Ghost in the Shell, il live-action del fortunato anime di Mamoru Oshii e del manga di Masamune Shirow, approda nelle sale di tutto il mondo in salsa tipicamente occidentale.

Un’opera di ri-mediazione e di trapianto culturale rischiosa, perché si sa, i codici dei grandi blockbuster hollywoodiani mal si sposano con lo spirito orientale, animistico e decadente, di alcune opere della tradizione.

Nel caso di Ghost in the Shell, la questione è ancor più delicata, in quanto il cyberpunk, come genere prima letterario e poi cinematografico, è già nelle premesse un genere cupo e decadente, dove il futuro – questo parossisticamente informatizzato e cibernetico – è visto in maniera sempre meno immaginativa, come scarto e residuo di quel futuro agognato e teorizzato dagli stolti ottimisti registi, figli della cultura industriale.

E quindi siamo qui, a parlare di un film dall’ambientazione cazzuta e suggestiva. Un film dai temi bioetici potenzialmente fecondi (come l’ibridazione uomo-macchina, la conservazione della coscienza, la questione identitaria..) e con dei protagonisti come mai in parte. Cavare un prodotto insoddisfacente doveva essere abbastanza complicato. E invece, anche stavolta, i simpaticoni produttori di Hollywood non si sono smentiti.

ghost in the shell johansson

Ghost in the Shell è infatti, un centrifugato asfittico e senza originalità di tutti gli stilemi del genere cyberpunk, con citazioni disseminate qua e la tratte dai vari capolavori del genere (vedasi Blade Runner). Ma il resto? Non ha molto altro da dire. Il film non presenta la carica erotica nell’ibridazione uomo-macchina di Crash di Cronenberg (che cyberpunk non era, e vabbè), non presenta l’azione e le intuizione narrative di Matrix, ne l’atmosfera opprimente e angosciosa di Blade Runner (salvo la scenografia, di chiara ispirazione).

Insomma, vuole essere tutto ma non è niente.

La diegesi della narrazione è sicuramente solida grazie ad una sceneggiatura asciutta, ma priva di sussulti e fin troppo scontata nella sua evoluzione. Non che ci si voglia accanire, ma hanno semplificato all’ennesima potenza la trama dall’anime, spogliandola di tutti quegli spunti interessanti e le riflessioni esistenziali che essa innescava.

Altro problema, come accennato qualche riga fa, è la quantità di temi solo abbozzati, che poi non sarebbe il vizio più grave, visto la durata di una pellicola di appena due ore che rende difficile trattare esaustivamente certi  argomenti. Ma questa scelta, in origine legittima, stride terribilmente con gli spiegoni inutili della prima mezz’ora dove, invece, si poteva lasciar più spazio all’immaginazione e al sottointeso.

ghost johansson

Di contro, è apprezzabile l’ambientazione destrutturata del Giappone futuristico, costellata da ologrammi e luci al neon, così come l’atmosfera elegiaca che pervade il film nella sua interezza. Anche Scarlett Johansson è stata una piacevole sorpresa. L’attrice non sarà la migliore interprete di Hollywood, o la più espressiva, ma è ormai chiaro che la sua impeccabilità estetica la rende icastica per tutti quei film fantascientifici che vedono protagonisti macchine e/o umanoidi sintetici creati a tavolino (difatti non è il primo film in cui interpreta un personaggio simile).
Buono anche il design del computer, e gli effetti speciali generali anche se su questi ultimi si poteva (e doveva) osare di più visto il budget a disposizione.

In sintesi, Ghost in the Shell riprende gli stilemi chiave del cyberpunk, cercando di ricavarne e ribadirne i topos conseguenti, ma lo fa con una mancanza di originalità e con un sciatteria tutt’altro che incontestabile.

Insomma, siamo di fronte ad uno shell senza ghost?

Enrico Ciccarelli

1 commento

  1. Sono d’accordo in parte.
    A livello di narrazione, la struttura è piuttosto semplice, a riprendere i cliché di come si evolve una storia “banale”.
    L’evoluzione dei personaggi è relegata al personaggio di Scarlett Johansson, ed in misura marginale ai personaggi di Kuze e di Batou.
    Non certo la miglior interpretazione di Juliette Binoche.
    Ottimi invece gli spunti etici e filosofici.
    Tempi del film assolutamente da rivedere.
    L’insieme di tempi e “core” filosofico ha reso il film complicato per tanti dei ragazzi che l’hanno visto in sala con me.
    Mi ripeto, ma senza la parte filosofica che tira su il prodotto di parecchio probabilmente questo film sarebbe da 3/10.

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