Miglior calciatore del Senegal, in lizza per essere nella top eleven UEFA 2018 e molto probabilmente uno dei prezzi più pregiati del prossimo mercato, Kalidou Koulibaly è diventato il simbolo dell’anti-razzismo in Italia. La mancata revoca del turno di squalifica dopo i fatti di San Siro, lo rende, inoltre, uno degli sportivi più chiacchierati di questo inizio 2019. La sua battaglia, appoggiata umanamente da tutti, non è stata, però, accolta dalla Giustizia Sportiva, che ha considerato l’applauso del senegalese, ricco di rabbia e frustrazione, come un gesto deprecabile e, di conseguenza, sanzionabile. Lo stesso Sandulli, presidente della Corte d’Appello Federale, pur consapevole delle motivazioni che hanno portato al gesto, come ammesso ai microfoni di Radio CRC, ha dovuto punire il senegalese, perché l’arbitro anche quando sbaglia, si sa, va rispettato. Ecco, dunque, la furia del Napoli che con le parole dei principali protagonisti di questa vicenda ha espresso tutto il sostegno a Kalidou e lo sconforto e lo sdegno per questa situazione. Una situazione, che, però, ha sollevato un polverone mediatico importantissimo, che si spera possa portare ad una soluzione e a punizioni severe per chi assume un atteggiamento del genere allo stadio.

Ecco, che, a questo punto, il sostegno a Kalidou diventa un vero e proprio simbolo dell’antirazzismo. L’Inter per sostegno al giocatore e per schernire gli autori di quel becero coro, ha fatto partire una grande campagna, stampando una maglia speciale in occasione della partita col Sassuolo, con una patch sulla manica con su scritto “Buu”, uno slogan che gioca con l’acronimo “Brothers Universally United”. Iniziativa accolta con piacere dalla piazza e che si è rivelata una conveniente operazione di marketing, visto che le maglie sono andate a ruba. Qualcuno si sta interrogando sul ruolo delle curve e se sia finalmente giunto il momento di eliminare la responsabilità oggettiva, a volte vera e propria arma di ricatto verso i club, in modo che chi sbagli venga punito individualmente. Il nome di Koulibaly diventa un vero e proprio slogan, contro il clima di violenza che si sta respirando in Italia e che sta portando riflessioni importanti, alcune inedite, nonostante i casi eclatanti del passato, come quelli di Zoro o Muntari. Intorno al senegalese non si stringe intorno solo il Napoli, ma una schiera di sportivi, che trovano firme celebri come CR7 o Salah, dirigenti di tutte le squadre e tutte le leghe e politici di ogni fazione.

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Qualcuno semplicemente vede in questi cori più che razzismo, il riconoscimento di potenza di un campione, che fa paura e, proprio per questo, secondo beceri ragionamenti, deve essere in qualche modo fermato. E allora ecco che “Koulibaly” diventa anche un’espressione antropologica: “Dove sta andando questa società? Cosa sta accadendo a questa Italia? Cosa sta diventando lo sport?”. L’avversario diventa nemico e deve essere colpito. Koulibaly rialzerà la testa e con quella realizzerà gol magnifici ed importantissimi, come quello dello Juventus Stadium di un anno fa, che a Napoli ancora ricordano con commozione. Ma a questi colpevoli cosa resterà? Koulibaly ha fatto capire all’Italia che servono cultura e apertura mentale, senza la quale lo sport non esiste e non può attuarsi. C’è bisogno di sport, di quello sano, di quello in cui si stende la mano all’avversario per complimentarsi e non per altri gesti che niente hanno a che fare con questo sport.

Se l’ignoranza l’attacca, l’intellighenzia del calcio lo segue con curiosità. A spaventare davvero i tifosi più che le offese, sono le offerte. Barcellona, Manchester United, PSG, Chelsea sono solo alcune delle squadre che recentemente sono state accostate al nome di Kalidou. Innamorati del suo strapotere fisico, della sua velocità e della sua calma, le ottime prestazioni al mondiale e in Champions League hanno fatto emergere un quesito ancora irrisolto: quanto costa Koulibaly? Probabilmente nemmeno ADL saprebbe rispondere considerando che continua a rifiutare proposte indecenti e a godersi ogni domenica le prestazioni del suo gigante, mentre Napoli, come la più affettuosa delle madri, continua a difendere e coccolare il suo nero, francese, senegalese e napoletano numero 26.

Fonte immagine in evidenza: xxi secolo

Giovanni Ruoppo

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