«Nei momenti di difficoltà l’Italia mostra la sua parte migliore» così disse il Presidente del Consiglio Matteo Renzi durante la conferenza stampa indetta subito dopo il terremoto del 24 agosto avvenuto nel Centro Italia.
Nei giorni seguenti alla tragedia è stato attivato il numero solidale della Protezione Civile (45500), cui hanno fatto seguito numerose collette organizzate dalla Croce Rossa e dalla Caritas e molti conti correnti creati appositamente da banche, mezzi di informazione, partiti, dalla Coldiretti, dall’Alitalia, dall’Associazione dei dentisti e da altri. Queste forme di raccolta fondi mostrano in effetti cittadini solidali e generosi verso le persone in difficoltà.
Quello che manca è un’organizzazione nazionale che stia a monte di tutto e che possa assicurare che le donazioni dei cittadini arrivino effettivamente a destinazione. Tale mancanza crea il rischio concreto che i fondi donati si disperdano senza arrivare dove i donatori volevano che arrivassero.
Nel resto d’Europa esistono enti super partes che monitorano le raccolte fondi e garantiscono la loro destinazione assicurando la trasparenza, che nel nostro Paese non è mai scontata. Nel Regno Unito esiste la Uk Charity Commission, che ha i suoi omologhi in Germania e in Francia; in Giappone invece esiste la Japan Platform che si è dimostrata fondamentale garantendo la ricostruzione e l’assistenza dopo il terremoto che colpì la costa orientale giapponese nel 2011.
In Italia esisteva l’Agenzia per il terzo settore, costituita per assicurare una «uniforme e corretta osservanza della disciplina legislativa e regolamentare concernente le Onlus, il Terzo settore e gli enti non commerciali», abolita nel 2012 durante il governo Monti.
Attualmente, per sopperire a questa mancanza, l’ex presidente dell’Agenzia per il terzo settore ed economista Stefano Zamagni guida la Fondazione italiana per il dono, che si dedica a creare e gestire un fondo ad hoc per raggiungere gli obiettivi di coloro che donano denaro.
Zamagni sostiene infatti che «il vero problema riguarda l’accountability cioè dare conto dei risultati che si ottengono con quel denaro. La cultura del dare conto in Italia non esiste, invece è cruciale: se spendi per comprare palloncini puoi allietare per un po’ i bambini nelle tende ma non hai risolto nessuno dei problemi di lungo periodo per i terremotati».
Un vuoto di coordinazione che ActionAid, Amref, Cesvi, Coopi, Gvc, Oxfam, Sos Villaggi dei bambini Italia, Terre des Hommes e Volontariato internazionale per lo sviluppo hanno cercato di coprire creando nel 2007 AGIRE (Agenzia Italiana Risposta Emergenze). La coordinatrice Alessandra Fantuzi spiega: «L’obiettivo è evitare la moltiplicazione delle richieste, che confonde i cittadini, e massimizzare sia le risorse raccolte sia i benefici per la popolazione colpita. I soldi vengono divisi tra le ong aderenti in base alla loro presenza nel Paese e esperienza in quella tipologia di emergenza. Poi ne monitoriamo l’uso e ci occupiamo della rendicontazione, in modo che ogni donatore possa verificare come sono stati spesi i suoi soldi».
Federico Rossi