Abilismo nell’era dei selfie
Foto: Jon Tyson / unsplash

“Ama il tuo corpo” è una frase spesso correlata al movimento di body positivity, ma non fa stare bene tutti. Con così tanta attenzione al corpo e a ciò che può fare per noi, il movimento e il linguaggio che lo circondano spesso escludono le persone con disabilità, malattie croniche e coloro che hanno relazioni più fluide con il proprio corpo. Queste sono le condizioni per cui esiste l’abilismo, che viene definito dall’Accademia della Crusca come “discriminazione, pregiudizio o marginalizzazione nei confronti delle persone disabili”.

In modo più o meno marcato questa forma di razzismo fa parte di ogni cultura a partire dalla notte dei tempi, per l’innato istinto di conservazione della specie; infatti, gli evoluzionisti spiegano questo comportamento come motivato da un’atavica paura che un soggetto che non rientra fra i canoni dei cd. normodotati possa interrompere l’avvicendarsi delle generazioni. Oggi, con maggiore raziocinio, si incontrano spesso comportamenti discriminatori anche involontari.

Una dimostrazione molto divertente quanto veritiera si ha nel film “Corro con te” di Riccardo Milani, in cui il protagonista arriva a fingere di essere costretto su una sedia a rotelle per fare più facilmente breccia nel cuore di una bellissima donna grazie alla compassione provata verso le persone con disabilità. Un sentimento diffuso amplificato dalla reverenza per le agiate condizioni economiche del protagonista della pellicola francese “Quasi amici – Intouchables”, e nel suo remake americano dal titolo “Come amici”, nei quali gli sceneggiatori dipingono in video il frequente rispetto quasi forzato verso una persona per la sua condizione di svantaggio o per il suo potere, come se non fosse capace di autodeterminarsi.

Tuttavia qualcosa sta cambiando con l’avvento dei social media. Infatti, con la consuetudine di scattarsi dei selfie come mezzo comunicativo vengono allo scoperto più facilmente le molteplici dimensioni della marginalità vissuta dalle persone con disabilità fisica. Questo punto di vista si allinea con altri studi che affrontano i selfie come mezzo che consente ai gruppi emarginati di rivendicare il controllo sull’estetica del corpo; un selfie è un insieme di soggettività che mostra una complessa discussione su ciò che le diverse culture apprezzano, interiorizzano o contestano. 

I selfie hanno un’importanza sociale, culturale e politica, agendo come strumenti educativi che aumentano la cura e la considerazione verso “gli altri”, aiutando gli utenti a negare i tabù sociali, contrastando abilismo, ageismo, binarismo di genere e ogni altra forma di discriminazione ingiustificata.

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