auto elettriche - nichel
Fonte immagine: survival.it

Mentre i Paesi di tutto il mondo legiferano per eliminare gradualmente le auto a benzina e diesel, aumenta l’attenzione sull’impatto prodotto dall’estrazione dei materiali necessari a produrre le batterie dei veicoli elettrici.

Le auto elettriche sono la tecnologia chiave per decarbonizzare il trasporto su strada, un settore che rappresenta il 16% delle emissioni globali. Tuttavia, a fronte dei benefici che senza dubbio si otterrebbero passando all’elettrico, occorre interrogarsi su limiti e risvolti negativi che pure caratterizzano un simile passaggio. In particolare, uno degli aspetti più problematici relativi alla sostituzione dei motori a combustione riguarda la disponibilità e l’estrazione dei minerali necessari a favorire la transizione verso la mobilità elettrica. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE), l’estrazione dovrà quadruplicare nei prossimi due decenni per raggiungere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di limitare il riscaldamento a ben al di sotto dei 2 gradi Celsius. Invece, stando alle stime della Banca Mondiale la produzione di questi minerali potrebbe addirittura aumentare di 500 volte entro il 2050 per soddisfare la crescente domanda di auto elettriche.

I tipi di risorse minerarie utilizzate variano a seconda della tecnologia. Litio, nichel, cobalto, manganese e grafite, per esempio, sono fondamentali per garantire le prestazioni, la longevità e la densità energetica delle batterie. Ciò che però stride con i progetti di mobilità elettrica è che le aziende che producono questo tipo di auto vendono ai clienti la promessa di un consumo etico e di uno stile di vita sostenibile mentre la loro filiera di approvvigionamento ha un impatto ambientale e sociale a dir poco disastroso. È questo, in estrema sintesi, il cuore della denuncia di cui Survival International si fa interprete, dando voce ai membri incontattati del popolo Hongana Manyawa.

Il Popolo della foresta (questo significa Hongana Manyawa nella loro lingua) è uno degli ultimi popoli di cacciatori-raccoglitori nomadi dell’Indonesia e la sua storia si sta drammaticamente intrecciando a quella di grandi multinazionali occidentali impegnate in un progetto di estrazione del nichel sull’isola di Halmahera. Il progetto in questione fa parte di un più ampio programma del governo indonesiano, intenzionato – proprio grazie all’estrazione e alla fusione di nichel e di altri minerali – a imporsi sul mercato come grande produttore di batterie per auto elettriche. Per riuscire nel suo intento, l’Indonesia ha rilasciato un’enorme concessione mineraria a Weda Bay Nichel (WBN), una compagnia di cui la francese Eramet è comproprietaria e, secondo quanto recentemente appreso da Survival, anche che il gigante chimico tedesco BASF starebbe progettando di collaborare con Eramet per costruire una raffineria ad Halmahera.

Il governo indonesiano afferma che l’estrazione del nichel è un’attività cruciale per produrre le tecnologie a energia pulita, ma per la sua lavorazione sono in costruzione centrali elettriche a carbone. Queste attività minerarie, che comportano anche la realizzazione di strade, fonderie e altre strutture industriali, non solo stanno devastando le foreste degli Hongana Manyawa, ma inquinano l’aria, danneggiano i fiumi e possono arrivare a favorire l’insorgere di malattie respiratorie. In aggiunta a ciò, per ogni tonnellata di metallo processato si producono due tonnellate di rifiuti tossici questo perché la lavorazione del nichel è spesso altamente tossica e richiede l’impiego di agenti chimici.

Il problema delle concessioni alle compagnie straniere, dunque, è che esse sono destinate a distruggere vaste aree forestali, mettendo a rischio la sopravvivenza dai membri incontattati del Popolo della foresta, la cui esistenza viene piegata dinnanzi alla necessità di ridurre l’impronta ecologica del mondo industrializzato. Tuttavia, come sostenuto dalla Direttrice generale di Survival International Caroline Pearce, «Tesla e altre compagnie produttrici di auto elettriche hanno la possibilità di essere all’altezza delle aspettative dei loro clienti e di evitare un’orribile – oltre che illegale – aggressione ai diritti umani, impegnandosi a garantire che nessuno dei minerali che acquistano provenga dalle terre dei popoli indigeni incontattati di Halmahera. Se non lo facessero, sarebbe come affermare che le vite degli Hongana Manyawa sono sacrificabili».

Chiedendo alle compagnie minerarie attive in Halmahera di rispettare la legge internazionale in merito al consenso dei popoli indigeni e di cessare le attività di “sviluppo” illecitamente condotte nelle terre del Popolo della foresta, Survival ci ricorda ancora una volta che non può esserci transizione energetica senza rispetto dei diritti umani e che, soprattutto, non si può pretendere di risolvere la crisi climatica soggiacendo alle stesse regole di sfruttamento e depredazione che l’hanno provocata.

Virgilia De Cicco

Ecofemminista. Autocritica, tanto. Autoironica, di più. Mi piace leggere, ma non ho un genere preferito. Spazio dall'etichetta dello Svelto a Murakami, passando per S.J. Gould. Mi sto appassionando all'ecologia politica e, a quanto pare, alla scrittura. Non ho un buon senso dell'orientamento, ma mi piace pensare che "se impari la strada a memoria di certo non trovi granché. Se invece smarrisci la rotta il mondo è lì tutto per te".

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