treni Salvini
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Forse un giorno sarà ricordato come colui che ha fatto anche cose buone. Anche se qualcosa ci dice che Salvini potrebbe essere meramente ricordato come colui che almeno i treni li faceva arrivare. Già, perché alla luce dei più recenti disagi che hanno portato la rete ferroviaria italiana ad adottare provvedimenti di sospensione della circolazione e di blocco delle partenze, l’ormai annoso problema della puntualità e dei ritardi dei treni potrebbe addirittura essere diventato secondario.

Da quando lo scorso ottobre il fantomatico e ignobile chiodo ha mandato in tilt l’intera rete ferroviaria italiana sono iniziati tre mesi di disagio quasi assoluto, fatti di guasti, incidenti, ritardi e cancellazioni varie. Si fa fatica a ricordare un periodo di tempo così lungo durante il quale si sono accumulati tanti problemi sulla linea ferroviaria. Problemi peraltro iniziati al termine di un’estate caratterizzata da vari interventi di manutenzione programmata che hanno portato a tempi di percorrenza più lunghi per i treni su gran parte della rete. Lavori di potenziamento delle infrastrutture, peraltro annunciati in pieno periodo estivo di ferie e a pochi giorni dall’inizio degli stessi e che, a quanto pare, per il momento non hanno portato grandi benefici.

Di fronte al continuo caos ferroviario, non si può ignorare come tutti gli indizi conducano alla figura del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini. Il quale, tuttavia, davanti al caos più totale che continua a colpire treni e migliaia di passeggeri ad essi collegati, in questi tre mesi è riuscito a far parlare di sé non tanto per le tollerabili spiegazioni rese, per i rimedi efficaci adottati o per eventuali assunzioni di responsabilità, ma piuttosto per l’utilizzo di giustificazioni improbabili, semplicistiche, quasi grottesche, e, più recentemente, per il suo silenzio totale. Dopo il già noto chiodo piazzato su un cavo da un operaio sbadato, il responsabile è stavolta stato individuato nel pantografo di un treno, da solo in grado di bloccare la circolazione e tale da indurre Trenitalia a consigliare di evitare spostamenti in treno e di riprogrammare viaggi rinviabili, in un comunicato che tanto sembra richiamare quelli annunciati in situazioni di guerra.

Per di più, di fronte agli ultimi disagi, Salvini ha addirittura scelto la via del silenzio. Nessuna dichiarazione ufficiale, nessun tweet, nessuna giustificazione. Giorni interi di silenzio assordante, intervallati da tweet su X riguardanti altre vicende, come se gli attacchi agli oppositori “rossi” meritassero più attenzione, fino alla sua ultima trovata: il complotto.

Ebbene, di fronte alla notizia di una catena da bici trovata su una linea elettrica e della forzatura di una centralina elettrica dei treni, il Capitano – al capo di un treno decisamente vicino al deragliamento – ha ritrovato il coraggio e la parola ed è tornato sulla scena invocando la teoria del complotto, lasciando intendere che dietro i vari incidenti sospetti potrebbe esserci la mano di qualcuno. Peraltro, il Ministro, in un goffo tentativo di strategia della paura, ha parlato di rivolta sociale. Rivolta che qualcuno, scontento della sua assoluzione nel processo Open Arms, starebbe cercando di mettere in atto con i più classici esempi pratici di rivoluzione e sommossa, come il lancio delle catene di bici o la forzatura delle centraline dei treni.

Insomma, se prima il tutto è stato ridotto ad un singolo evento o errore individuale, come se esso da solo bastasse per giustificare la paralisi del trasporto ferroviario e come se tutto non dipendesse dalla mancanza o quanto meno l’inefficienza dei sistemi di sicurezza e di backup in grado di rimediare ai possibili eventi avversi – eccezionali o meno che siano – adesso la strada scelta è quella della congiura. Come se non bastasse, nella più classica strategia dello scaricabarile, qualcuno tra le fila del suo partito ha persino addossato le colpe ai governi precedenti, dimenticando che LVI è a capo di quel Ministero da due anni e mezzo e che siamo ormai arrivati alla terza legge finanziaria del governo in carica.

La verità si racchiude in una semplice osservazione: la totale inadeguatezza di Salvini a presiedere il suo Ministero. A tal riguardo, appare quantomeno curioso, se non autoesplicativo, come di fronte al disastro della linea ferroviaria, Salvini non abbia minimamente menzionato soluzioni o strategie di lungo termine per migliorare una situazione che appare disastrosa agli occhi di tutti. Così come curioso è il fatto che Salvini abbia scelto, in un primo momento e nell’immediatezza, di non metterci la faccia, mandando Ciriani, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, a rispondere alle domande del question time; dopodiché, dopo aver avuto il tempo necessario per raccogliere elementi che potessero in qualche modo supportare una possibile teoria del complotto, a distanza di qualche giorno ha annunciato che avrebbe riferito in Parlamento sulle recenti vicende.

L’altra verità, quella veramente inaccettabile, se si mette da parte per un attimo l’inadeguatezza, che può semplicemente derivare da una incompetenza obiettiva di un individuo di fronte ad un determinato compito, è che a presiedere il Ministero dei Trasporti è una persona distratta da vicende ad esso completamente scollegate.

Innanzitutto, è ormai noto come da tempo Salvini accarezzi l’idea di cambiare Ministero per tornare al suo tanto amato Ministero dell’Interno, senza che tuttavia questa idea abbia ricevuto il benestare di Giorgia Meloni, la quale ha lasciato intendere come nessun cambio nella formazione di governo sia per il momento previsto. La miriade di post e di video – alquanto solenni – sul processo Open Arms hanno fatto trapelare la nostalgia del leader della Lega per il suo vecchio Ministero, dove ha senza dubbio lasciato una macchia, più che un’impronta, purtroppo difficile da dimenticare.

Dopodiché, è innegabile come la questione di Zaia e della sua ricandidatura in Veneto stia tormentando Salvini e agitando le acque nel suo partito. In assenza di una legge che permetta la ricandidatura per il terzo mandato, una mancata presentazione dell’attuale presidente del Veneto alle prossime elezioni regionali potrebbe far avanzare la sua figura all’interno della Lega e mettere in discussione la leadership di Salvini. Su questa vicenda in realtà Salvini è rimasto sinora in disparte, senza prendere parte al dibattito tra il Carroccio, che spinge per un terzo mandato di Zaia, e Fratelli d’Italia, che esclude una tale possibilità con la speranza di presentare invece un proprio candidato in una regione strategica come il Veneto.

Insomma, dopo tre mesi di giustificazioni semplicistiche, spiegazioni improbabili, silenzi e teorie del complotto, con in mezzo delicate vicende politiche che potrebbero impattare la futura carriera politica del suo titolare, si fa fatica a credere ad un possibile cambio di passo del Ministero dei Trasporti sulla questione dell’inefficienza del sistema ferroviario. Per utilizzare una parabola calcistica, di fronte a un Capitano che ha perso il controllo del suo treno, è più probabile, se non auspicabile, che si ricorra ad una sua sostituzione per il bene della squadra e forse dell’intero campionato.

Nel frattempo, mentre restano un mistero le misure proposte – ammesso che delle proposte esistano – per garantire il funzionamento efficace dell’intera infrastruttura ferroviaria e per rafforzare la capacità di intervento di fronte a eventuali guasti, incidenti e interruzioni del servizio, la speranza è che i treni tornino quantomeno ad arrivare, anche se non in orario. Chiedere anche quello sarebbe troppo.

Amedeo Polichetti

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