Fra qualche giorno si svolgeranno, dopo una sonnacchiosa campagna elettorale, le elezioni di midterm che potrebbero determinare due anni di governo diviso e legare definitivamente le mani a Barack Obama.
Risulterebbe infatti scontata la conquista della Camera da parte dei Repubblicani, mentre ancora incerta – ma probabile – la vittoria degli stessi al Senato. Un successo annunciato dovuto soprattutto alla delusione di tanti ex-elettori dell’attuale inquilino della Casa Bianca che oggi subiscono una situazione economica disastrosa, al quale si aggiungono le paure provenienti dallo Stato Islamico e dall’epidemia di ebola.
Dai più recenti sondaggi infatti il Presidente Obama risulta essere ai minimi storici in un paese sempre più preda di queste apocalittiche preoccupazioni, apparso inadeguato nella gestione di queste emergenze.
Sempre secondo i sondaggi gli elettori americani hanno perso interesse per tematiche solitamente cruciali e divisive come l’aborto e le nozze tra omosessuali: i temi etici sono stati considerati importanti per la scelta del candidato da neanche un terzo degli elettori. Molto più importanti, per l’elettore medio, saranno invece le questioni economiche (91%), la sanità (78%) e la questione del virus ebola (74%).

La strategia dei Repubblicani nella campagna elettorale più costosa della storia per elezioni del congresso americano (oltre 4 miliardi di dollari) è stata dunque tutta incentrata sulla figura del Presidente Obama, considerato un punto debole anche dal suo stesso partito che ha infatti cercato di spostare la sfida sul piano locale, tra i singoli candidati al seggio senatorio. Solo in Georgia, tuttavia, i Democratici possono sperare una vittoria, mentre in altri stati si potrebbe andare al ballottaggio.

Intanto cominciano a dare un’anticipazione della gara elettorale più grossa, che si svolgerà nel 2016, quelli che sembrano essere i due candidati senza rivali alla presidenza degli Stati Uniti: Jeb Bush e Hillary Clinton. Infatti, sebbene entrambi non abbiano ancora annunciato una loro candidatura definitiva, hanno entrambi svolto un ruolo importante nella campagna elettorale di queste elezioni e non sono mancati gli scontri a distanza e frecciate. La Clinton, da sempre considerata appartenente alla frangia più conservatrice del partito dell’asinello, aveva tentato di scrollarsi di dosso questa sua veste scagliandosi contro il mondo imprenditoriale e finanziario, colpevole a suo dire di non investire nell’occupazione come dovrebbe. Il goffo tentativo, in parte corretto successivamente, aveva scatenato le critiche degli ambienti finanziari di Wall Street e il terzogenito Bush, ex-governatore della Florida, aveva colto la palla al balzo definendo quelle dichiarazione come incredibili, affondando sul palese inseguimento delle posizioni più estremiste da parte dell’ex-first lady.
Ma se la Clinton dovrà tenere a bada l’area sinistra del suo partito, capitanata dalla paladina dei consumatori Elizabeth Warren, cercando di convincere gli scettici che non è più la “candidata dei poteri forti” che perse per questo motivo le primarie contro Obama, anche Jeb Bush ha le sue opposizioni interne da affrontare, in particolare da Ted Cruz: il giovane senatore del cosiddetto Tea Party, dalle aspirazioni presidenziali note, ha rimarcato infatti la debolezza di una candidatura dell’ex governatore.

Il Dem Party intanto parte alla caccia di quei voti che nel 2008 e nel 2012 sancirono il trionfo di Obama, e che potrebbero ora tornare a snobbare le elezioni, in particolare quelle di midterm. Ad esempio il voto degli ispanici tra i quali, secondo i sondaggi cala il consenso verso il partito presidenziale, passando dal 65% del 2010 al 57% attuale. La mossa della Casa Bianca potrebbe essere il varo di un decreto sulla regolarizzazione degli immigrati, promesso da Obama dopo la bocciatura della riforma in Congresso.
Ma grande attenzione anche all’elettorato afro-americano, che potrà essere attirato dai Dem con una rinnovata campagna sulla questione razziale, tirando in ballo anche casi di cronaca noti e fortemente sentiti, sperando con queste ultime disperate mosse di spingere un numero più alto possibile di elettori a votare.

Roberto Davide Saba

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