Andiamo a fuoco: il 2023 confermato l’anno più caldo dal 1870
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Come già ampiamente preannunciato durante gli ultimi mesi dello scorso anno, il 2023 si è confermato l’anno più caldo dall’epoca preindustriale, con un aumento delle temperature di 1,48°C. Come se ciò non bastasse, la lotta al cambiamento climatico è destinata a peggiorare se a livello globale non verranno intraprese misure che vieteranno l’emissione di combustibili fossili nell’imminente futuro.

I dati provengono dal Programma di Osservazione della Terra dell’Unione Europea Copernicus, il quale, attraverso il suo report annuale, il Global Climate Highlights 2023, ha mostrato come lo scorso anno sia riuscito a sostituire il 2016 come anno più caldo registrato dal periodo preindustriale. Fra le cause che hanno determinato un risultato così preoccupante, ci sono le concentrazioni di gas serra e fenomeni atmosferici di cui ricordiamo El Niño, che ha ricominciato a riscaldare le acque superficiali dell’Oceano Pacifico proprio l’anno scorso dopo 7 anni di assenza. Secondo gli esperti, sarà proprio El Niño a provocare in determinati territori gravi episodi di siccità, mentre in altre sarà responsabile di inondazioni e piogge torrenziali.

Ma cos’è El Niño? Si tratta di un fenomeno climatico che si presenta ogni 2-7 anni caratterizzato da un aumento insolito della temperatura dell’acqua dell’Oceano Pacifico di 0,5°C per un periodo di almeno 5 mesi. A causa della sua intensità è in grado di causare fenomeni atmosferici di grave entità e di modificare la temperatura a livello globale. È proprio El Niño a provocare in Europa un aumento delle temperature di 0,2°C, con un pericoloso avvicinamento al limite di 1,5°C imposto dagli accordi di Parigi. Ed è sempre El Nino che con ottime probabilità, determinerà il quinquennio più caldo di sempre. 

Se nel complesso siamo riusciti a sfiorare (ma a non superare) la soglia imposta dagli Accordi di Parigi del 2015 di 1,5°C, l’agenzia Copernicus sottolinea come ben 173 giorni su 365 del 2023 questo limite sia stato superato. Non solo: due giorni la temperatura è stata superiore di 2°C rispetto alla media.

Lotta contro il cambiamento climatico e COP28

Questi risultati arrivano a circa un mese dalla conclusione della COP28 tenutasi a Dubai dal 30 novembre al 13 dicembre 2023 che ha costituito un momento spartiacque per pochissime ragioni: per la prima volta si è resa esplicita la correlazione fra la crisi climatica e i combustibili fossili, e si è sottolineato il bisogno di effettuare una transizione effettiva da questi ultimi, nello specifico, di quelli utilizzati nei sistemi energetici. Si tratta di una debole novità nello scenario contro la lotta al cambiamento climatico, nulla che imponga un vero “freno a mano” nelle politiche energetiche adottate dai principali stati inquinanti nel mondo (Cina, Stati Uniti e India), nulla che imponga comportamenti necessari da adottare nell’immediato. Allo stesso tempo è stato istituito il Fondo Perdite e Danni, nato per risarcire quelle comunità maggiormente colpite dai cambiamenti climatici sulla base del principio “chi inquina paga”. Il problema è che per quanto possa apparire un risultato sublime, le modalità per conseguirlo nel concreto sono scarse: servirebbero miliardi di dollari a discapito dei pochi milioni messi a disposizione dai maggiori paesi inquinanti. 

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Come se non bastasse, il 2023 è stato protagonista di un secondo record negativo: le acque degli oceani non sono mai state così calde. Secondo uno studio condotto dal New Record Ocean temperatures and related climate indicators in 2023, lo scorso anno la temperatura delle superfici oceaniche è aumentata per un valore che oscilla fra gli 8 e i 15 ZettaJoule rispetto al 2022. Potrebbe non significare nulla se non si considerasse che 1 ZettaJoule corrisponde al doppio della quantità di energia che ogni anno alimenta l’economia mondiale. 

Il calore ha inoltre causato livelli record di stratificazione degli oceani, dove l’acqua calda che si deposita in superficie riduce il mescolamento con le acque più profonde. Questa informazione, insieme al fatto che gli oceani occupano circa il 70% della superficie del globo e assorbono circa il 90% del calore generato dal riscaldamento globale, ci dovrebbe dare un’idea approssimativa del disastro a cui stiamo inesorabilmente andando incontro.

Non sappiamo con certezza se il 2024 sostituirà il 2023 in quanto anno più caldo mai registrato, anche se c’è una possibilità su tre che accada, secondo quanto sostenuto dagli scienziati della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA). Secondo gli stessi scienziati infatti, il fenomeno atmosferico El Niño persisterà fino ad aprile, classificando al 99% il prossimo quinquennio come il più caldo in assoluto. Sarà l’arrivo del suo fenomeno opposto, La Niña, che con la sua intensità determinerà se il 2024 spodesterà il 2023 in questo record drammatico. 

Con il passare degli anni il cambiamento climatico ci metterà di fronte a siccità, sfollamenti, distruzione e innumerevoli eventi meteorologici estremi. Il colmo? Nonostante centinaia di governi si siano impegnati a raggiungere l’impatto climatico zero entro il 2050, in realtà ogni giorno contribuiscono a raddoppiare la quantità prodotta di carbone, petrolio e gas. Non a caso alcuni Stati del Pacifico hanno descritto la COP28 come una vera e propria sentenza di morte, consapevoli del fatto che continuando su questa rotta, il loro destino non potrà che essere quello di finire sommersi. Per sempre.

Giulia Esposito

Giulia Esposito
Affamata di conoscenza, sempre con un libro in mano e voglia di sapere sempre di più. Laureata in Relazioni Internazionali. Attualmente frequenta il Master SIOI in Comunicazione e Lobbying per le Relazioni Internazionali.

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