizzato più volte nel corso della storia dell’Unione Europea: una possibilità che è riconosciuta in molti di questi testi, mediante l’inserimento di una clausola di sovranità, per la quale lo Stato membro può non applicare la normativa sovranazionale qualora sussistano ipotesi di estrema e assoluta necessità. Solitamente però questo si è verificato per ragioni economiche, e non umanitarie. La novità dunque dell’atto tedesco della sospensione del regolamento II di Dublino sarebbe quella di aver riconosciuto che la normativa europea possa entrare in contrasto con i diritti fondamentali dell’uomo, e che in tal caso lo Stato nazionale abbia il diritto di non applicarla.
Una novità che consiste più nella espressione di un principio che in una reale modificazione della situazione di fatto: Berlino già da tempo accoglie i profughi siriani, in particolare quelli che abbiano capacità professionali (laurea o esperienze qualificate). Ma la decisione della Merkel è stata comunque coraggiosa, e potrebbe essere un primo passo verso la introduzione di un sistema di redistribuzione per quote fisse dei migranti che raggiungano le coste europee (una proposta non nuova, ma per il cui accoglimento il peso politico della Germania potrebbe rivelarsi determinante). I tedeschi però non sembrerebbero aver accolto positivamente questa decisione: “Preoccupati prima della tua gente!”, le è stato urlato ad Heidenau, dove pochi giorni prima un gruppo di neonazisti aveva attaccato un campo di accoglimento.
Se dal lato tedesco si attua un (seppur, come già detto, debole) passo avanti, il resto d’Europa sembra invece indietreggiare verso il nazionalismo.
L’Ungheria, che tempo fa rischiato l’espulsione dall’Unione Europea per la presenza di elementi razzisti nella compagine governativa (procedura poi interrotta dalla Commissione Barroso, che considerò soddisfacenti le dichiarazioni governative) , sta costruendo un muro sul confine con la Serbia. In attesa che questa nuova muraglia venga realizzata, ha schierato l’esercito lungo il confine, e dato ordine ai militari di non rispondere alle domande dei giornalisti (“Parlate con il portavoce” è la risposta che viene data; un portavoce che non compare mai), per difendere i confini “dell’Ungheria e della UE”.
Anche la Gran Bretagna, che gode della immagine, poco corrispondente al reale, di paese ospitale e culturalmente avanzato, decide di intervenire duramente contro il fenomeno dell’immigrazione clandestina (forse l’espressione più adatta sarebbe quella di “immigrazione della disperazione”, giuridicamente meno corretta ma sostanzialmente idonea), presentando, per via del viceministro all’immigrazione, un disegno di legge simile a quello della Bossi-Fini: sei mesi di reclusione per i lavoratori trovati senza permesso di soggiorno; sequestro delle retribuzioni conseguite; chiusura dell’azienda per i datori di lavoro. Perfettamente in linea con l’indirizzo del governo Cameron, che ha già affermato la sua ferma contrarietà all’accoglimento di migranti giunti in altri stati.
Lo stato francese, guidato da un partito formalmente socialista (formalmente perché il socialismo è una nozione antitetica a quella di nazionalismo), ha sospeso di fatto il regolamento di Dublino, non attuando alcune delle poche positive norme in esso presenti (quali l’obbligo di accogliere le domande di asilo qualora nel territorio di uno Stato membro sia presente un minore che non può essere slegato dal nucleo familiare). Ignorando di fatto questa contraddizione, Hollande ha chiesto alla Commissione di prevedere un piano per fronteggiare l’emergenza migranti e contestato l’inadeguatezza di alcuni stati, quali l’Italia. Gentiloni ha risposto a simili critiche affermando che nessuno possa dare lezioni all’Italia, meno che mai chi dà ordine alla sua polizia di frontiera di respingere qualsiasi migrante.
E l’Italia? La distribuzione dei migranti in varie zone del paese, per evitare di congestionare i centri calabresi e siciliani, procede a rilento per ragioni organizzative e politiche. A Roma, per fare un esempio, Gabrielli aveva chiesto di poter affittare alcune strutture cattoliche abbandonate per farne centri di accoglienza. Alla risposta negativa dei prelati locali ha risposto minacciando il sequestro degli immobili in questione, lamentando la mancanza di quel senso di solidarietà a cui aveva invitato Papa Francesco (si sospetta che il rifiuto sia dovuto alla volontà di usare gli immobili come strutture alberghiere durante il Giubileo). A Treviso le proteste di alcuni manifestanti di Casa Pound avevano indotto il prefetto a spostare gli ospiti in altra provincia. Se ne deve essere pentito, dato che Alfano ne ha annunciato la rimozione. Dalla giunta di Bari giunge invece una notizia positiva: l’idea di impiegare i migranti per la riqualificazione del territorio (pulizia degli ambienti, giardinaggio ecc.), il che ne potrebbe favorire l’integrazione. Una proposta simile a quella che era stata avanzata dal ministro Alfano un po’ di tempo fa, tacciata di “schiavismo”. Eppure un migrante che lavora è un futuro cittadino.
Vincenzo Laudani