A partire dall’anno 2015/2016, due milioni e mezzo di ragazzi tra i 15 e i 19 anni dovrebbero avere a disposizione un questionario in cui potranno giudicare i loro docenti per quanto riguarda la puntualità, lo svolgimento delle lezioni e la chiarezza espositiva.
Così il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone mira a realizzare uno dei traguardi più ambiti dagli studenti: dare un voto ai propri prof. A dirla tutta, però, questa riforma è tutt’altro che nuova; da tempo, infatti, agli studenti sono proposti questionari, spesso anonimi, per valutare il funzionamento dell’istituto e delle sue varie componenti.
La novità sarà sopratutto che gli alunni potranno eleggere un loro rappresentante che andrà a ricoprire uno dei cinque posti del nucleo di valutazione, assieme al preside e a tre insegnanti esperti, per scrivere il rapporto di autovalutazione annuale della scuola. Il “fortunato” avrà voce sugli scatti di merito degli insegnanti e anche sull’anno di prova necessario per il neo-docente da stabilizzare.
Questi nuovi metodi, affermatisi sopratutto con l’avvento di Renzi e la creazione della sua riforma scolastica “La Buona Scuola”, portano gli istituti scolastici a contendersi costantemente il ruolo di “migliori”, creando competitività e meritocrazia: la scuola sta man mano acquisendo le sembianze di un’azienda.
L’introduzione di queste novità genera critiche e una dicotomia: da una parte c’è chi apprezza la possibilità di poter valutare il lavoro dei docenti, che nel passato sono sempre stati visti come l’incarnazione della Conoscenza, le cui decisioni erano assolutamente incontestabili ed infallibili (nonostante talvolta capitasse che fossero nel torto). Dall’altro c’è chi afferma che questa è una strada totalmente sbagliata da intraprendere: infatti l’Uds, Unione degli Studenti, asserisce: “È inaccettabile che questo privilegio offerto agli studenti venga utilizzato strumentalmente dal Governo per alimentare una guerra tra poveri all’interno delle nostre scuole e continuare a produrre classifiche degli istituti e del Personale. Non abbiamo bisogno di una patina di democraticità, di contentini o di poltrone da occupare in organi non paritetici e pensati per legittimare la premialità e la competitività. Una reale riforma del sistema di valutazione può avvenire solo se la valutazione si spoglierà del suo ruolo di strumento di controllo e di punizione che oggi la contraddistingue.”

Daniela Diodato

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