Fa molto rumore in Spagna il caso dei presunti finanziamenti occulti provenienti da Venezuela e Iran, all’indirizzo dei leaders della formazione politica Podemos.

A partire dallo scorso marzo, due quotidiani iberici, ABC ed El Confidencial, hanno rivelato una serie di indiscrezioni, corredate da documentazioni piuttosto dettagliate, che confermerebbero i passaggi di denaro dal Venezuela prima e dall’Iran poi all’indirizzo dei capi del movimento politico; questi avrebbero ricevuto i finanziamenti personalmente o, nel caso del Venezuela, attraverso la fondazione da cui Podemos è nato, il Centro de Estudios Políticos y Sociales – CEPS.

I finanziamenti da parte dei due Paesi stranieri, peraltro notoriamente alleati da lungo tempo su diversi fronti, dal contrasto politico dell’influenza internazionale statunitense alle battaglie per il prezzo del petrolio in sede OPEC, potrebbero configurare diverse ipotesi di reato, se ne sarà confermata l’esistenza: si va dall’evasione fiscale alla violazione della legge sul finanziamento dei partiti, che esclude la possibilità che un Paese straniero possa diventare sovventore di una formazione politica. Le fattispecie di reato su cui sta indagando la polizia tributaria spagnola appaiono simili per entrambe le ipotesi di finanziamento; diversi sono invece i tempi e i modi in cui si sarebbero, secondo i quotidiani spagnoli, concretizzate.

Già da qualche tempo si discuteva in Spagna e all’estero dell’influenza ideologica e dell’ispirazione suscitata dal Venezuela chavista nei confronti di Podemos, nuova formazione politica collocata a sinistra, che si è da sempre proposta di rielaborare e reinterpretare i valori della izquierda iberica. Tra le altre, un’interessante inchiesta della BBC, risalente allo scorso anno, ha ben individuato le caratteristiche della contaminazione ideologica tra bolivarismo e nuovo movimento, risalente al periodo in cui alcuni dei suoi fondatori, tra cui il professore di Scienze Politiche Juan Carlos Monedero, furono consulenti del Presidente Chávez.

È proprio sul tema delle consulenze che si snoda il primo argomento cruciale delle inchieste sui finanziamenti: la fondazione CEPS, perlopiù formata da docenti universitari, avrebbe prestato assistenza su varie materie allo stesso Chávez prima della nascita di Podemos, avvenuta nel gennaio del 2014, e i suoi esponenti sarebbero stati retribuiti dal governo venezuelano. Se il valore finora accertato dei compensi ricevuti si attesta intorno ai 3,7 milioni di euro, ben maggiore sarebbe invece il computo reale dei passaggi di denaro, che si collocherebbe intorno ai 7 milioni: il dato sarebbe riportato da un documento ufficiale della Repubblica Bolivariana, firmato dal Ministro delle Finanze venezuelano nel 2008. Si sarebbe però trattato, in realtà, di veri e propri finanziamenti utili, si legge nel documento, ad appoggiare l’ascesa in Spagna di un movimento politico affine al bolivarismo, in modo da accentuarne l’influenza in sede europea. Il pagamento, proseguito fino al 2012, sarebbe quindi stato avallato dalla firma dello stesso Comandante Chávez, poi deceduto nel 2013.

Il valore politico dell’inchiesta sul finanziamento venezuelano è elevato: se, da un lato, in questo specifico caso sembra che l’accusa di percepire finanziamenti illeciti da una potenza straniera sia destinata a cadere, poiché la legge che prescrive questo reato è in vigore solo dal 2015, gli addebiti in materia fiscale appaiono invece più concreti. I passaggi di denaro non dichiarati sembrano infatti, stando alle inchieste giornalistiche, effettivamente documentati e tracciabili.

Si pone poi una “questione morale”: le consulenze a Chávez sarebbero all’epoca state erogate sull’elaborazione di metodi di contrasto e di marginalizzazione dell’opposizione politica venezuelana. Contando che il chavismo è spesso stato accusato di oppressione degli oppositori politici, l’ipotesi che i leaders di Podemos possano avervi contribuito non rappresenta certo una buona cartina di tornasole per la popolarità del partito.

Le reazioni all’inchiesta non si sono fatte attendere: il Partito Popolare di Rajoy non ha esitato a rilevare le “ingerenze” venezuelane e a richiedere spiegazioni immediate ai leader di Podemos, invitando le altre due maggiori formazioni politiche spagnole, il Partito Socialista e Ciudadanos a sospendere le trattative per il nuovo esecutivo.

Dal canto loro, gli esponenti di spicco del partito, tra cui specialmente Pablo Iglesias, hanno ribadito la propria onestà e trasparenza, insinuando che il caso sia stato montato dal PP per contaminare la reputazione di Podemos e impedire l’accordo di governo coi socialisti. È stato anche sottolineato che la magistratura ha già archiviato simili inchieste tre volte; Iglesias ha così sfidato gli accusatori a presentarsi davanti ai tribunali per «4, 5, 6, 7 volte ancora».

In realtà, a creare i maggiori grattacapi è specialmente la controversa posizione del già citato Monedero, che sarebbe stato il destinatario del maggior numero di pagamenti, depositati in diversi conti bancari. Tutte le difficoltà nel conservare la credibilità del partito e del suo gruppo dirigente sono stati svelati sempre da El Confidencial, che ha pubblicato gli appunti dei lavori preparatori della conferenza stampa dei portavoce del partito, in cui si avverte di come si dovrà evitare di rispondere, ad esempio, alle domande relative ai passaggi di denaro compiuti nel 2014, perché non si è ancora in grado di controbattere gli addebiti con elementi difensivi utili.

Nemmeno la figura di riferimento di Podemos, Iglesias, è al riparo dal polverone: il secondo caso di finanziamenti occulti cui si accennava, quello che coinvolge l’Iran, stavolta riguarda direttamente l’attuale capo carismatico. Pur essendo le cifre in gioco nettamente inferiori alle precedenti, i pagamenti ricevuti da Iglesias sarebbero allo stesso modo discutibili.

Il leader politico avrebbe ricevuto, tra il 2012 e il 2015, almeno 700.000 euro di compensi annui: la polizia tributaria sta effettivamente indagando se anche solo una minima porzione di questi accrediti possano essere serviti a finanziare direttamente attività di partito. Ciò indurrebbe eventualmente a ritenere una violazione, stavolta sì, delle norme penali del 2015 in materia di finanziamento illecito dei partiti da parte di Paesi esteri. L’Iran, ipotizza ancora ABC sulla base dei documenti in suo possesso, avrebbe prodotto questi pagamenti anomali spinto dalle pressioni dell’alleato venezuelano, in continuità e coordinamento, quindi, con i finanziamenti già erogati alla fondazione CEPS.

Non sembra comunque che il giallo internazionale che coinvolge il terzo partito più rappresentativo di Spagna ne stia compromettendo il peso politico, per ora: sia in sede di consultazioni, sia in quella parlamentare, Podemos continua a negoziare alla pari soprattutto col suo interlocutore principale, il PSOE. Lo dimostra l’intesa di questi giorni sull’appoggio alla nuova “Ley 25 de emergencia social, elaborata da Podemos e contenente diverse misure di stato sociale, soprattutto in materia energetica.

Ludovico Maremonti

 

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