Omid Kokabee è un brillante scienziato Iraniano di trentatrè anni. Dopo una laurea in Fisica Applicata e Ingegneria Meccanica alla Sharif University di Theran ed una all’Istituto degli Studi di Fotonica in Spagna, è diventato studente PhD in Fisica Nucleare ad Austin (USA), presso l’Università del Texas, dove si stava occupando di mettere a punto un metodo, più semplice e rapido di quello attualmente utilizzato, per l’arricchimento dell’uranio con l’isotopo 235. Metodo utile per scopi medici e per il funzionamento di centrali nucleari, ma anche, purtroppo, per la produzione di armi nucleari.

“Stava”, perché, il 30 gennaio del 2011, le autorità iraniane lo hanno arrestato mentre si trovava all’ Aeroporto Internazionale Imam Khomeini di Theran, in attesa del volo che lo avrebbe riportato negli Stati Uniti, dopo una visita in famiglia. La vicenda di Omid Kokabee è avvenuta nel quasi totale silenzio della gran parte dei media italiani.

Dopo l’arresto, il giovane scienziato ha subìto 15 mesi di detenzione preventiva, in totale isolamento, nel carcere di massima sicurezza di Evin, a Theran. Quindici mesi durante i quali è stato sottoposto a lunghi e pressanti interrogatori per “confessare”: gli sono stati negati i diritti di presunzione di innocenza e di avere un avvocato fino all’inizio del processo, e non ha potuto vedere la sua famiglia.

Il processo, tenutosi il 14 maggio 2012, si è concluso con la condanna, da parte del giudice Salvati, a 10 anni di detenzione, con l’accusa di “cooperazione con stati nemici” – secondo l’articolo 508 del codice penale islamico. Durante il processo, la magistratura non è stata in grado di presentare alcuna prova in favore dell’accusa inflittagli, se non il fatto di essere pubblicamente membro delle istituzioni accademiche statunitensi.

Il reale motivo del suo arresto, come spiegato in una lettera aperta del 2013 dallo stesso Kokabee, sarebbe il rifiuto ai vari “inviti” – che gli erano stati fatti già all’ epoca della sua laurea nel 2005 – a cooperare come scienziato nei progetti militari della sicurezza iraniana.

Un anno fa, Amnesty International lo ha dichiarato “prigioniero di coscienza” ed ha lanciato una campagna in favore della sua liberazione.

Nel frattempo le condizioni di salute di Omid Kokabee – sofferente di serie malattie a cuore, reni, stomaco e denti – sono peggiorate, e si sono rese necessarie e immediate le cure mediche che il carcere in cui è detenuto non è in grado di fornirgli.

Il 26 settembre 2014, 18 premi Nobel per la fisica, a cui nel frattempo si sono aggiunti altri scienziati, hanno scritto una lettera pubblica all’ayatollah Ali Khomeini per richiederne il rilascio “immediato ed incondizionato”.

Finalmente, lo scorso ottobre, l’avvocato di Kokabee, Saeed Khalili, ha annunciato che la Corte Suprema ha accettato la richiesta di rivedere il processo, nella speranza che la nuova corte cancelli la precedente sentenza.

“Hanno letteralmente preso la mia intera famiglia in ostaggio. Cosa mi accadrebbe se in futuro dovessi decidere di collaborare con il regime e venissi a conoscenza delle loro informazioni segrete e confidenziali. Chi prenderebbero in ostaggio per essere sicuri di potersi fidare di me?”  Omid Kakabee – Lettere dalla prigione.

Valentina Spennato

Immagine:        http://freeomid.org 

 

Riferimenti: http://freeomid.org; http://www.amnesty.org

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