Sinisa

Se c’è una cosa su cui Sinisa Mihajlovic può contare nel corso della lunga battaglia che sta per affrontare è la consapevolezza di essere il guerriero per eccellenza che difficilmente si arrende al nemico. Ora il serbo è alle prese con il calcio di punizione più importante della sua vita. Eppure, tutti noi siamo sicuri che anche questo si infilerà all’incrocio.

Schock e sollievo. Senza ombra di dubbio, sono queste le due sensazioni provate da ciascuno di noi appassionati di calcio nel momento in cui abbiamo appreso della terribile malattia che ha colpito Sinisa Mihajlovic e che lo terrà lontano dalla panchina del Bologna per un bel po’. La prima sensazione è quella che qualsiasi essere umano prova di fronte ad una notizia sconvolgente che riguarda la salute di un’altra persona, specie se si tratta di un conoscente o di un amico, e che non fa altro che provocare un imbarazzante quanto doveroso silenzio che non lascia spazio ad alcun commento. La seconda sensazione è quella che qualsiasi tifoso o appassionato di calcio prova quando si rende conto che la persona in questione è Sinisa Mihajlovic. Ma attenzione, è questa una sensazione che possono provare soltanto coloro che conoscono realmente il serbo. Già, perché non tutti lo conoscono, né sanno di chi e di cosa stiamo parlando: un giocatore che nel corso degli anni trascorsi sul rettangolo di gioco si è distinto per la sua grinta, la sua sfrontatezza, il suo coraggio, la sua sfacciataggine e che da allenatore ha confermato queste sue qualità, essendo uno dei pochi in circolazione ad essere bravo a trasmettere forza e carisma ai suoi giocatori ed a tenerli uniti.

Per quanto la notizia della sua leucemia sia tra le più terribili che ci aspettavamo di ricevere, è pur vero che, in fondo, noi non siamo preoccupati più di tanto. Perché Sinisa, il guerriero per antonomasia, è uno che non si arrende facilmente alle difficoltà, né tantomeno si nasconde da esse, piuttosto le affronta di petto, come faceva e come fa con i suoi avversari, è quello che gli piace e che gli è sempre piaciuto fare, da giocatore e da allenatore. Nessun avversario con lui ha mai avuto vita facile, sia esso una squadra di calcio, un giocatore o un giornalista: stessa sorte toccherà anche all’ospite indesiderato paratosi inaspettatamente sul cammino dell’ex Inter e Lazio. Sinisa, questo è certo, impiegherà la sua solita tecnica del pressing alto ed il suo sistema ultra-offensivo per combattere il maledetto mostro della leucemia, che evidentemente “parte con gli sfavori del pronostico”.

Mihajlovic sulla panchina del Bologna durante la scorsa stagione.
Fonte immagine: ilrestodelcarlino.it

È questa l’importanza di chiamarsi Sinisa, quella capacità di gridare al mondo di non aver paura, di riconoscere e rispettare le difficoltà e gli ostacoli della vita, ma di essere consapevole della propria forza e del fatto che grazie ad essa alla fine si vince, sempre. Qualità più uniche che rare nello sport moderno, che ieri sono state magnificamente riassunte nella conferenza stampa convocata per dare notizia della sua malattia: nessun altro allenatore ha mai avuto il coraggio e la forza di confessare qualcosa del genere davanti a migliaia di telecamere, con il rischio di ricevere domande scomode dai giornalisti e pressioni di ogni tipo da ciascuna persona presente in sala e fuori. Normalmente, la riservatezza ed il silenzio sono le strategie più utilizzate e, probabilmente, più adatte per affrontare problemi come questi; ma lui è Sinisa, è abituato a sorprenderci, e così ha riunito giornalisti e tifosi per rivelargli il suo stato preoccupante di salute, ma l’impressione è che lo abbia fatto quasi per ricordare a tutti chi fosse, per ostentare ancora una volta quel suo senso di sicurezza e quella sua insolenza che stavolta sarà impiegata nella lotta contro la malattia piuttosto che in campo o in panchina. È vero, ci sono state anche le lacrime (chi riuscirebbe a trattenerle in un momento del genere?), che sono state però immediatamente seguite da un ruggito con il quale il serbo ha espresso la voglia di affrontare e sconfiggere la malattia; pertanto, è proprio in quel pizzico di fragilità mostrata ieri che va individuata l’essenza di Sinisa, un uomo forte, con un lato sensibile, ma dotato di carisma da vendere.

La conferenza stampa tenutasi ieri, durante la quale Mihajlovic ha rivelato a tutti la sua malattia.
Fonte immagine: corriere.it

L’importanza di chiamarsi Sinisa è insita nella capacità di mostrare a tutti la propria impertinenza, la propria audacia anche nei momenti difficili, quasi a voler dribblare qualsiasi tentativo di compassione e commiserazione da parte degli altri. Lo ha detto chiaramente, lui non è alla ricerca di tutto ciò, non vuole che il mondo del calcio provi pena o pietà per lui, perché obiettivo della conferenza stampa era unicamente quello di informare tutti sul suo stato, al contempo evidenziando che lui è sempre Sinisa, l’uomo dalle mille battaglie, che anche stavolta indosserà l’elmetto ed affronterà il nemico di petto. Anche perché il serbo di momenti pericolosi e critici ne ha vissuti nel corso della sua vita, a partire dall’infanzia trascorsa nel pieno della guerra civile nella ex Jugoslavia, in mezzo a bombe, violenze e assalti. È probabilmente lì che è nato il Sinisa guerriero per come oggi lo conosciamo, quel misto tra determinazione, cattiveria agonistica e faccia tosta che oggi ci rende un po’ più tranquilli sul suo pur preoccupante stato di salute.

Sarebbe bastato un comunicato, una nota, un video. Ma lui ha preferito metterci la faccia, in piena sintonia con il suo inconfondibile stile. Quello stesso stile che contraddistingueva i suoi calci di punizione, che al 90% si infilavano sotto l’incrocio e che adesso dovrà essere utilizzato per sconfiggere il più tosto degli avversari, anche per uno come lui. Essere Sinisa non è qualcosa che tutti possono vantare. E ieri lui lo ha dimostrato al mondo intero.

Amedeo Polichetti

fonte immagine in evidenza: www.secoloditalia.it

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