Dicevano di essere incorruttibili, onesti, mai sarebbero scesi a compromessi con i partiti che hanno rovinato l’Italia. Tante cose sono cambiate nel Movimento 5 Stelle da quando urlava in piazza durante la campagna elettorale del 2013: tramite personalità come Di Maio hanno imparato a diventare “uomini di palazzo”, hanno cominciato a farsi vedere nelle televisioni che reputano asservite al governo, hanno moderato posizioni come quella sull’Europa. Ma durante tutti questi cambiamenti era rimasta costante la rigidità e la coerenza con cui si opponevano ai vari PD, Forza Italia, Lega, che ritenevano membri della casta, e quindi acerrimi avversari.

Coerenza e rigidità che viene meno quando si tratta delle poltrone nel Consiglio metropolitano della Grande Milano, il neonato agglomerato di 134 comuni che ha come fulcro quello di Milano.

La legge Delrio, infatti, prevede un’elezione di secondo grado del Consiglio, quindi non tramite voto dei cittadini, ma attraverso i 2.079 consiglieri che rappresentano tutti i comuni che compongono la vasta area. Il rinnovo dell’assemblea è previsto per il 9 ottobre, e per la presentazione di ogni lista, questa ha bisogno della sottoscrizione di almeno 104 grandi elettori, ovvero di 104 consiglieri comunali della Città metropolitana. Ed è questo il punto che fa vacillare l’integrità dei grillini nei confronti degli altri partiti.

Infatti, nonostante il Movimento 5 Stelle sia riconosciuto da vari sondaggisti come il primo partito d’Italia, oltre che quello che potrebbe battere sia il Partito Democratico di Renzi sia un eventuale lista di centrodestra, nell’area milanese non è riuscito a radicarsi più di tanto: basti guardare il risultato ottenuto alle recenti amministrative meneghine dove si è classificato terzo con uno stacco di 30 punti dal primo e secondo classificato. E questa serie di fallimenti ha portato i grillini a trovarsi con un’ottantina di consiglieri e quindi senza le firme necessarie per poter presentare la loro lista alle elezioni del Consiglio metropolitano della Grande Milano.

Nasce quindi il grande dilemma: chiedere aiuto ai partiti per coprire la trentina di firme mancanti oppure rinunciare alle poltrone consiliari?

Per trovare una risposta, il movimento ha convocato una riunione il 9 settembre convocando tutti gli attivisti e i portavoce di provincia. Pare che la parte “intransigente” che vorrebbe rinunciare ai posti in consiglio sia solo una minoranza, mentre la maggior parte del M5S sosterrebbe una linea diplomatica che verta su una “richiesta d’aiuto” alle liste civiche e ai partiti tradizionali.

L’ex candidato sindaco a Milano, Gianluca Corrado spiega: «Noi critichiamo la legge Delrio e l’architettura istituzionale con cui è nata la Città metropolitana. È un sistema profondamente antidemocratico perché esclude l’elezione diretta e perché impedisce a molte forze di essere rappresentate. Però vorremmo esserci, in quel Consiglio, non fosse che per condizionare dall’interno il sistema. Per questo chiederemo a ogni grande elettore di sottoscrivere la presentazione della nostra lista che nel caso sarà composta unicamente da consiglieri della provincia». E poi arriva la richiesta: «Noi ci rivolgiamo innanzitutto agli eletti nei consigli comunali con le varie liste civiche locali. Ma anche agli altri, certo». Riferendosi ai partiti che avversano profondamente a livello nazionale (PD, Lega, Forza Italia) aggiungendo poi, senza trattenere un sospiro: «Possibilmente incensurati, ecco».

Federico Rossi

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