Mettere in atto il restauro delle opere d’arte senza far ricorso a prodotti chimici, potenzialmente dannosi sia per la salute che per l’ambiente; questa è l’idea posta alla base del progetto sul “biorestauro” promosso dall’ENEA; proprio l’ente pubblico di ricerca ha presentato in questi giorni gli esiti del lavoro di ricerca condotto su batteri e sostanze naturali, che andranno a sostituire la chimica nella manutenzione delle fontane e delle statue dei giardini della Città del Vaticano.

Il metodo di pulizia dei beni ideato nei laboratori ENEA, prevede l’utilizzo di microrganismi “specializzati” nella rimozione delle varie tipologie di deposito che deturpano statue e fontane; i vantaggi di questa idea sono evidenti, a partire dalla selettività dell’intervento fino ai minori rischi per la salute degli operatori, passando per i costi più bassi e per la possibilità di garantire la sicurezza delle stesse opere d’arte.

L’occasione per discutere di questa importante ricerca si è presentata durante il workshop

Tecnologie e prodotti BIO-based per strategie sostenibili di conservazione dei Beni Culturali e di risanamento dei suoli

organizzato dall’ENEA con la partecipazione di esponenti del mondo dei beni culturali e artistici, fra i quali il responsabile del Gabinetto di Ricerche Scientifiche dei Musei Vaticani, Ulderico Santamaria, e  Giuseppina Fazio dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro.

La ricerca scientifica ha individuato nei microrganismi  formidabili alleati per un nuovo strumento utilizzabile per la tutela e la conservazione del patrimonio artistico. L’idea dalla quale siamo partiti è stata di trasformare in risorsa un problema, ovvero sfruttare le capacità metaboliche dei microrganismi che vivono in aree degradate di interesse archeologico per intervenire sugli stessi manufatti artistici bisognosi di restauro

spiega Anna Rosa Sprocati, coordinatrice del laboratorio ENEA di “Microbiologia Ambientale e Biotecnologie Microbiche”, presso il quale è stata portata avanti l’attività di ricerca.

A monte del processo di restauro, c’è la raccolta di batteri e funghi, portati in laboratorio e isolati; da qui si arriva agli interventi veri e propri di restauro, per ognuno dei quali sono già stati individuati dei microrganismi specifici dall’ENEA.
Queste nuove tecnologie sembrano essere doppiamente promettenti, sia per l’elevata qualità dei risultati raggiunti, sia perché consentirebbero al mondo del restauro di affrancarsi dai prodotti chimici, specie quelli più aggressivi.

La ricerca ENEA è stata, in realtà, già protagonista di diversi restauri, come ad esempio quelli degli affreschi del Palazzo dei Papi di Avignone, per i quali è stata individuata, in laboratorio, un processo di rimozione delle colle viniliche.

La “biopulitura”, a sua volta, è stata utilizzata per la Casina Farnese, sul Palatino, per il restauto delle logge affrescate riportanti la leggenda di Ercole e Caco.

Quadrelli, Testa di donna
Quadrelli, Testa di donna

Alla Galleria Nazionale di Arte Moderna sono state invece esposte due sculture in marmo sulle quali i ricercatori ENEA hanno affiancato i restauratori utilizzando la biopulitura con microrganismi che hanno completamente rimosso i depositi di cera dalla “Testa di Donna” di Emilio Quadrelli e i residui di smog dalla “Lupa” di Giuseppe Graziosi, rimasta all’aperto per 40 anni.

Le tecniche alla base delle biotecnologie per il restauro sono state tratte da quelle già in uso per il risanamento ambientale; ad esempio, il mix di microrganismi usato per la pulizia della “Lupa” corrisponde a quello già in uso per la bonifica dei terreni inquinati dagli idrocarburi.

Alessandro Mercuri

 

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