Il brainch della domenica: Dateci ius soli, matrimoni gay, eutanasia, e dateceli subito

Esistono alcuni parametri che ci aiutano efficacemente a definire una democrazia moderna. Sono precondizioni essenziali per il sano dispiegarsi della vita civile e sociale di una popolazione, e prescindono da cifre, numeri, statistiche: i diritti umani, che nella narrazione occidentale hanno sempre contraddistinto gli “evolutissimi” americani ed europei dai “rozzi e barbari” abitanti di Asia ed Africa, possono considerarsi le fondamenta su cui erigere i singoli Stati. E quando ci riferiamo all’Italia che verrà, non possiamo non citare al proposito lo ius soli, i matrimoni gay e l’eutanasia.

Cari lettori, so bene che qualcuno di voi starà storcendo il naso di fronte a idee del genere. Ma ancora una volta dobbiamo riconoscere che il progresso prescinde dalle proprie convinzioni – ideologiche e religiose. E al gigante dai piedi d’argilla che chiamiamo patria, che cammina a passo insopportabilmente lento, manca ancora un lungo tragitto da compiere in tale direzione.

Il Brainch della domenica
Il brainch della domenica – Illustrazione a cura di Antonella Monticelli

Dalla Cirinnà ai matrimoni gay, ancora un passo

Legiferare in tema di diritti è sempre impresa ardua. Ci sono visioni in netto contrasto che coesistono nel ventre del Paese e che spesso sfociano nel bigottismo. Ma l’idea di difendere la “famiglia naturale” (concetto che non trova alcun riscontro né in biologia, né in antropologia, né in sociologia, né in tutto ciò che termina con –ia) dai matrimoni gay, come principio cardine su cui impostare la propria campagna elettorale, mi sembra abbastanza ridicolo.

Con la legge Cirinnà del giugno 2016, bisogna riconoscerlo, è stato compiuto un passo avanti nella regolamentazione delle unioni civili e delle convivenze. Difficile pensare che si possa giungere a una completa e totale equiparazione dei matrimoni gay, ma occorre ancora colmare la lacuna della stepchild adoption (la possibilità di adottare il figlio del proprio compagno) per consentire alle coppie gay di vivere serenamente il proprio rapporto con le adeguate tutele.

Perché è così importante? Non è una questione politica, non è uno schiaffo al Vaticano. In tanti continuano a non vedere di buon occhio i matrimoni gay, e gli episodi di omofobia ne sono una prova. Ma non se ne può parlare solo quando “va di moda”, né tantomeno per comprare i voti di qualcuno. La legge Cirinnà è stato un passo compiuto con timidezza, senza il necessario coraggio per riconoscere un’uguaglianza che sulla carta non esiste ancora, ma nei fatti è già molto più concreta dei manifesti elettorali di Fratelli d’Italia.

Ius soli qui e ora

Diciamoci la verità: anche solo finirla con le solite fesserie sui migranti che ci rubano il lavoro, le donne e la password del wifi sarebbe già un grandissimo salto evolutivo. Ma di ius soli si è parlato tanto nello scorcio finale della passata legislatura. C’è stato un momento in cui sembrava davvero che si fosse pronti ad approvarlo, seppure in una forma “temperata”. Poi non se n’è fatto più nulla, anche a causa dell’astensione del Movimento 5 Stelle, che in tema di immigrazione ha sempre avuto idee ondivaghe e confuse, quando non contraddittorie.

È un altro tema scottante, perché l’opinione pubblica è sostanzialmente contraria a riconoscere la cittadinanza agli stranieri in questo frangente storico. E una certa parte malata della stampa contribuisce alimentando l’odio razziale e la xenofobia attraverso fake news diffuse ad arte.

Ma dire ius soli non significa rendere italiani tutti i clandestini. Sarebbe piuttosto una legge di grande civiltà che riconoscerebbe a chi nasce in Italia le opportunità che merita.

Difficile da spiegare. Spesso, razzismo ed ignoranza s’intrecciano ad arte creando un ginepraio di intolleranza e di violenza. Eppure, altrove lo ius soli è stato adottato e messo in pratica senza tragedie né sconvolgimenti di sorta. Perché un bambino nasce senza colpe: se vogliamo mettere in dubbio anche questo, forse dovremmo mettere in dubbio anche le nostre radici cristiane. E allora parlare di ius soli diventerebbe certo ancor più necessario: ma per gli italiani.

Il diritto di vivere e morire: l’eutanasia come difesa della dignità

Marco Cappato processo biotestamento
Photocredit: ANSA

Abbiamo avuto il privilegio, nei mesi scorsi, di seguire e testimoniare le vicende di DJ Fabo e del suo ultimo viaggio in Svizzera verso la “dolce morte” attraverso le parole di Marco Cappato. Quella storia, come già ai tempi di Eluana Englaro, ha scosso e smosso le coscienze dando probabilmente una spinta decisiva all’approvazione della legge sul fine vita.

Con il biotestamento si vede finalmente riconosciuta la facoltà di rifiutare il trattamento sanitario. Un diritto che potrebbe sembrare scontato (la vita è mia, quindi decido io), e che invece è stato conquistato con immane fatica, accesi dibattiti e scontri ideologici anche feroci.

Ma non basta.

Parliamo forse dell’argomento più delicato e divisivo in assoluto: l’eutanasia è considerata un tabù in gran parte del mondo per motivi etici e religiosi. Ciò non implica, tuttavia, che non se ne debba parlare. E la storia di DJ Fabo, costretto a “scappare” in Svizzera per porre fine alla sua esistenza, lo dimostra.

Da libertario convinto, non ho paura di affermare che l’eutanasia dovrebbe essere resa legale e accessibile a chiunque. Decidere della propria vita è la forma di libertà più alta che si possa esercitare. Comprendo che l’idea possa turbare la sensibilità di qualcuno, e che in generale si possa arrivare a farne un uso distorto: l’eutanasia non è come una canna, non la smaltisci dopo qualche ora.

Comprendo però anche l’urlo di dolore lanciato dai tanti che, non avendo scelto come vivere, vorrebbero almeno scegliere come morire. Il suicidio ci lascia sempre attoniti, sbigottiti, ancor più perché compiuto spesso con gesti eclatanti: sotto un treno, giù da un palazzo, con una corda intorno al collo o una pallottola nella tempia.

Non sarebbe forse meglio permettere a queste persone di porre fine alla loro esistenza in modo meno traumatico per sé e per gli altri?

Bisogna aiutarli, direte. Non c’è dubbio. Ma bisogna anche rispettarli. Rispettare il loro dolore e le loro sofferenze. E dirò di più: sono sicuro che queste persone, messe di fronte alla concreta possibilità di ottenere l’eutanasia senza dover ricorrere a gesti estremi, rifletterebbero meglio sulle loro decisioni.

Liberi tutti

Provo dunque a immaginare lo scenario che ci si ripresenterà fra cinque anni, alla vigilia delle prossime elezioni. Non so quanti e quali di questi obiettivi saranno stati raggiunti; in realtà, sono abbastanza pessimista al riguardo. Ma di una cosa sono certo: la libertà è il nostro istinto primordiale per definizione, l’anelito insoddisfatto a cui tendiamo per tutta la vita. Non saranno un Parlamento né un testo sacro né una fake news ad impedirlo.

Buona domenica, lettori cari, e buon voto consapevole.

Emanuele Tanzilli
@ematanzilli

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