Invasione artistica: la street art di Invader
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Passeggiare per le strade di città a volte può essere davvero sorprendente. A Parigi, ad esempio, è possibile notare opere di street art diverse da quelle a cui siamo abituati: sono i mosaici dell’artista francese Invader, pseudonimo di Franck Slama. Attivo da più di vent’anni, si definisce un “UFA”, Unidentified Free Artist, ossia un artista non identificato, difatti la sua identità è da sempre mistero e, in pubblico, è solito apparire con indosso una maschera.

Questa particolare forma di street art prevede l’utilizzo di piccole piastrelle di ceramica colorata, composte da materiale resistente agli effetti degli agenti atmosferici, poi fissate sulle facciate di palazzi o monumenti con cemento o colla.

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All’inizio della sua carriera potremmo dire abbia lavorato nella più totale oscurità, scegliendo casualmente il luogo ove posare i suoi mosaici tra i quartieri del paese, frettolosamente attraversati di notte. Tra il 2013 e il 2017 è stato arrestato tre volte negli Stati Uniti, dove ha trascorso dieci notti in carcere con l’accusa di vandalismo, senza però essere mai incriminato. Col tempo qualcosa è cambiato. Ogni lavoro, oggi, richiede lunghe settimane di osservazione e studio della città, degli spazi in cui andare poi a lavorare, degli abitanti del posto. Solo in un momento successivo a questa primordiale fase, ha inizio la realizzazione dell’opera.

I protagonisti di questi mosaici sono personaggi principalmente ispirati ad un famoso videogioco degli anni Settanta/Ottanta, Space Invaders, dove un piccolo cannone che si spostava orizzontalmente nella parte bassa dello schermo sparava gli alieni intenzionati ad invadere il pianeta. Avendo – i videogiochi – in passato una bassa risoluzione risultava quasi possibile intravederne i pixel da cui erano composti. Da qui trae origine l’idea ed il lavoro di Invader, dall’estetica dei computer e dei videogiochi di quegli anni che a suo dire rappresentavano “i primi passi del digitale“.

Oggi il suo lavoro è una vera e propria missione: “invadere” lo spazio pubblico delle città con l’arte, portare avanti “un’invasione pacifica e artistica”, proprio come le navicelle aliene invadevano lo spazio dei videogiochi. Noi tutti, passeggiando col naso all’insù, assumiamo invece le vesti dei “cacciatori di alieni”. In diverse interviste, ha difatti ammesso che dietro la sua arte non vi è alcun messaggio politico-sociale se non l’intento di liberare l’arte da musei ed istituzioni, e cercare di arrivare anche a coloro che non sono soliti interessarsi al mondo dell’arte.

Sfruttando la tecnologia ed il principio di funzionalità di Google Maps, lo street artist propone inoltre sulla pagina del proprio sito Internet una mappa del mondo nella quale una serie di rossi alieni pixellati indicano le città in cui sono presenti le sue invasioni. Cliccando su una determinata città è possibile notare quante e quali opere, mostrate singolarmente, risultano esservi. In Italia, ad esempio, due sono le città omaggiate, Roma e Ravenna, quest’ultima in particolar modo tradizionalmente legata alla tecnica del mosaico.

Ad oggi sono ben 79 le città invase dai mosaici di Franck Slama, arrivato ad operare persino nel mondo sottomarino. Nel 2012 ha infatti posato la sua opera nelle profondità della Baia di Cancun, in Messico, su una delle installazioni dello scultore Jason DeCaires Taylor.

Ma l’operato di Invader non si limita al solo sito Internet. Un’applicazione, “FlashInvaders“, dalla grafica altamente accattivante poiché simile a quella di un videogioco online, consente a chiunque la utilizzi di accumulare punti ad ogni ritrovamento delle opere dell’artista francese. Per un’opera scoperta viene attribuito un punteggio da 10 a 100, e l’obiettivo finale è quello di salire sempre più su nella classifica generale. Il tutto viene monitorato in tempo reale sul sito web dello stesso, ove appaiono il numero di giocatori al momento connessi con i mosaici ritrovati da – in riferimento all’immagine sottostante – Gianni & Sacha a Parigi e da Yas, al contempo, a Marsiglia. Questi vengono difatti considerati come i “Latest successful flashes“, ossia gli ultimi flash riusciti. Il fine ultimo consiste nel voler stimolare la curiosità e nel divertire i passanti.

La street art non vuole imbrattare i muri, danneggiare monumenti ed edifici, lanciare sterili provocazioni. La street art è un modo assai remoto di fare arte, di fare critica e denuncia sociale ma. A volte, però, vorrebbe solo avvicinare l’osservatore al bello, guidare la sua immaginazione, divertire il suo animo.

Aurora Molinari

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