Il 18 Settembre in Scozia si svolgerà un referendum che potrebbe sancirne la secessione dal Regno Unito dopo più di tre secoli.

Fino all’altro giorno la vittoria degli unionisti era sembrata scontata. Oggi l’utopia sembra invece diventare realtà: i due punti percentuali di vantaggio assegnati al fronte del sì da un recentissimo sondaggio (istituto YouGov per la testata Sunday Times) hanno infatti colto di sorpresa gli analisti inglesi e internazionali, tanto da causare un ribaltamento generale dei pronostici. Ma quali sono le cause e quali potrebbero essere le conseguenze di una secessione della Scozia?

Tra le cause si annovera la gestione dei giacimenti petroliferi del Mare del Nord che potrebbe permettere alla Scozia di investire su uno stato sociale attualmente in costante deterioramento nel Regno Unito. Gli scozzesi, da sempre più europeisti e socialisti rispetto al resto del regno, mirano infatti ad un modello sociale differente dall’impianto più liberista esportato dagli inglesi. Da non sottovalutare comunque anche le ragioni più prettamente storiche e identitarie che sono da sempre vive nel cuore degli scozzesi.
Agli europei tuttavia più che le motivazioni interessano le conseguenze positive o negative che un tale evento potrebbe provocare ciò alla Scozia. Chi guarda con sospetto e preoccupazione l’eventualità di una Scozia indipendente generalmente pensa al rischio di una eccessiva frammentazione micro-nazionalista dell’Europa e quindi ad un passo indietro rispetto al faticoso processo di integrazione e unità al quale l’Unione Europea tiene particolarmente. Dopo la Scozia, potrebbe arrivare il turno di altre realtà che da tanto tempo ormai sono artefici di una simile spinta particolaristica.

Si potrebbe per inverso pensare che la frammentazione delle vecchie realtà nazionali e delle vecchie frontiere possa giovare ad una rinnovata unità in ambito continentale, sempre che l’atteggiamento delle istituzioni europee nei confronti di queste nuove realtà diventi meno ostativo di quanto non sia stato finora. In particolare nel caso degli scozzesi sembra chiara proprio la matrice europeista degli indipendentisti, in rotta con l’euroscetticismo diffuso in Inghilterra.
In Inghilterra l’ipotesi di una secessione inaspettata crea non poco panico tanto da portare conservatori, liberaldemocratici e laburisti, uniti come non succedeva dalla seconda guerra mondiale, a pianificare il Devo Maxi, un progetto di devolution che potrebbe concedere alla Scozia una larghissima autonomia in materia di fisco, budget e stato sociale al fine di mantenere integra l’Unione. I risvolti politici interni al partito di governo potrebbero portare alle dimissioni di David Cameron, al cui posto aspira il sindaco di Londra Boris Johnson che ha definito “un risultato tragico” per il proprio paese una vittoria del sì.

Roberto Davide Saba

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.