La deposizione di Giorgio Napolitano al processo sulla trattativa Stato-mafia continua ad essere oggetto di decisioni non irrilevanti della Corte d’Assise di Palermo. Tale organo, il 9 ottobre, aveva negato la possibilità per gli imputati (i boss mafiosi Totò Riina e Luciano Bagarella, nonché Nicola Mancino, ministro degli Interni al tempo della strage in cui persero la vita Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta) di presenziare all’udienza e di porre domande al Presidente della Repubblica, affermando che la compressione del diritto alla parità delle armi (principio fondante il nostro ordinamento processuale, secondo il quale imputato ed attore devono essere a conoscenza del contenuto delle affermazioni poste in essere nel corso del processo), riconosciuto dalla Corte Costituzionale e dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, deriverebbe dalla dignità della carica, che risulterebbe lesa da un confronto con soggetti riconosciuti colpevoli di gravi reati o imputati per essi. Gli avvocati hanno annunciato battaglia, presentando richiesta di annullamento: se questa dovesse essere accolta, il procedimento dovrebbe iniziare un nuovo iter.

Successivamente la Corte ha acquisito dei documenti del SISMI (Servizio Informazioni e Sicurezza Militare) su un allarme attentato contro le persone di Spadolini e Napolitano, rispettivamente presidente del Senato e presidente della Camera nel 1993. Il legale di Totò Riina, Luca Cianferoni, ha dunque richiesto di poter esaminare il Presidente della Repubblica su di essi: è difficile infatti supporre che questi non fosse stato informato di tali documenti. La richiesta è stata accolta: la Corte d’Assise ha ritenuto le prove non manifestamente infondate, ed essendo queste riguardanti un periodo in cui Napolitano non ricopriva l’attuale carica, non potrebbe questi richiedere il riconoscimento delle prerogative costituzionali invocate ed affermate il 9 ottobre. La Corte ha però anche ricordato come non sia possibile non conciliare tale esigenza con gli impegni di Giorgio Napolitano “di cui la corte non potrà che prendere atto”: i tempi processuali potrebbero non materialmente consentire a Cianferoni di godere del diritto riconosciuto e la Procura non potrebbe chiedere una seconda audizione del Presidente. Intanto il Colle ha anche comunicato al tribunale di Palermo che non saranno consentiti mezzi di registrazione: saranno i dipendenti del Quirinale a stenografare il contenuto, ed i giornalisti non potranno prendere contatti con l’esterno con qualsiasi mezzo.

L’audizione è prevista per il 28 ottobre.

Vincenzo Laudani

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