AIM, a vele spiegate verso l'Europa
Foto di Martina Colonna

We are sailing“, così si chiama il disco di punta dei brianzoli AIM. L’album è composto da undici tracce, undici isole che emergono da un mare lontano di suoni preziosi, forgiati magistralmente al Noise Factory Studio di Milano sotto l’egida del leader di una delle band più chiacchierate del panorama indipendente nostrano, vale a dire Federico Dragogna.

Si narra che la chitarra e testa dei Ministri sia rimasto folgorato dalla potenza scenica dell’indiavolato trio brianzolo – due gemelli ed un efebico Marco Fiorello (voce, chitarra e testi) – una notte d’estate di neanche troppo tempo fa, guardandoli su un palco sperduto nelle langhe liguri, il palco del BorbeRock Summer Festival, che avrebbe subito dopo calcato coi suoi compagni in giacchetta.

Dragogna ci ha creduto, mettendoci, indubbiamente, del suo. La sperimentazione è tanta, i riferimenti degni di una cultura musicale contemporanea enciclopedica. Classificare, etichettare un’opera come questa diventa arduo, forse impossibile: c’è il pathos “ministrino”, il sottofondo etereo alla Mogwai, il lezzo elettronico dei già “dragonici” Iori’s Eyes.

Il titolo non è un caso. “We are sailing” (Noi stiamo navigando) è una metafora della vita come viaggio, le undici canzoni di cui si compone pezzi di strada. Otto brani in inglese, poi la sorpresa: tre canzoni cantate nella lingua madre di una band che vanta tour europei degni di nomi ben più altisonanti della scena indie nostrana.

Una svolta per gli AIM? Sicuramente. In tutto e per tutto, dalla prima all’ultima nota. E il coraggio. Un osare che permea un disco fatto, forse, più per le terre d’adozione del gruppo (Germania e Repubblica Ceca) che per i sempre più numerosi fan di casa nostra che, senza ombra di dubbio, ci metteranno poco ad imparare a memoria i sussurri e i sussulti di un album che spiazza e travolge, assorbe e rilascia come un’onda di un mare lontano.

Noi di Libero Pensiero abbiamo incontrato gli AIM in sala prove. Ne abbiamo approfittato per una breve chiacchierata con il cantante, chitarrista e autore dei brani Marco Fiorello.

Avete suonato nei più disparati posti in giro per l’Europa, ma più volte vi abbiamo sentito urlare dal palco il vostro orgoglio brianzolo. Che differenze ci sono tra la vostra terra, la Brianza appunto, e la scena europea?

«Dobbiamo ammettere che, ultimamente, anche in Brianza la scena appare sempre più surriscaldata. È strano che, noi AIM, questo calore lo abbiamo trovato prima all’estero che qui. Si sa, nessuno è profeta in patria! Comunque, tutto ciò è la dimostrazione che anche qui da noi, anche in Italia, i progetti che lavorano bene, possono arrivare a ottenere quella credibilità necessaria affinché la gente si senta coinvolta. È una questione di attitudine, di saper cogliere le opportunità insite in ogni luogo. La Brianza è una terra maledetta, ha bisogno di emozioni forti, di schiaffi emotivi.»

Per gli AIM il rapporto con il loro pubblico è stato sempre fondamentale, o sbaglio?

«Sì, per noi è stato sempre importante cercare di evitare la separazione fra la platea e il palcoscenico, non assumere l’atteggiamento dispotico delle rockstar, parlare con chi si fa decine di chilometri per venirti a vedere. Anche perché, durante un tour, le cose più belle che si imparano sono quelle che ti insegna la gente, soprattutto quando non la conosci. Soprattutto all’estero.»

Alla produzione artistica dell’album “We are sailing” abbiamo Federico Dragogna, leader dei Ministri. Come vi siete trovati?

«È stata un’esperienza incredibile. Federico ci ha dato tantissimo, umanamente ed artisticamente. Ha rispettato la natura degli AIM, il nostro mood, e nello stesso tempo ha risvegliato in noi la coscienza di quello che siamo. Federico ci ha indicato una via nuova, che necessita maggiore coraggio per percorrerla. Quello che lo contraddistingue è l’umiltà. Lo abbiamo notato in studio, quando frotte di ragazzini arrivavano con CD demo in mano: lui trovava sempre una parola per tutti. Federico ha fatto e continua a fare tanto per la scena indipendente italiana. È uno dei pochi, sotto contratto major, che fa della coerenza un caposaldo quasi esistenziale.»

E poi arrivano i primi brani in italiano, per voi che avete sempre scritto in inglese…

«Anche in questo caso il merito è di Federico. È la via nuova. L’italiano ci ha permesso di sentirci più liberi e, nello stesso tempo, ci ha responsabilizzato ulteriormente rispetto alle liriche. Siamo contenti, curiosi di vedere come i fan degli AIM hanno preso questa piccola grande svolta.»

Obiettivo di questo lavoro?

«Come sempre, arrivare a più gente possibile, in Italia o all’estero non importa. È l’obiettivo di ogni artista. Con “We are sailing” vogliamo cogliere i frutti di un lavoro che è stato bellissimo e durissimo, costatoci anni e anni di gioie e fatiche in studio.»

In bocca al lupo, ve lo meritate!

«Grazie dell’augurio e per lo spazio concessoci. Un abbraccio a tutti i lettori!»

Vincenzo Nicoletti

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui