È cominciata ufficialmente la campagna elettorale del Front National di Marine Le Pen in vista delle elezioni presidenziali francesi del prossimo aprile.

“Au nom du Peuple”. In nome del Popolo. Così è stata denominata la convention del partito populista francese, che ha incontrato i propri elettori a Lione, lo scorso 4 e 5 febbraio, per lanciare definitivamente la corsa di Marine Le Pen all’Eliseo.

Tricolori francesi in bella mostra, sia sul palco e sia tra la platea, la rosa blu affissa sul cuore della leader – simbolo sintesi tra il socialismo e il colore della destra ideologica –, niente più emblemi classici del Front National, ossia logo del partito e fiamma tricolore, e poi…

Au nom du Peuple, così si chiude anche il video ufficiale della propaganda (visionabile in alto), un richiamo costante e imperterrito al popolo francese nella dialettica marinista. Uno slogan che nulla ha a che fare con l’estrema destra francese, ma che rimanda emotivamente alla Costituzione del 1793, in cui il principio di sovranità popolare e di governo del popolo, dal popolo e per il popolo ha rovesciato radicalmente il sistema sociale e politico dell’assolutismo monarchico.

Già, nessun richiamo alla destra radicale e nemmeno al padre Jean-Marie Le Pen, ex leader storico del partito, espulso dalla stessa figlia per aver pronunciato pubblicamente frasi poco piacevoli sugli ebrei e sui campi di concentramento, non condivise da Marine o semplicemente non conformi alla strategia comunicativa da seguire.

Marine Le Pen partito Front National Eliseo

Ma quale sarebbe, allora, la strategia comunicativa del nuovo Front National?

Marine Le Pen, nel momento in cui è divenuta leader del partito, nel 2011, ha dato avvio a un importante processo di dédiabolisation (ossia de-demonizzazione). Tale processo non è stato altro che un percorso di modernizzazione del partito frontista, affinché potesse divenire un attore credibile all’interno dello scenario politico francese, o semplicemente un “partito mainstream”, cioè accessibile alla massa ideologicamente mescolata, più che ai fanatici destrorsi.

Così Marine Le Pen ha cercato di offrire un’immagine più repubblicana del suo partito, integrando nella propria dialettica spunti tematici appartenenti sia alla destra che alla sinistra francese. Ha imposto di abbandonare, innanzitutto, atteggiamenti eccessivamente estremisti (da qui l’espulsione del padre), di moderare i toni e, in particolare, di mobilitarsi contro le élite francesi dominanti, attraverso una retorica visibilmente populista. Ma oltre a ciò, ha anche introdotto temi esclusivamente di sinistra che vedremo tra poco.

Oggi, dati alla mano, si scopre che l’elettorato di Marine Le Pen è composto principalmente da: cittadini con un basso livello di istruzione e che nutrono poca fiducia nelle istituzioni democratiche (in particolare operai); giovani attratti dallo spirito di rinnovamento subito dal partito, e, infine, soprattutto una notevole componente di donne, che mitizzano Marine Le Pen, vista come una sorta di Giovanna d’Arco, altro emblema classico del partito frontista, patriota e difenditrice della cultura francese.

Marine Le Pen partito Front National Eliseo
Le bandiere nella sala della convention non presentano alcun riferimento al partito ma esclusivamente alla leader candidata alle prossime elezioni presidenziali.

Ecco perché, allora, a Lione, Marine Le Pen ha accentrato l’attenzione su se stessa e sul popolo francese, protagonista numero uno della propaganda marinista. Ma soprattutto ha annientato nell’immaginario del partito e del suo elettorato la distinzione tra “destra” e “sinistra”, riprendendo – in tal caso, sì – un ex slogan lepenista: “Ni droite, ni gauche: français!”

Né destra, né sinistra, ma solo la Francia e i francesi. Nel suo discorso, a tal proposito, Marine parla di una nuova distinzione ideologica: patriottismo da un lato, mondialismo dall’altro. Lo spirito patriota è ciò che resta da salvare, la globalizzazione è ciò che bisogna sconfiggere. Inoltre, distingue tra: un mondialismo basso, costituito dall’immigrazione incessante e dal nemico numero uno della Francia, ossia il fondamentalismo islamico; un mondialismo alto, rappresentato dalla dittatura economica e finanziaria degli eurocrati di Bruxelles.

Ed ecco che arriva a presentare il suo programma, costituito concretamente da un totale di 144 misure, presentato in maniera molto sintetica, esponendo i punti tematici che più di altri avranno avuto il potenziale emotivo al fine di ottenere la giusta attenzione elettorale. Riportiamo, di seguito, i punti più salienti.

Innanzitutto la classica polemica contro la comunità e la moneta unica europee, su cui la leader frontista ha proposto un referendum – la Frexit –, se dovesse vincere le elezioni, e il ritorno ad una moneta nazionale. «Rimanendo nell’euro si paralizza la nostra economia», ha affermato la leader frontista.

Poi non poteva mancare il tema della sicurezza nazionale che, seppur teso ad accontentare la componente estremista presente all’interno del Front National, ha visto abbandonare i toni forti nelle parole di Marine, la quale si è limitata ad auspicare l’espulsione dei criminali stranieri e a chiarire che «coloro che sono venuti in Francia l’hanno fatto per trovare la Francia, non per trasformarla a immagine del loro paese» e che «se invece vogliono vivere come a casa loro, è sufficiente che restino a casa loro».

Altra questione è quella relativa al concetto di preferenza nazionale, secondo cui bisognerebbe dare priorità all’occupazione di cittadini esclusivamente francesi. Anzi, addirittura Marine ha proposto di impostare una tassa sull’assunzione di cittadini stranieri, in modo da creare un fondo da destinare ai disoccupati francesi in difficoltà. Proprio su questo punto, la leader populista ha proposto un nuovo referendum costituzionale.

Infine, da evidenziare è anche la critica alla NATO e l’apertura a un possibile recesso dei trattati, perché «la Francia non deve combattere le guerre degli altri».

Ma quali sono, dunque, i temi che Marine Le Pen ha tolto alla sinistra?

Principalmente il tema della disuguaglianza sociale ed economica, rielaborato, però, in un’ottica di contrapposizione tra il popolo – umiliato, offeso, depauperato – e le élite economiche e politiche (dai partiti tradizionali francesi a quelli continentali), considerate austere e dittatoriali.

Da qui il riferimento alla difesa dei principi fondanti del regime democratico – di cui già si è parlato in precedenza – secondo cui la sovranità è esclusivamente del popolo e non dei tecnocrati europeisti, appropriatisi della sovranità politica ed economica della Francia.

Cavalcando l’onda, quindi, della crisi economica e sociale, il Front National di Marine Le Pen è riuscito ad aprire un varco in quella fetta maggioritaria di elettorato colpito dal malcontento odierno. In che modo? Stando dalla parte dei deboli, degli oppressi, degli emarginati sociali, contro coloro considerati come “usurpatori” dei diritti economici e sociali.

Ecco spiegato, allora, l’interesse dei lavoratori medi, in primis gli operai, che vedono nel Front National ciò che non riescono più ad ottenere dalla retorica progressista, incarnata in questo giro elettivo dal più liberale dei socialisti, Emmanuel Macron, fondatore e candidato del nuovo partito “En Marche!”, nonché avversario numero uno di Marine Le Pen.

Marine Le Pen partito Front National Eliseo Infatti, secondo gli ultimi sondaggi di OpinionWay, la leader frontista vincerebbe il primo turno con il 24% del consenso, staccando Macron di quattro punti, che si fermerebbe, quindi al 21%. Ciò nonostante – ma il sistema elettorale francese ci ha abituato a dinamiche del genere – al ballottaggio tra i due, il candidato liberale dominerebbe la competizione raggiungendo il 65% dei voti (tra i quali confluirebbero sicuramente anche quelli del Parti Socialiste e di una parte della destra conservatrice), relegando Marine Le Pen al 35% del consenso.

Scenario questo che testimonierebbe come, nel resto della Francia, il Front National di Marine Le Pen sia considerato ancora un partito estremista, a tal punto da non preferirlo al secondo turno, ma che, tutto sommato, continuerebbe ad ottenere maggioranze relative ad ogni occasione. Effetto Trump permettendo, ovviamente.

Andrea Palumbo

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