L’Europol ha avallato i pareri dei più scettici riguardo a quattro recenti attentati terroristici: Orlando, Magnanville, Nizza e Würzburg sono state ostaggio dei cosiddetti lupi solitari. L’ISIS nutre la loro rabbia, ne frantuma l’umanità e attende paziente la ricompensa.

L’analisi condotta dall’agenzia identifica negli attori solitari una delle tattiche favorite dello Stato Islamico e di al-Qaeda: tramite queste cellule, difatti, il terrore, la diffidenza e l’odio si diffondono con rapidità in tutta Europa, accrescendo in contemporanea l’insofferenza dei giovani musulmani residenti in Occidente nei riguardi di culture e società che sembrano rifiutarli.
Particolare rilevanza in tema di lupi solitari è assunta dalla propaganda jihadista tramite il canale social, in grado di azzerare le distanze ed esortare con un videomessaggio a prendere parte alla guerra – la campagna ai danni della vita umana invita i musulmani europei a lasciare le proprie città e unirsi concretamente allo Stato Islamico oppure a ordire un attentato.

A supportare l’ipotesi che le stragi citate siano opera di lupi solitari è la metodologia utilizzata dall’ISIS per rivendicarne la paternità. In queste occasioni, difatti, lo Stato Islamico, anziché sottolineare la presenza su territorio occidentale di membri inviati al fine di attaccare “il nemico”, ha semplicemente approvato le iniziative o rivendicato additando gli assassini quali “soldati del Califfato” – in entrambi i casi, sottolinea l’Europol, si è in presenza di fonti di informazioni incerte e rivendicazioni parziali, che nella loro dubbia attendibilità conducono a sposare l’ipotesi secondo cui l’ISIS avrebbe sfruttato queste azioni terroristiche di ispirazione jihadista per accrescere la paura e la sfiducia in Europa.

In tema di lupi solitari, stando all’analisi, assume particolare rilevanza la condizione psichica del soggetto: un individuo affetto da disturbi mentali avrebbe più possibilità di cadere vittima della propaganda messa in atto dai gruppi terroristici. Ciò dicendo, l’Europol non esclude l’importanza dell’ideologia insita nella jihad – e dunque non tralascia il movente religioso e culturale –, ma valuta quale elemento rilevante nel processo di radicalizzazione condizioni pregresse di instabilità e insoddisfazione.
In riferimento alla citata ideologia jihadista, chiarisce come questa consideri tutti i non credenti quali sostenitori della campagna globale contro l’Islam, pertanto meritevoli di persecuzione e morte.

L’ISIS, sfruttando ogni occasione ghiotta, incita e approva qualsiasi atto che leda i propri nemici e accresca in ognuno il timore che nessuna istituzione sia in grado di combattere il sedicente Stato Islamico. In tal senso, è addirittura probabile che l’attenzione con cui i mass media scandagliano ogni più piccolo dettaglio sia della vita che delle azioni criminali di un lupo solitario non faccia altro che contribuire all’intento del gruppo terroristico – ogni particolare, difatti, rischia di accrescere la paura e l’odio.

Un contesto dai contorni diversi è invece risultante dall’intervista esclusiva rilasciata da Harry Sarfo al New Tork Times, testimonianza che correda l’indagine condotta dalla giornalista Rukmini Callimachi.
Sarfo è un ex miliziano dello Stato Islamico attualmente recluso nel carcere di massima sicurezza nei pressi di Brema, in Germania. La sua testimonianza non solo spiega cosa lo abbia convinto a pentirsi della propria scelta, ma descrive un gruppo terroristico organizzato e sofisticato, dove ogni azione è ragionata e pianificata.

Raggiunto il confine turco-siriano, racconta Sarfo, gli viene comunicato in che modo potrà rendersi utile alla jihad: tornando in Germania come cellula pronta ad agire – «Loro vogliono fare un mucchio di attacchi contemporanei in Inghilterra, Germania e Francia» –, poiché nella nazione tedesca, così come nel Regno Unito, i militanti disposti a passare all’azione sono pochi. Una situazione diversa caratterizza la Francia, dove gli viene riferito che non mancano gli infiltrati jihadisti – informazione di cui entra in possesso prima del novembre 2015.

L’esperienza descritta dall’ex combattente denuncia duri addestramenti, coordinazione massima tra i vari militanti e sofisticati strumenti di radicalizzazione e propaganda.

In particolare, ad emergere come aspetto più che importante dall’intero reportage del New York Times, e dunque dalla documentazione consultata unita alla testimonianza di Sarfo, è il ruolo assunto dalla Emni, vale a dire l’unità di intelligence dello Stato Islamico, guidata probabilmente da al-Adnani, cui farebbero capo sezioni tese a curare gli affari europei, arabi e asiatici. Dalla Emni dipenderebbe l’intera gestione delle milizie: reclutamento, addestramento e “smistamento” nelle varie aree di interesse.

Riguardo a quelli etichettati dall’Occidente come attori o lupi solitari, Sarfo ipotizza che il legame tra questi ultimi e l’ISIS non si limiti all’ispirazione o a una rapida e superficiale radicalizzazione: a suo avviso, è possibile che questi soggetti facciano riferimento a intermediari dello Stato Islamico, presenti in Europa allo scopo di identificare aspiranti jihadisti e rendere loro tutte le informazioni necessarie per pianificare e mettere in atto un attentato – niente lupi solitari, dunque, bensì un branco ben organizzato che appaia meno coordinato di quanto lo sia in realtà: una tattica su cui, come rilevato anche dall’Europol, l’ISIS sembra investire molte energie.

Rosa Ciglio

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.