Il 30 ottobre del 1892 veniva pubblicato in Inghilterra “Le avventure di Sherlock Holmes”, terzo capitolo sul celebre investigatore privato,  ad opera di  Sir Arthur Conan Doyle, che si affermò così come fondatore del genere Giallo.

Già “Uno studio in rosso” (1887) e “Il segno dei quattro” (1890), in cui erano comparsi per la prima volta Sherlock Holmes e il suo fidato Dottor Watson, erano stati dei successi letterari accolti in maniera positiva dalla maggioranza. Ma con questa raccolta, Doyle si guadagnerà la gloria.

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E pensare che la prima copia di “Uno studio in rosso” era stata venduta ad un editore per sole 25 sterline poiché né l’editore né lo scrittore avrebbero potuto immaginare un tale riscontro positivo nei lettori, e che quello sarebbe diventato il capolavoro del genere giallo, destinato ad essere riletto da numerose generazioni, e che ancora oggi, dopo 123 anni, è amato.  E’ in questo primo libro che compaiono Holmes e Watson, al 221B di Baker Street, all’esordio della loro amicizia:

C’era qualcosa nell’abilità con cui afferrava ogni situazione e nella sua logica penetrante e incisiva, che mi affascinava spingendomi a studiare i suoi metodi operativi e a seguire i fulminei e acuti ragionamenti grazie ai quali riusciva a sbrogliare i misteri più ingarbugliati. Ero talmente avvezzo al suo successo che non mi passava nemmeno per la testa l’eventualità che potesse fallire.

 

Impossibile non amarli: Holmes è un personaggio complesso e misterioso, pragmatico e acuto, tutti i lettori lo stimano e vorrebbero avere la sua magnifica logica deduttiva.

Book Illustration Depicting Sherlock Holmes and Dr. Watson in a Train Cabin

La mia mente si ribella all’inerzia. Mi dia dei problemi, mi dia del lavoro, mi dia il crittogramma più astruso e allora mi sento a mio agio. Aborrisco la monotona routine dell’esistenza. Ho un desiderio inestinguibile di esaltazione mentale. Ecco perché ho scelto questa mia particolare professione o, meglio, l’ho creata, poiché sono l’unico al mondo ad esercitarla. Non tiro mai ad indovinare. È un’abitudine deplorevole – deleteria per la logica.

 

SHERLOCK HOLMES – LE SUE LACUNE:
1. Conoscenza della letteratura – Zero.
2. Conoscenza della filosofia – Zero.
3. Conoscenza dell’astronomia – Zero.
4. Conoscenza della politica – Scarsa.
5. Conoscenza della botanica – Variabile. Sa molte cose sulla belladonna, l’oppio e i veleni in genere. Non sa niente di giardinaggio.
6. Conoscenza della geologia – Pratica, ma limitata. Distingue a colpo d’occhio un tipo di terreno da un altro. Rientrando da qualche passeggiata mi ha mostrato delle macchie di fango sui pantaloni e, in base al colore e alla consistenza, mi ha detto in quale parte di Londra se l’era fatte.
7. Conoscenza della chimica – Profonda.
8. Conoscenza dell’anatomia – Accurata, ma non sistematica.
9. Conoscenza della letteratura scandalistica – Immensa. Sembra conoscere ogni particolare di tutti i misfatti più orrendi perpetrati in questo secolo.
10. Buon violinista.
11. Esperto schermidore col bastone, pugile, spadaccino.
12. Ha una buona conoscenza pratica del diritto britannico.

Watson è l’alter ego di Doyle:

Conan Doyle sognava, magari inconsciamente, di essere il dottor Watson e di avere la fortuna di incontrare, in qualche casa di Londra, un tipo come Holmes. Non voleva essere Sherlock, per la semplice ragione che il genio è disumano. Holmes sembra un dio sceso in terra, a cui nulla sfugge, e nelle cui meningi sono impresse tutte le possibilità del destino dell’uomo, per cui nessun evento seppur prodigioso riesce a scuoterlo. Watson è il lettore medio, Holmes il meraviglioso che è nella letteratura.

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In realtà lo scrittore non amò mai il suo personaggio poiché lo accusò sempre di essere diventato più famoso di lui; e infatti dichiarò che non avrebbe voluto scrivere così tanti libri di avventure e che lo aveva fatto solo per la continua insistenza dei suoi amici. Se ne accorse quando, nel lontano 1893, dopo la pubblicazione della seconda avventura di Holmes – Il segno dei quattro – , gli arrivarono delle lettere indirizzate per lo più proprio al protagonista, dove i lettori gli svelavano particolari della loro vita o chiedevano consigli.

Tant’è vero che lo fece morire in un burrone in una delle storie ma dovette poi scrivere un prequel e addirittura farlo resuscitare per via delle proteste. Non se ne sarebbe mai più sbarazzato. Immortale rimarrà anche la frase che spesso Holmes rivolge al suo amico dottore: “Elementare, Watson”.

Del resto, Doyle era più interessato a generi narrativi come l’avventura e il romanzo storico di cui scrisse anche numerosi titoli ma nulla gli fruttò successo come il mitico investigatore. Morì nel 1930 a 71 anni per un attacco cardiaco rimanendo nell’immaginario comune come il grande autore della più seguita saga poliziesca e di uno dei personaggi fittizi più amati nella storia della letteratura mondiale.

Maria Pisani

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