crisi yemen

Quando si parla (quasi mai) della crisi nello Yemen, ci si riferisce, molto superficialmente, alla drammatica situazione vissuta nel territorio mediorientale. Ma questo è ciò che accade quando siamo fortunati.

L’interlocutore medio, infatti, associa le parole ”crisi in Yemen” a qualcosa di lontano, di ”altro”. ”Sì, ho sentito di sfuggita al telegiornale…” o ”Ricordo di aver letto qualcosa, ma non ho capito bene…” le risposte più comuni, quasi come non si sentisse il bisogno di conoscere quella che è stata ormai definita la peggiore crisi umanitaria del mondo.

Pertanto, consci del fatto che una maggiore consapevolezza sia alla base della ricerca di una soluzione, ci proponiamo – di seguito – di spiegarvi perché la crisi nello Yemen ci riguarda direttamente e, dunque, come mai non possiamo ignorarla.

Prima di entrare nello specifico, però, un avviso ai naviganti: per comprendere al meglio l’argomento che stiamo per trattare, è bene conoscere le cause del conflitto. Ciò detto, iniziamo.

Che ruolo ha l’Italia nella crisi in Yemen?

Al contrario di quanto si possa credere, l’Italia gioca un ruolo tutt’altro che marginale all’interno dello scacchiere mediorientale. Per chi non lo sapesse, alcune delle bombe utilizzate in passato dalla coalizione araba sono state prodotte in Sardegna.

La venuta alla luce di questo commercio non è passata inosservata, in particolar modo ad Amnesty International, che sul proprio sito, diversi giorni fa, ha inoltrato alcune richieste al Parlamento italiano. Tra queste, l’ONG ha rinnovato l’invito ad assumere ”un ruolo attivo di facilitazione della fine delle ostilità” e a non contribuire alla continuazione delle stesse con forniture di armi.

La questione della crisi nello Yemen, che avrebbe dovuto essere discussa in Commissione Esteri lo scorso 26 marzo, è stata invece rimandata dai nostri rappresentanti.

Sottovalutazione del pericolo? Non ci è dato saperlo. Sta di fatto che le ultime dichiarazioni in merito, in ordine cronologico, rimangono quelle del premier Giuseppe Conte, il quale – nella conferenza stampa di fine 2018 -, aveva ribadito il fatto che il governo italiano fosse contrario alla vendita di armi all’Arabia Saudita.

L’Italia, però, è solo un piccolo pesce nel grande ”mare” europeo…

Se il ruolo dell’Italia – come abbiamo detto – è rilevante, quello dell’Europa è fondamentale. In molti (Germania, Paesi Bassi, Finlandia, Danimarca, Belgio e Norvegia) hanno già comunicato di voler sospendere la cessione di armamenti ai protagonisti attivi della crisi in Yemen.

Una strada, quella tracciata dai suddetti Paesi dell’Unione Europea, ben lontana dal raggiungimento di una soluzione definitiva, ma certamente decisiva ai fini di una sensibilizzazione che si spera possa coinvolgere anche il resto del continente.

Ad ogni modo, perché si possa parlare di una vera presa di coscienza, non si può non considerare che, in mezzo alle fazioni che si scontrano, c’è una popolazione che soffre.

Crisi Yemen, le uniche vittime sono i civili

(fonte: intersos.org)

Ospedali distrutti, scuole rase al suolo e tanta, tanta fame. Queste sono solo alcune delle terribili conseguenze della guerra in Medio Oriente. Proprio così: le principali ricadute della crisi nello Yemen si hanno sulla popolazione che abita (o abitava) i territori coinvolti nel conflitto.

La situazione ha raggiunto una tale gravità che non può più essere messa in secondo piano. Basti pensare che lo Yemen, già prima della crisi, versava in condizioni economiche e sociali molto gravi. L’esplodere e l’acuirsi delle tensioni non ha fatto altro che peggiorare un quadro di per sé già catastrofico.

Ma il problema non è solo la carestia. Le scarse condizioni igienico-sanitarie e l’impossibilità di accesso ai servizi di assistenza primaria hanno fatto sì che la popolazione fosse inevitabilmente flagellata da epidemie devastanti come il colera.

Anziani, donne e bambini: la guerra non risparmia nessuno. Per questi ultimi, in particolare, si tratta di un vero e proprio incubo, visto che molti di loro vengono addirittura arruolati e mandati direttamente al massacro sul campo di battaglia.

Una situazione disumana: ecco perché non possiamo più fingere di non vedere

Il fatto che la situazione dello Yemen ci coinvolga direttamente, come detto, ci obbliga a non voltarci dall’altra parte. La nostra memoria storica dovrebbe ricordarci che fingere che qualcosa non esista solo perché non ci riguarda in prima persona è un errore imperdonabile. Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla.

E allora? Allora dobbiamo smetterla di considerare ”altro” ciò che ci sembra lontano. Citando Edward Said, che proprio al tema dell’altro ha dedicato i suoi studi (saggio: Orientalism):

Credo che la storia sia fatta da uomini e da donne, ma può anche essere azzerata e riscritta, sempre attraverso silenzi e omissioni, sempre con forme imposte e deturpazioni tollerate”.

Perciò, basta con i silenzi: scriviamo una storia vera.

Samuel Giuliani

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