Alba de Céspedes
Alba de Céspedes

Alba de Céspedes è stata un’autrice eclettica: dal cinema alla poesia al teatro al romanzo, la sua voce ha donato al panorama culturale dell’Italia del dopoguerra la forza del contraddittorio e di un punto di vista oppositivo. Alba, il cui nome completo era Alba Carla Lauritai de Céspedes y Bertini, era la figlia dell’ambasciatore di Cuba in Italia, poi divenuto Presidente, e nipote del Primo presidente in armi dell’isola, ucciso dai militari colonialisti spagnoli nel 1874. Tale eredità le ribolliva nel sangue.

Già arrestata nel 1935 per le sue idee antifasciste, e forte di una vita costruita su viaggi e interessi culturali, il 23 settembre del 1943 era fuggita da Roma con il suo compagno, Franco Bounous, diplomatico al ministero degli Esteri. Si rifugiarono in una stalla di Torricella, in Abruzzo, e qui trascorsero un autunno angosciante, costretti a guardarsi le spalle dalle retate naziste, sempre più vicine. Il 20 novembre si decisero a passare la linea del fronte per raggiungere la zona libera. Dal primo dicembre De Céspedes ritorna a dedicarsi alla scrittura e alla divulgazione, per la prima volta trascinandosi fuori dal recinto protetto della letteratura e prestando se stessa all’urgenza della Storia: per Radio Bari dirige la trasmissione “Italia combatte” destinata ai partigiani e all’Italia occupata e inizia a scrivere su “Mercurio – il mensile di politica, arte, scienze” da lei ideato e diretto.

Nel luglio del 1945, presso la casa di via Eleonora Duse ai Parioli, Alba de Céspedes appare disillusa, frantumata, ma fortificata da un’orgogliosa consapevolezza intellettuale che la riparava dai cedimenti sentimentali. Le seconde nozze con Franco Bounous sono state un colpo mal assestato: anche lui, a dispetto delle apparenze, si rivelò un narcisista egoriferito e indifferente ai bisogni delle donne; anche lui si aggrappa caparbiamente all’idea di società patriarcale che lo ha cresciuto e nutrito e si ostina a voler continuare a perpetuarla.

Dalla parte di lei

Alba reagisce a queste soffocanti catene e nel 1949 scrive “Dalla parte di lei“. Il tema della resistenza partigiana si intreccia indissolubilmente con quello della resistenza della donna in un clima per lei velenoso e asfissiante. Si tratta di un audace esperimento di contaminazione di generi letterari (diario, novella naturalistica, romanzo psicologico, racconto lungo neorealista, riflessione metaletteraria sulla scrittura) ed è un manifesto radicale, appena ammorbidito da stracci di trama. Il titolo in sé sembra anticipare un contenuto difensivo, indirizzato a un lettore-giudice pronto a registrare la confessione dell’atroce crimine della narratrice (Alessandra). Ma lei non vuole difendersi nel giudizio in tribunale e non riporta una cronaca di un tragico avvenimento; con il suo tono pungente scrive una requisitoria non a una donna assassina del marito, ma alla sua autrice (cui fa da specchio), alla società e all’Italia in cui è vissuta.

Dalla parte di lei è un romanzo di formazione che vede Alessandra vivere un suo primo idillio con la sua più grande eroina, la mamma Eleonora, una pianista colta e raffinata sebbene costretta allo squallore della routine domestica a cui la costringeva il marito, un impiegato statale privo di bellezza e di aspirazioni:

«La nostra felice intimità d’improvviso fu interrotta dalla voce di mio padre che veniva dalla stanza da pranzo. Era una voce che aveva mani enormi e folto pelo nero, la voce degli orchi nelle favole».

Strappatele le ali e il vigore da un marito che voleva privarla anche della musica, Eleonora assume le connotazioni di un’Ofelia contemporanea: sceglie la via del suicidio, si lascia annegare e abbandona la sua Alessandra in un mondo che non può ammorbidirsi con i sogni. Privata di un punto di riferimento femminile, Alessandra venne condotta presso il casamento umbertino di via Paolo Emilio, dove soggiornavano le sue zie, sotto il matriarcato di sua nonna. Approfitta di questa svolta di trama per raccontare l’esistenza angusta delle donne del novecento e gli spazi circoscritti e ristretti che erano costrette a occupare.

«Oh zia Violante, ti prego, ti supplico, fammi studiare, non devi impedirmelo –
– Io? Io no, Alessandra. Bisognerà che tu lo voglia, hai capito? Tu stessa. È difficile difendersi. C’è qualcosa di così assopente nel ritmo della vita di ogni giorno che man mano, senza volerlo, siamo prese. E non c’è tempo, non c’è mai tempo per nulla. Vedi? È già l’ora del rosario.
»

I rituali, le preghiere, le pulizie, fagocitano la vita delle donne che, terminata la giornata, non hanno che un pugno di mosche. Insoddisfatte, imprigionate in mansioni meccaniche, fredde e inconcludenti, vuote e stanche, nervose e oppresse, sono pentole a pressione, pronte a esplodere al minimo tocco. Gli uomini non comprendono questa stanchezza che è tutta femminile, fingono di ascoltare o peggio costringono la propria moglie a non parlarne. Alba de Céspedes coglie uno sguardo mortificato più che dolente in coloro che erano presenti ai funerali di Eleonora: dai loro occhi trapela lo sgomento per quegli atti sconsiderati che le donne compiono all’improvviso e dei quali essi confusamente intuiscono d’essere la causa. La violenza di queste subitanee ribellioni li sbigottisce perché sono convinti che basti il richiamo di un bambino, la presenza di un estraneo o un vestito nuovo a consolare le loro compagne.

Il campo di battaglia

Consapevole di queste verità, Alessandra si promette di bastarsi, di dedicarsi alla letteratura e alla politica, di vivere sola e indipendente, ma crescendo si innamora di Francesco.

Francesco è un partigiano e la sua intelligenza viva e il suo coraggio la seducono e la legano indissolubilmente a lui. Ma Alba de Céspedes contamina il suo romanzo con la sua vita privata: gli uomini sono tutti uguali e Francesco, una volta messo al dito l’anello nuziale, smette di comunicare, pretende una moglie dedita al focolare domestico, non crede nella forza delle idee antifasciste di Alessandra, diventa egocentrico e svogliatamente accondiscendente. Alba descrive il letto nuziale come un campo di battaglia. Esso è luogo di dolori, di costrizioni, di prevaricazioni e, terminato il rituale serale, di separazione: Francesco si accuccia di lato, dando le spalle alla consorte e questa posizione supina è come un muro, una trincea, a morirne è l’umanità.

Eleonora ha lasciato in eredità alla figlia il romanzo di Madame Bovary sottolineato dei passi che rivelavano impulsi e sentimenti dei quali non avrebbe mai avuto il coraggio di parlare. Per questo motivo alla sua pubblicazione, Dalla parte di lei venne considerato una “rivincita di Emma Bovary”, ma questo romanzo è molto di più. Se Flaubert aveva prefabbricato la sua eroina, da uomo che guarda le donne con circospezione, l’imprevisto delitto che compirà la protagonista della De Céspedes parve ad Arnoldo Mondadori prima (e ai restanti uomini della critica, dopo) gratuito e incomprensibile.

Alba de Céspedes scrive infatti di una donna che, ribellandosi allo squallore delle convivenze coniugali, vuole comunicare esasperazione e stanchezza: in un mondo in cui la lotta partigiana ti fa sentire viva e parte di un meccanismo più grande, non è concepibile essere svilita tra le mura domestiche. Il colpo di pistola finale non è altro che la reazione violenta e impulsiva a una vita di lingue morse e silenzi strozzati. Solo un uomo non può cogliere la stanchezza di un’esistenza che si dirama sotto la sua ombra.

Alessia Sicuro

Laureata in lettere moderne, ha in seguito ha conseguito una laurea magistrale alla facoltà di filologia moderna dell'università Federico II. Ha sempre voluto avere una visione a 360 gradi di tutte le cose: accortasi che la gente preferisce bendarsi invece di scoprire e affrontare questa società, brama ancora di tappezzare il mondo coi propri sogni nel cassetto. Vorrebbe indossare scarpe di cemento per non volar sempre con la fantasia, rintagliarsi le sue ali di carta per dimostrare, un giorno, che questa gioventù vale!

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