Lorenzo Pastrovicchio, nato a Trieste nel 1971, è un fumettista italiano. Inizia la sua carriera nel disegno nel 1993 presso l’Accademia Disney; dal 1994 dà inizio alla sua collaborazione ufficiale con la Walt Disney Italia e ad oggi è un’icona importante tra i fumettisti disneyani con le sue numerose storie sul Topolino e le saghe cui ha partecipato, quali PK, Wizards of Mickey e molte altre.
Ecco la nostra intervista in esclusiva:
Caro Lorenzo, come e da dove nasce la tua passione per il disegno?
La mia passione per il disegno c’è da sempre, a quanto ricordi. Mia madre dice che ho cominciato prima a disegnare che a camminare… E visto le ore che passo seduto c’è da crederle!
Hai lavorato a molte saghe importanti tra cui Darkenblot, Wizards of Mickey, Q-Galaxy, PK e alcune storie di DoubleDuck. In quale di queste ti identifichi di più e trovi maggior piacere nel disegnare?
Ad ognuna di queste saghe sono legato in modo particolare. Appartengono a diversi periodi della mia carriera. Sicuramente quelle in cui mi identintifico di più sono PK e Darkenblot.
A PK ci lavoro dalla prima serie, ed era in assoluto la terza storia a fumetti che affrontavo (PK n’10 Trauma!), e oggi dopo tanti anni, sono stato fautore del suo ritorno… Si può dire che è stato amore a prima vista! L’ironia delle sue storie, il taglio action, lo sviluppo adulto delle trame unite alla possibilità di utilizzare una grafica non legata ai più classici canoni Disney, ne hanno decretato il successo nel mondo del fumetto e tra gli appassionati.
Darkenblot, invece, è nato da una mia esigenza di realizzare con Topolino quello che era stato fatto con PK, o almeno in parte.
Dico “almeno in parte” non per sminuire il progetto … Tutt’altro.
Mi spiego; Topolino è un personaggio molto più complesso e delicato da gestire. È l’uomo comune, che si trova imbrigliato in problemi di tutti i giorni come in cose molto più grandi di lui, ma che dimostra come con prontezza d’animo, positività e un pizzico di sfrontatezza si può affrontare tutto e tutto diventa possibile! Quindi per fargli vivere delle avventure “alla PK” non si può vestirlo con una mascherina ed un mantello, non risulterebbe credibile (anzi forse persino odioso), bisogna inventarsi qualcos’altro. Con Darkenblot abbiamo (con Casty) pensato allora di cambiare il mondo attorno a lui, e per fare questo c’era bisogno di un serio antagonista, che desse alla serie quel tocco in più. E infatti si può dire tranquillamente che l’idea di base era propio questa, un bel MacchiaNera tosto e tecnologico, una versione upgrade dello stesso, in cui io con poche tavole e suggestioni avevo già trovato le linee guida che poi lo contraddistingueranno in tutte le storie a venire.
Così con questo “trucco”, abbiamo immerso Topolino in delle storie più complesse e adulte senza andar ad intaccare quelle che sono le sue peculiarità. Il tutto condito da una regia più aggressiva, ma senza snaturarne il clima narrativo del settimanale.
I tuoi disegni spaziano tra l’universo dei Paperi e quello dei Topi: trovi che uno dei due sia più facile da disegnare rispetto all’altro e offra maggiori spunti per storie originali e alternative?
Si ammetto che non mi faccio mai mancare niente. Ho sempre disegnato sia paperi che topi. Da questo punto di vista la saga fantasy di “Wizard of Mickey” è stata molto divertente, perché mi ha dato la possibilità di disegnarli tutti assieme, poi con costumi particolarissimi che avevo avuto modo di curare nel design.
L’ispirazione per le tue storie è data soprattutto da fumetti o cerchi di trarne anche da altri campi quali cinema, videogiochi? Quanto questi settori esterni al mondo del fumetto incidono sui tuoi disegni?
I riferimenti sono innumerevoli , fumetti, film, libri , giocattoli, serie d’animazione… Qualsiasi cosa mi provochi benessere. Cerco di non avere filtri o preconcetti, ma naturalmente poi, come tutti, si hanno delle preferenze e son quelle che passano alla fine.
Con i videogiochi dopo anni intensi oggi mi sto disintossicando, cerco di passare più tempo con la mia famiglia e con i mille impegni che comporta.
A proposito delle tue fonti di ispirazione, sei fan di fumetti ‘extra-italiani’ come i supereroi americani o i manga giapponesi?
Be` mentirei a dire il contrario.
Per quanto oggi abbia oramai letto di tutto, le mie prime letture, oltre a Topolino, erano gli albi dei supereroi pubblicati dalla Corno. Eravamo a fine anni 70 ed è li che mi sono innamorato di disegnatori come Kirby ,Buscema , Romita senior… Poi negli anni 80 sono arrivati i primi manga con Otomo , Shirow e Tetsuo Hara… Altre bombe, autori che hanno lasciato un profondo segno nella mia crescita artistica, da cui ancora oggi a volte traggo ispirazione.
In molte storie da te disegnate, e spesso nel mondo del fumetto in generale, c’è collaborazione tra lo sceneggiatore e il disegnatore: quanto è importante per te questo rapporto? In genere cercate di arrivare ad accordi comuni o preferisci lasciare allo sceneggiatore la trama e concentrarti principalmente sui disegni?
Nel fumetto popolare, come Disney, Bonelli o Marvel, si è legati alla serialità, ed il metodo di lavoro più comunemente utilizzato e quello a “compartimenti stagni”.
Per le redazioni è meno problematico perché sarebbe difficile gestire tutti i rapporti incrociati fra gli artisti. Una volta che un “passaggio creativo “viene approvato si passa a quello seguente. Però per fortuna non sempre è così, nella creazione di nuovi progetti (come PK o Darkenblot) uno stretto confronto creativo tra i due autori è fondamentale. Scrittore e Disegnatore lavorano e si rimpallano tra bozzetti e idee; è sicuramente la parte migliore del lavoro! Poi quando il progetto prende forma, viene il momento di confrontarsi con la redazione, la quale una volta visionato e, se va bene, approvato farà ripartire il tutto. Da qui in poi, se c’è un buon rapporto tra gli artisti, si continuerà a cesellare fino alla fine della storia …. Qualcuno anche oltre!!!
Scherzi a parte, questo metodo porta via un sacco di energie e tempo, e quindi non sempre è possibile urizzarlo per ogni storia. Di solito è più semplice lavorare in una serena consuetudine professionale.
I tuoi primi disegni e le tue prime storie risalgono al 1995. Ad oggi, ritieni che il tuo stile sia diverso?
Mi auguro di si, e spero sempre meglio!
Seriamente… Oggi sono più conscio dei miei limiti e dei miei gusti, anni fa invece mi lasciavo influenzare o cercavo di imitare lo stile di chi mi sembrava più bravo… Poi ho accettato il mio tratto ed ho cercato (e cerco tuttora) di acquisire una regia sempre più efficace, perché credo che a livello narrativo sia ancora più importante di un ottimo grafismo. Saper gestire l’armonia di una tavola, far capire i tempi ed il ritmo narrativo della storia, è questo che mi da più gusto oggi.
Quanto ritieni sia difficile diventare un fumettista professionista in Italia? Quali sono le tappe che consigli di percorrere?
È una domanda difficile a cui rispondere. Per alcuni potrà essere difficilissimo se non impossibile, per altri può essere una strada in discesa. Comunque dipende da molti fattori e tante variabili; talento, determinazione, fortuna e poi ancora oggi la distanza da dove tutto avviene, dalle case editrici, è fondamentale… I rapporti umani sono ancora molto importanti, e nessuna mail o skipe può sostituirli. Senza contare poi che ogni epoca ha le sue difficoltà, oggi ad esempio il livello professionale si è alzato tantissimo ed una buona scuola del fumetto può dare un grande aiuto per potersi presentare al meglio.
Quali sono le fasi attraverso le quali crei i tuoi fumetti? Qual è la più importante e quale ti sottrae maggiore tempo?
Di solito comincio con gli studi dei personaggi nuovi che troverò, per assere sicuri che non si trasformino per una disattenzione lungo la storia. Poi solitamente affronto direttamente il foglio bianco, salvo casi di eccezionale difficoltà, per la quale uso fare dei piccoli studi della grandezza di un francobollo, giusto per fissare le idee. Il lavoro più importante resta la scelta delle inquadrature, quello più faticoso per me è la parte dell’inchiostrazione, più tecnica e che richiede una maggior precisione…
In molte delle tue storie, come Darkenblot ma anche PK, si nota quanta attenzioni dedichi al design e in particolare sembri prediligere uno stile mecha-futuristico, è così? Sei dunque un appassionato di fantascienza?
Prediligo le storie a tema “fantastico” ma tra il genere fantasy e quello fantascientifico però preferisco il secondo, perché mi da la possibilità di sbizzarrirmi con il mecha-design.
Hai mai pensato ad iniziare una serie tutta tua? Se ipoteticamente dovessi crearne una avrebbe uno stile cartoonesco come le tue storie sul Topo o potrebbe attrarti l’idea di variare genere, magari quello da fumetto realistico?
Come tutti gli autori di fumetti, anch’io ho qualche “sogno mostruosamente proibito”. Mi piacerebbe creare qualcosa di completamente mio, e non è detto che prima o poi non lo faccia. Sullo stile, se sarà umoristico, realistico o grottesco non lo so, dipenderà dall’idea del momento, ma non mi porrò problemi in nessun caso.
Alex Falgiano