Il 5 dicembre, conosciuto l’esito del referendum costituzionale, inizieranno gli interrogativi sulla politica nazionale.
Gli scenari generalmente delineati sono principalmente due: con la vittoria del Sì ci sarebbe un rafforzamento del governo Renzi e si arriverebbe, di conseguenza, fino alla fine della legislatura; con la vittoria del No il premier rassegnerebbe le dimissioni.
I sostenitori del Sì e parte della stampa, della politica e della finanza internazionale (Financial Times, Unione Europea, Goldman Sachs) ritengono disastrosa la seconda ipotesi, in quanto fattore di instabilità politica ed economica – con annessi crolli di 8 grandi banche tra le quali MPS. Renzi ha, inoltre, promesso un aumento delle pensioni minime di 30-50€, il taglio di IRPEF agricola e IRES e interventi sull’IVA, a partire dal 6 dicembre – all’indomani dell’esito referendario –, annunciando, nella stessa occasione, che tali manovre risulterebbero più facili con la vittoria del Sì, che significherebbe un’Italia più stabile, forte e sicura.
L’Unione Europea e il Presidente della Repubblica, inoltre, ritengono che Renzi debba proseguire il mandato anche in caso di sconfitta, in quanto presidente di un esecutivo e non di un’assemblea costituente. Il voto referendario, però, si è caricato anche di significati politici e il premier risulterebbe, in caso di sconfitta, un premier “azzoppato”.
Un’ipotesi presa raramente in considerazione è quella delle dimissioni di Matteo Renzi anche nel caso di vittoria del referendum costituzionale e di elezioni con un Italicum modificato.
Con la vittoria del Sì, infatti, l’attuale maggioranza risulterebbe rafforzata e pronta per la sfida elettorale. Il nuovo sistema elettorale prevederebbe un sistema metà proporzionale e metà basato sui collegi uninominali, con premio di maggioranza al 15% alla prima lista o coalizione. Ciò consentirebbe la composizione della coalizione di centrodestra e del “grande centro” renziano – PD, NCD, UDC, ALA e la componente vicina a Pisapia e Zedda di SI-SEL –, senza dover utilizzare il metodo del “listone” (unico simbolo per uno schieramento di forze diverse sulla scheda) per la parte proporzionale.
Michele Ainis è tra coloro i quali si dicono certi del voto elettorale in primavera comunque vada il referendum.
Si dichiara, inoltre, convinto di una modifica dell’Italicum in quanto è una legge elettorale valida solo per la Camera: in caso di vittoria del Sì, bisognerebbe modificare i punti riguardanti ballottaggio e premio di maggioranza; in caso di vittoria del No, bisognerebbe riscriverla inserendo il metodo di elezione diretta dei senatori.
Pietro Marino