Il fotoreporter statunitense Luke Somers e l’insegnante sudafricano Pierre Korkie sono stati uccisi questa mattina dai loro rapitori prima di poter essere liberati. L’operazione di salvataggio era stata pianificata dagli Stati Uniti con la collaborazione dello Yemen; nel programma era previsto anche un bombardamento aereo. L’attacco è stato lanciato stamane all’alba nel sud-est del paese, nella provincia del Noussab, una delle roccaforti dei ribelli yemeniti, e ha causato circa dieci morti. A dichiarare la morte di Somers è stata la sorella Lucy, che ha appreso la notizia da alcuni agenti dell’FBI. Inizialmente, il ministero della difesa yemenita aveva annunciato l’avvenuta liberazione dell’ostaggio, ma le sue parole sono subito state smentite da fonti americane. Giovedì scorso l’Aqap, il ramo yemenita-saudita di al Qaeda, ha pubblicato un video in cui un comandante locale, Nasser bin Ali al-Ansi, ha criticato duramente gli USA per aver commesso «crimini contro i musulmani» commessi «con i suoi aerei e i suoi droni» in Medio Oriente e nello Yemen. Alla dichiarazione è seguito un drammatico appello di Somers che chiedeva aiuto perché la sua vita era in pericolo.
Gli Stati Uniti, dice il Pentagano, già avevano cercato di salvare Somers, ma la missione era fallita. Barack Obama ha spiegato di aver ordinato il raid aereo solo dopo aver appreso dalle forze di sicurezza yemenite l’intenzione di al-Qaeda di uccidere oggi il giornalista; i militari, inoltre, erano stati autorizzati a mettere in salvo tutti gli ostaggi, non solo quelli di cittadinanza statunitense.

Proprio ieri la famiglia del giornalista, britannico ma con cittadinanza statunitense, ha fatto un appello disperato rivolto ai rapitori. La mamma ha detto: «Abbiamo notato che avete avuto buona cura di Luke e lui sembra essere in buona salute. Vi ringraziamo per questo» e ha poi chiesto di «mostrare pietà: per favore, permetteteci di vederlo ancora. È tutto ciò che abbiamo».

A rendere nota l’uccisione di Pierre Korkie, rapito a maggio del 2013 insieme a sua moglie Yolande, è stata l’organizzazione non governativa Gift for the Givers attraverso un comunicato. La moglie era stata rilasciata precedentemente, mentre Korkie sarebbe dovuto essere liberato domani. Sul sito della ONG si legge: «La devastazione psicologica ed emotiva di Yolande e la sua famiglia sarà aggravata dalla consapevolezza che Pierre sarebbe stato rilasciato da al Qaeda domani. Questa mattina c’era stato un incontro per preparare le misure di sicurezza relative ai meccanismi di rilascio dell’ostaggio. E sono ancora più tragiche le parole che abbiamo usato in una conversazione con Yolande alle 5.59 di questa mattina, “l’attesa è quasi finita”. Tre giorni fa avevamo detto “Pierre sarà a casa per Natale”. Gli accordi logistici erano a posto, Pierre sarebbe uscito dallo Yemen in aereo sotto copertura diplomatica, avrebbe poi incontrato la sua famiglia in un Paese “sicuro”, prima di tornare in Sud Africa, direttamente in ospedale per una valutazione medica e un intervento appropriato».

Bruno Formicola

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