Secondo la legge n. 185 del 9 luglio 1990, «l’esportazione ed il transito di materiali di armamento sono vietati verso i Paesi in stato di conflitto armato».

Ciononostante, l’export bellico italiano è in crescita (+197,4% nel 2015) ed è spesso destinato ai Paesi in stato di conflitto. Un esempio è l’Arabia Saudita, Paese che viola i diritti umani e in stato di guerra con lo Yemen. Una guerra che, secondo l’ONG Oxfam, ha già causato tra i civili 3.980 morti e 6.900 feriti. L’ultimo raid aereo saudita in Yemen ha causato, il 9 ottobre, oltre 160 morti e 600 feriti.

Esattamente un anno fa, l’Italia faceva partire un carico di bombe destinate all’Arabia Saudita da Cagliari. Partendo da questo episodio la procura di Brescia ha aperto un fascicolo sull’ipotesi di violazione della legge 185. Al momento non ci sono indagati, ma la Rete Italiana per il Disarmo, che da mesi lavora e indaga sulla vicenda, si è messa a disposizione per collaborare.

Nei giorni dell’apertura del fascicolo, il Ministro della Difesa, Roberta Pinotti, si trovava proprio in Arabia Saudita, dove è stata ricevuta dal Re e dal Principe ereditario e ministro della Difesa, che guida la guerra nello Yemen e in Siria.

Secondo Tactical Report:

«Vi sarebbero stati “contratti navali” che, trattandosi di ministri della Difesa, è da ritenere siano di tipo militare. Si comprende così chiaramente la ragione della presenza nella delegazione italiana del Segretario Generale della Difesa e Direttore Nazionale degli Armamenti, il Generale di Squadra Aerea Carlo Magrassi».

Bombardamento nello Yemen, 2015
Bombardamento nello Yemen, 2015

Dopo l’esplosione del caso, il Ministero della Difesa fa sapere tramite Twitter di essere «pronto a querelare chi diffonde falsità». L’avvertimento è da riferirsi a chi ha richiesto chiarimenti sulla vicenda. Dell’episodio si sono occupati infatti, oltre alla stessa Rete Italiana per il Disarmo, anche Amnesty International, il Fatto Quotidiano (alla quale la Pinotti risponde che l’export non è di competenza della Difesa ma degli Esteri) e Possibile, che ha posto 8 domande al Ministro Pinotti e al Ministro degli Esteri Gentiloni e depositato un’interrogazione dal titolo “Cosa ci fa la Ministra Pinotti in Arabia Saudita”.

In un comunicato, la Pinotti si è mostrata comunque soddisfatta per i rapporti tra Italia e Arabia Saudita:

«L’Italia guarda con grande interesse al ruolo dell’Arabia Saudita, per la stabilità della regione, e al rafforzamento dei rapporti bilaterali tra i due Paesi», con riferimento alla «situazione internazionale e regionale e sui rischi legati al terrorismo e all’estremismo. Nel rammentare gli ottimi rapporti tra Italia e Arabia Saudita e le recenti visite istituzionali del Presidente del Consiglio e del Ministro degli Esteri, sono state discusse le possibili aree di collaborazione con il nostro paese. Durante il colloquio è emersa l’esigenza comune di assicurare la stabilità alle regioni del Medio Oriente e del Nord Africa allo scopo garantire alle popolazioni di queste regioni pace e sicurezza e favorire lo sviluppo economico e sociale».

Con il Principe ereditario, che gestisce i bombardamenti nello Yemen, si sarebbe discusso:

«dello sviluppo della cooperazione bilaterale con un focus particolare sui settori della formazione e dell’addestramento militare. La conversazione ha toccato, inoltre, l’analisi politico strategica e gli sviluppi della situazione nella regione, i rischi di instabilità e terrorismo. Tra i temi trattati anche l’impegno dell’Italia in Libia e nel contrasto alle attività illegali di traffico di esseri umani nel Mediterraneo».

L’episodio dell’Arabia Saudita si pone in un’ottica più ampia di investimenti nel settore bellico, promossi a livello nazionale ed europeo. A Bruxelles è infatti in discussione un programma di sussidi da 3 miliardi e 500 milioni di euro per la ricerca nel settore della difesa, chiamato “Preparatory action on defence research” . Il piano è stato scritto da un gruppo di persone di cui oltre la metà appartiene all’industria delle armi. Secondo le parole di Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo, si tratta di un chiaro conflitto di interessi, in quanto «l’industria degli armamenti sta consigliando la Ue di iniziare a fornire fondi e sussidi a se stessa». Inoltre, pur essendo ufficialmente un programma di difesa e di sviluppo tecnologico, il vero scopo del piano sarebbe rendere competitive le industrie belliche europee, non disdegnando il commercio con Paesi in stato di guerra, come nel caso dell’Arabia Saudita.

Carro armato "Centauro 2"
Carro armato “Centauro 2”

Sempre in quest’ottica si pongono i due programmi che la Pinotti ha recentemente sottoposto al parere del Parlamento. Il primo riguarda l’acquisto di 50 carri armati “Centauro 2” supercorazzati, per una spesa di 530 milioni di euro, a carico del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero della Difesa. Questo acquisto rappresenterebbe, però, solo una prima tranche di una serie che dovrebbe portare all’acquisto di 136-150 unità (per una spesa di circa 1,5 miliardi).

Un "Mangusta" di produzione italiana.
Un “Mangusta” di produzione italiana.

Il secondo programma riguarda l’acquisto 3 prototipi di elicotteri dotati di missili, razzi e cannoni, per una spesa di 487 milioni di euro. Questi mezzi andrebbero ad aggiungersi agli altri acquistati negli ultimi cinque anni, venduti solo in minima parte e perlopiù diventati fonte di pezzi di ricambio o lasciati ad arrugginire. Per la Ministra Pinotti: «la produzione estensiva di sistemi per il cliente nazionale è il prerequisito di referenza indispensabile ad ogni opportunità di vendita all’estero» e «lo sviluppo del nuovo velivolo collocherebbe l’industria nazionale in posizione di vantaggio sul mercato internazionale in una finestra temporale nell’ambito della quale potrebbero essere concretizzate ottime opportunità di collaborazione e/o vendita», come nel caso dell’AW-129 Mangusta, venduto poi alla Turchia di Erdoğan. Il governo turco lo sta utilizzando per attaccare i curdi, come riportato da Milex.

In barba ai diritti umani e agli ideali di pace sui quali si fondano, l’Italia e l’Unione Europea sviluppano un’industria bellica che, per il solo profitto, sembra armare anche i Paesi più sanguinari. Ci troviamo dinanzi ad un ulteriore e terribile sintomo della progressiva opera di restringimento degli spazi di democrazia e smantellamento della sovranità popolare.

Pietro Marino

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