Siamo nel 1945: la seconda guerra mondiale incombe, l’uomo novecentesco è bombardato dalla violenza e dall’inettitudine sociale, colpito alle spalle da una borghesia menefreghista che non sa valutare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

Carlo Emilio Gadda, da scrittore nevrotico e disilluso, aveva solo un’arma per riordinare quel caos che sembrava dominare il mondo: la sua scrittura.

Ma la scrittura non può far altro che rispecchiare la realtà linguistica e non quella storica, quindi Gadda decise di utilizzare una gran varietà di dialetti, con l’aiuto di filologi e dialettofoni, dando vita ad un romanzo dal linguaggio eclettico.

“Quer pasticciaccio brutto de via Merulana nasce da un racconto giallo basato su un fatto di cronaca, edito nel 1946: dilatato fino a diventar romanzo, costituisce l’opera in cui si concentra il più grande messaggio dell’autore.

La scrittura doveva ordinare, migliorare la realtà, creare un cantuccio di salvezza in cui rifugiarsi, ma Gadda, nel bel mezzo del suo lavoro, si rese conto che in realtà non era riuscito nel suo intento. Era rimasto imprigionato in una matassa di cui non trovava il capo, con davanti un’opera che era specchio di quel pasticcio che è il mondo.

Il genere giallo doveva in qualche modo suggerire il bisogno di trovare un colpevole e quindi creare una netta divisione tra bene e male. Così, con il fare quasi illuminista di Sciacia, Gadda inizia un percorso ma che poi abbandona, sconfitto. La scrittura non salva, la brutalità del mondo contamina ogni cosa e quindi non gli restava altro da fare che lasciare il suo romanzo incompiuto.

Nessun assassino, nessun ladro, i due crimini consumati a Via Merulana non troveranno mai un capro epiatorio.

Il protaginista Don Cioccio Ingravallo è il commissario della Squadra mobile, l’alter ego del nostro autore, un paladino della giustizia che resterà invischiato nelle strane trame sociali. Inizialmente la scena si concentra su un furto di gioielli ai danni della signora Menegazzi, una donna vanitosa che abita accanto alla famiglia Balducci.

Liliana Balducci è davvero bella, simbolo di purezza in un mondo crudo e meschino. Vive con l’eterno senso di colpa di non poter aver figli, in una società in cui il fascismo promuove la procreazione come fosse uno slogan per la massificazione. Liliana è troppo pura per tutto questo, viene uccisa brutalmente e il suo corpo assume le sembianze di quel pasticcio che è il mondo. Bianca è la sua pelle, rosso il suo sangue, rosa le sfumature che creano i due contrasti. Ma proprio quel rosa, ultima luce di quell’oscurità storica, si spegne con lei. In uno degli ultimi interrogatori le mura della casa della servetta di Liliana, Assuntina, non sono più rosa: ora sono adombrati dalle scurrili voci di strani uomini; non c’è più salvezza.

Aleggia nell’intero romanzo anche il tema dell’opera “Eros e Priapo” che vede l’immagine di Mussolini come colui che riuscì a muovere le masse seducendole, grazie alla forza dell’eros, quell’eros che il misogino Gadda percepisce come unico mezzo d’attrazione per una donna. Così Liliana viene descritta come colei che forse ha accolto il suo assassino (quasi come se l’omicidio fosse stata una violenza sessuale) e la Menegazzi, dal suo canto, ha il terrore che il ladro possa entrare nella sua abitazione e violentarla. Le stesse indagini scoprono in Zamira (sarta promettente) una protettrice di prostitute.

In questo gran pasticcio che è il suo romanzo, Gadda pone al suo lettore numerose esche che tentano di precedere o riunire più elementi della vicenda, creando un filo unico, destinato a non avere una vera fine, ma a girare sempre su se stesso. Il verde ciuffo di spinaci che spicca sulla tovaglia bianca richiama la sciarpa verde del probabile ladro, i gioielli derubati alla Menegazzi ricordano l’anello di brillanti di Liliana ritrovato nelle tasche del cugino e quei topazi che nel sogno dell’agente Pestalozzi diventano topacci (seguendo una logica inconscia che rende le metafore concrete e quasi reali) o, ancora, la gallina prima in salute, poi malconcia, è espressione del deturpamento graduale avvenuto dopo la morte della protagonista.

Gadda gioca continuamente con i suoi lettori, rendendo questo processo pedagogico e di formazione. La sua stessa voce narrante è una pluralità di voci che per definirsi deve prendere in prestito il concetto di “polifonicità elaborata di Bachtin”. Viene poi spazzato via ogni nesso convenzionale tra argomento e stile: il tragico e il comico sono interconnessi.

Alessia Sicuro

Alessia Sicuro
Classe '95, ha conseguito una laurea magistrale in filologia moderna presso l'Università di Napoli Federico II. Dal 2022 è una docente di lettere e con costanza cerca di trasmettere ai suoi alunni l'amore per la conoscenza e la bellezza che solo un animo curioso può riuscire a carpire. Contestualmente, la scrittura si rivela una costante che riesce a far tenere insieme tutti i pezzi di una vita in formazione.

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