Giovedì 18 aprile la Camera dei deputati si è opposta all’attuazione di quanto proposto all’interno dell’ordine del giorno da parte del Partito Democratico. L’ordine del giorno prevedeva la garanzia che il nuovo emendamento al decreto PNRR approvato il 12 aprile non intaccasse la legge 194 del 1978, legge che norma e tutela il diritto di aborto. Infatti, l’emendamento presentato dal Deputato di Fratelli d’Italia Lorenzo Malagola prevedeva che “[…] i servizi consultoriali nell’ambito della Missione 6, Componente 1, del Pnrr e possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità» . La problematicità di tale emendamento evidenziata da Elly Schlein attraverso i suoi social, consisterebbe nel fatto che dare la possibilità ai “soggetti che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno della maternità” di fatto dia accesso alle organizzazioni pro-life all’interno dei consultori, aumentando il carico psicologico di quelle donne che si trovano di fronte ad una scelta già di per sé complessa e che oltretutto dovrebbe rimanere una scelta privata.
Va evidenziato inoltre che l’emendamento, ora inserito nel disegno di legge “Pnrr-quater” (e che quindi aspetta il vaglio del Senato per diventare legge a tutti gli effetti), abbia una certa ambiguità non rendendo esplicita la possibilità di ingresso delle associazioni pro-life nei consultori. Tuttavia, se si considera che il 18 aprile la Camera si è opposta alla messa nero su bianco di garanzie in questo senso e guardando al passato di chi l’emendamento l’ha proposto, le intenzioni celate dietro la possibile norma diventano chiare. Malagola infatti, più volte si è speso favore della famiglia e contro la crisi demografica. Ad esempio, come nel 2022 aveva dichiarato all’associazione “Pro Vita & Famiglia”: «Fratelli d’Italia sarà impegnata in atti di governo concreto affinché nessuna donna scelga di abortire per cause economiche. Sarà nostro impegno sostenere i Centri di aiuto alla vita e tutte quelle forme di assistenza economica alle donne che si trovano di fronte a questa scelta»
Le polemiche non sono mancate, tanto da portare la deputata Gilda Sportiello a tenere in aula un sentito discorso contro chi vuole modificare la legge 194, affermando: “Siamo noi donne che scegliamo cosa vogliamo nella nostra vita, se essere madri o se non essere madri. Nessuno ce lo concede o ci dà l’opportunità. Vi dovreste solo vergognare”
Il diritto all’aborto negli altri Paesi Europei
Certamente è di particolare impatto notare la direzione che prende l’Italia in materia di aborto e maternità quando gli altri paesi sembrano muoversi in direzione diversa. Ad esempio, la Francia agli inizi di marzo ha inserito il diritto all’aborto nella propria costituzione. La Spagna invece nel febbraio dello scorso anno ha approvato una legge che ha abbassato l’età legale per l’interruzione di gravidanza, senza il consenso di un tutore legale, a 16 anni; ha interrotto l’obbligo dei tre giorni di riflessione al momento della decisione e garantisce l’accesso alle strutture sanitarie pubbliche più vicine. Inoltre, ha instituito un registro degli obiettori di coscienza per far sì che ci sia personale disposto a portare avanti questa pratica all’interno di ogni ospedale del Paese. In Germania la situazione è diversa. In questo paese infatti formalmente l’aborto è illegale per via di una legge anacronistica e di cavilli burocratici. Infatti, al momento della riunificazione fra le due Germanie la necessità di conciliare due ordinamenti giuridici con prassi molto differenti in maniera di diritto alla maternità (quello della DDR più rigido) ha fatto sì che venisse creato un escamotage giuridico. Sebbene abortire rimanesse una pratica illegale, attraverso una consulenza con uno dei centri riconosciuti dallo Stato (la legge parla di “centri di consulenza per i conflitti in gravidanza”) era possibile procedere con l’interruzione di gravidanza senza rischiare alcun tipo di pena. Recentemente tuttavia si sta discutendo una depenalizzazione totale della legge. Ironicamente, proprio nello stesso giorno in cui veniva approvato l’emendamento che di fatto potrebbe garantire l’ingresso delle organizzazioni pro-life all’interno dei consultori, una commissione tecnica e politicamente indipendente formata da 18 donne esperte in materia di medicina, psicologia e diritti riproduttivi, ha espresso dopo un anno di lavoro una posizione netta: la Germania dovrebbe eliminare qualunque restrizione al diritto di abortire entro le prime 12 settimane di gravidanza. Tale decisione non solo permetterebbe un sollievo di tipo psicologico alle ragazze e donne- che comunque sono soggette allo stigma di una parte della società- ma anche un beneficio pratico dal momento che le spese abortive sono coperte dalle compagnie assicurative solo entro certi parametri e specifici iter burocratici che sono complicati dall’attuale quadro normativo. Per concludere, attualmente le settimane entro cui è praticabile l’aborto in questi differenti paesi è di 12 in Germania, 14 in Francia e Spagna, mentre solo 9 in Italia.
Giuseppe Alessio