Pensare all’evoluzione significa pensare a tempi immensamente lunghi e ad antenati pelosi e con mandibole pronunciate, vestiti di pelli di animali alle prese col grosso problema di accendere un fuoco o costruire un qualsivoglia utensile.

Un percorso lento ed inesorabile quello dell’evoluzione, che in maniera impercettibile ci ha portato fin qui, alle nostre fattezze e caratteristiche odierne insieme, ovviamente, a tutte le altre specie che popolano la Terra, anch’esse mutate al lento scorrere del tempo.

A dirla tutta, osservando con attenzione usi e costumi dell’Homo “moderno” verrebbe da pensare che più che “evoluzione” il termine più appropriato è “involuzione”, ma questa è un’altra storia che peraltro ha poco a che vedere con la scienza.

La scienza appunto, capace nonostante tutto di stupire quasi ogni giorno, stavolta ci dimostra che ciò che pensiamo sulle dinamiche dell’evoluzione è in realtà poco esatto e quei tempi biblici sono decisamente più brevi del previsto.

Diversi studi congiunti infatti, condotti principalmente negli USA e nel Regno Unito, dimostrano che l’evoluzione può essere visibile nel giro di secoli e addirittura decenni e non in un batterio o in qualche altro microrganismo dalla vita media di qualche ora, bensì nell’uomo.

Tutto ciò, per quanto fantascientifico ed apparentemente incredibile, è possibile grazie agli enormi passi avanti che la scienza stessa ha compiuto riguardo la conoscenza del nostro genoma.

E qui è necessaria una precisazione, non abbiamo perso il resto dei peli, i piedi prensili o la capacità di arrampicarci nel giro di “pochi” anni, ma abbiamo compiuto enormi passi evolutivi i cui segni appaiono chiaramente visibili a livello molecolare. Insomma, siamo cambiati, ma non come in un video di Fat Boy Slim.

Delusi? In realtà la questione è molto più interessante di quello che sembra perché questa evoluzione “poco visibile” ha incrementato la nostra resistenza alle sostanze a cui siamo esposti o che mangiamo, così come ha aumentato la nostra tendenza a pratiche poco salutari come il fumo di sigaretta.

Ma non solo. I ricercatori hanno osservato infatti, confrontando DNA moderni con DNA più anziani, come le condizioni esterne a cui si è esposti possano intervenire sulle nostre caratteristiche fenotipiche, come ad esempio la colorazione della pelle, negli stessi intervalli di tempo, brevi, in questione.

Dinamiche complesse ma tutte “documentate” fedelmente dai nostri geni, l’unico, vero specchio dell’evoluzione.

Adesso viene da pensare a come l’evoluzione ci modificherà negli anni a seguire. A come saremo e a quali saranno le nostre caratteristiche fra qualche decina di anni, un secolo magari.

Di certo la nostra elevata e sempre più spiccata dipendenza dalla tecnologia inciderà molto perché si tratta di un processo che gradualmente diminuisce la necessità di memorizzare e ragionare, capacità spesso sostituita da una bella ricerca su Google.

Magari pure questa è fantascienza, magari no, quello che è certo è che le nostre abitudini agiscono sulle generazioni a seguire in tempi sensibilmente più brevi di quello che credevamo.

Adesso sappiamo che l’evoluzione è si inesorabile ma anche molto veloce, per cui abbiamo una responsabilità in più, quella di preservarci nel migliore dei modi.

Mauro Presciutti

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