Quando al minuto ’95 di Iran-Portogallo il centravanti iraniano Taremi si è trovato a tu per tu con Rui Patricio in quella che doveva essere la più facile delle finalizzazioni, tutti hanno rivolto il pensiero all’imminente miracolo di un Iran qualificato agli ottavi di finale con annessa eliminazione dei Campioni d’Europa in carica. Se l’azione offensiva si fosse conclusa con il pallone in rete alle spalle del portiere lusitano, quel gol sarebbe valso all’Iran addirittura il primo posto nel girone, mettendosi alla spalle una delle favorite per la vittoria finale, la Spagna di Hierro. Tuttavia, è bastata una imprecisione da parte del giovane attaccante ed il sogno del pass per gli ottavi si è infranto, e con esso le speranze di milioni di tifosi, non solo iraniani. Invero, il cammino dell’Iran in questo Mondiale ha assunto i contorni di una di quelle favole calcistiche a cui raramente capita di assistere e che, per tale motivo, ha spinto tutti gli appassionati di Calcio (eccetto spagnoli e portoghesi) a supportare il più debole nella invincibile lotta contro i potenti iberici. E sebbene alla fine questi ultimi l’abbiano spuntata non senza difficoltà, il percorso degli asiatici verrà comunque ricordato per essere quasi riuscito a dare vita ad un clamoroso scenario.

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Verrà ricordato il match vinto all’ultimo secondo contro il Marocco grazie ad un autogol, così come verrà ricordato il coraggioso e lodevole confronto con la Spagna, dal quale l’Iran è uscito sconfitto immeritatamente e con un pò di sfortuna. Infine, verrà ricordato il pareggio acciuffatto al 90′ contro il Portogallo e i 5 minuti finali giocati tutti all’attacco, con il timore suscitato nei lusitani da quel tiro che, purtroppo, si è schiantato sull’esterno della rete, provocando la più triste delle illusioni ottiche del gol.

Verrà ricordato l’Iran di Russia 2018. In particolare per i suoi interpreti sul campo, quel portiere cresciuto come pastore nomade e che per inseguire il sogno di una vita ha svolto i lavori più disparati, tra cui pulizia di SUV in un autolavaggio, fino a ritrovarsi sul più importante dei campi di calcio a difendere la porta del suo Paese. Alireza Beiranvand, classe 1992, è stato sicuramente una delle più belle e commoventi figure di questo Mondiale, esempio di come la vita ripaghi tutti tuoi i sacrifici, facendoti ritrovare tra le mani il pallone calciato dal dischetto da parte di un pluri pallone d’oro. Né deve passare inosservato il meticoloso ed apprezzabile lavoro svolto dal tecnico Carlos Queiroz, che sette anni fa ha accettato la sfida di allenare una Nazionale di Calcio mai distintasi nel contesto internazionale e alle prese con carenze organizzative e di organico. Lui stesso ha dichiarato come sia stata proprio la difficoltà a portare avanti il lavoro nel corso degli anni (tra cui l’impossibilità di trovare campi di allenamento disponibili o altre Nazionali con cui giocare un’amichevole) ad averlo fatto innamorare dell’Iran. Peraltro, ci si chiede cosa avrebbe provato Queiroz, cittadino portoghese, nell’eliminare la squadra del suo paese d’origine.

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Eppure, la tristezza provocata dalla sfortunata eliminazione non è stata tale da smorzare l’entusiasmo tra le strade di Teheran, dove migliaia di persone (incluso il Presidente Rouhani) hanno per un attimo abbandonato le proteste legate ai numerosi problemi politici ed economici interni e si sono unite in un ringraziamento collettivo verso la Nazionale di calcio, accompagnato da balli popolari e festeggiamenti in strada fino a notte fonda.

Insomma, per questi ed altri motivi, la favola dell’Iran meritava il lieto fine. Purtroppo, a contribuire al triste scenario finale ci ha pensato anche la VAR. Quando il direttore di gara ha optato soltanto per un cartellino giallo a seguito di una gomitata di Cristiano Ronaldo all’avversario, che avrebbe inevitabilmente cambiato il corso della partita, la ratio della esistenza dello strumento di supporto video è stata rimessa in discussione. E a ragione. La nuova tecnologia che, nell’opinione generale, avrebbe dovuto eliminare gli errori arbitrali, o almeno quelli più evidenti, e che avrebbe dovuto rendere i Mondiali 2018 la prima competizione con il margine minimo di sviste arbitrali, sta incontrando serie difficoltà nella sua applicazione concreta. Il differente metro di giudizio dei vari arbitri internazionali e la poca dimestichezza con l’utilizzo dello strumento mostrata da alcuni di essi stanno dando vita a un suo improprio impiego. Manca uniformità di giudizio, situazioni simili nella stessa o in diverse partite mostrano un trattamento completamente differente e le decisioni adottate a seguito della consultazione video spesso lasciano a desiderare. Senza contare che, in molti casi, alcuni direttori di gara preferiscono addirittura non ricorrere all’ausilio della tecnologia video, quando, al contrario, ciò sarebbe necessario al fine di adottare la decisione corretta.

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fonte immagine: Skysport.it

Il problema di fondo può essere riscontrato nella poca conoscenza dello strumento da parte della maggioranza degli arbitri, specie quelli extra-europei. Da un lato, il campionato italiano e quello tedesco (quest’ultimo con alcune differenze) sono gli unici ad avere in vigore il Video Assistant Referee, pertanto il metro di giudizio degli arbitri provenienti dalla Serie A e dalla Bundesliga è completamente differente da quello degli altri colleghi che mai (o poche volte) hanno utilizzato la VAR; dall’altro lato, la presenza nella control room di Mosca di arbitri esperti non è sempre sufficiente a compensare gli errori di quei direttori di gara che non hanno esperienza con l’utilizzo del supporto tecnologico e preferiscono non utilizzarlo o utilizzarlo impropriamente.

Pertanto, sebbene in alcuni casi l’utilizzo del VAR abbia contribuito a segnalare situazioni che, altrimenti, non sarebbero state rilevate dall’occhio umano dell’arbitro, è lecito pensare che la scelta del suo impiego in questo Mondiale adottata dalla FIFA sia stata prematura. I corsi di preparazione cui gli arbitri si sono indubbiamente sottoposti prima dell’inizio della Coppa del Mondo non sono stati sufficienti ad eliminare le evidenti lacune legate all’improprio utilizzo del supporto video a cui stiamo assistendo sempre più spesso. Sarebbe stato forse più sensato attendere la prossima edizione dei Mondiali, quando probabilmente gran parte dei campionati europei e mondiali avrebbe adottato il VAR per assistere gli arbitri nei rispettivi tornei nazionali. In tal modo, ciascun direttore di gara avrebbe avuto molta più dimestichezza nel suo utilizzo, ed il numero delle decisioni discutibili non sarebbe stato pari a quello che si è registrato (finora!) in questo Mondiale.

Intanto, con l’avvento degli ottavi di finale e delle “partite secche” le decisioni arbitrali assumeranno un peso maggiore, ciascuna svista potrebbe costare una ingiusta eliminazione o garantire un immeritato passaggio del turno. Pertanto, laddove dovesse emergere una favola simile a quella dell’Iran, si spera che non sia la VAR a portarci via il lieto fine.

 

Amedeo Polichetti

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