Il 29 aprile 2014, in occasione della commemorazione di Carlo Borsani – militare e stretto collaboratore di Mussolini ucciso nell’aprile del 1945 –, dello studente Sergio Ramelli e dell’avvocato Enrico Pedenovi, assassinati degli anni ’70, due esponenti di Casapound, Marco Clemente e Matteo Ardolino, hanno riprodotto il saluto romano. I due militanti del movimento neofascista sono stati accusati di apologia del fascismo, ma assolti in primo grado nel giugno del 2015.
Pochi giorni fa sono state rese note le motivazioni della sentenza di appello, che per ora conferma l’assoluzione degli imputati. Infatti, secondo il principio che «Il saluto romano non è reato se non diffonde l’ideologia fascista», per i giudici i due esponenti di Casapound «hanno simulato gesti rituali del disciolto partito» (fascista), tuttavia «non è chiaro» se «il loro comportamento abbia superato il confine della commemorazione per giungere alla condotta diffusiva».
Per capire, condividere o essere in disaccordo con le motivazioni delle sentenze di primo e secondo grado bisogna fare un piccolo excursus storico che chiarisca perché e come è stato introdotto il reato di apologia del fascismo.
Con la XII disposizione finale della Costituzione Italiana è stata vietata la riorganizzazione del disciolto partito fascista. Essa è una delle disposizioni finali della Costituzione e ha durata permanente. Nel giugno del 1952 si promulgò una legge di attuazione della XII disposizione, passata alla storia come “Legge Scelba”, che introdusse anche il reato di apologia del fascismo. È composta da 10 articoli, il primo e il quarto sono i più significativi.
Articolo primo – “Riorganizzazione del disciolto partito fascista”:
“Ai fini della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione, si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista.”
Articolo quarto – “Apologia del fascismo”:
“Chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità indicate nell’articolo 1 è punto con la reclusione da sei mesi a due anni […] Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche. Se il fatto riguarda idee o metodi razzisti, la pena è della reclusione da uno a tre anni e della multa da uno a due milioni”.
Allungare il braccio con la mano tesa, al momento del tradizionale “presente”, scandito davanti alle targa di Borsani, come segno di commemorazione di quel regime dittatoriale è un gesto che va contro le libertà garantite dalla Costituzione e contro i valori della Resistenza. Nel caso specifico era volto all’esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi del partito fascista. Inoltre l’appuntamento dei neofascisti era a Via Castello a Legnano, quindi in uno spazio pubblico. Quale strumento di propaganda migliore del saluto romano fatto in un luogo pubblico può esserci per diffondere l’ideologia fascista? Usare la scusa della volontà di fare o meno propaganda davanti a un gesto esplicito, identitario, esercitato nel centro di un paese, sembra l’ennesimo sfruttamento esasperato dei cavilli legali e dello spazio interpretativo delle norme, volto a non voler prendere una decisione.
È anche colpa di questa mancanza di coraggio da parte della magistratura che alcuni cittadini si sentono in diritto di ripetere questi gesti durante comizi o riunioni delle estreme destre xenofobe e purtroppo sempre più spesso anche a quelle dei moderati.
Alessandro Fragola