“ Il suo pensiero è di mostrare allo spettatore che i fatti sacri del principio dei tempi si erano svolti propriamente allo stesso modo che nei vicoli delle città del sud verso la fine del XVI secolo. Egli non tiene in onore che la passione, per la cui interpretazione veramente vulcanica egli possedette un grande talento. E questa passione, espressa in caratteri energici, schiettamente popolari e qualche volta altamente impressionanti, rappresenta poi il tono fondamentale della sua scuola.”

Così lo storico Jacob Burckhardt (1818 -1897) ricordava il talento di Michelangelo Merisi, noto come Caravaggio. L’artista, vissuto a cavallo tra XVI e XVII secolo, affinò il suo stile impregnandosi di ogni sfumatura d’arte italiana. Formatosi tra Milano e Venezia, viaggiò molto per arrivare e ritornare, in extremis vitae, a Napoli.

Le frenetiche fughe dell’artista si devono ad un episodio specifico: la rissa che, nel maggio 1606 durante una partita di pallacorda, assunse i tratti della tragedia terminando con la morte del rivale per mano dello stesso Merisi. Condannato alla decapitazione, eseguibile da chiunque lo riconoscesse per strada, Caravaggio fu costretto alla fuga. Ad aiutarlo fu il Principe Filippo I Colonna.

Dunque nel 1606 Caravaggio arrivò a Napoli per stabilirsi nei Quartieri Spagnoli. Dopo aver sostato nelle isole di Malta e Sicilia, sempre per ingerenza dei Colonna, tornò nel noto capoluogo cumano sul finir del 1609.

Autore ancora discusso e particolarmente amato, Caravaggio ricoprì l’importante ruolo di ponte tra un rinascimento inoltrato e un barocco incalzante. Subendone le influenze, riuscì comunque ad emergere con una propria peculiarità: esprimere il naturalismo di soggetti e atmosfere, avvolti da nuove tonalità di luce che sfondano la prospettiva dell’osservatore per dare un’impressione tridimensionale dell’opera. La sua produzione rimane immensa, intrisa di enigmi e, anche a Napoli, se ne riconoscono chiare tracce che fremono di essere indagate.

Le sette opere di Misericordia – Chiesa del Pio Monte della Misericordia

Caravaggio- arte - Napoli
Le Sette opere di Misericordia

L’opera, olio su tela, fu realizzata tra il 1606 e il 1607 sotto commissione della Congregazione di Pio Monte e per ordine di Luigi Carafa Colonna. La tematica rappresentata segue la lezione del vangelo di Matteo, secondo cui, per ottenere il perdono dai peccati e l’ascensione al Paradiso è necessario  rispondere a sette opere di misericordia. In un unico imponente groviglio, Caravaggio intreccia le sacre scritture ridistribuendole in riquadri tra loro connessi. In alto, sovrana, la figura della Madonna con in braccio il bambino, introduce le scene guidata dagli sguardi e dalle braccia degli angeli.

  1. Dar da mangiare agli affamati e visitare i carcerati: incarna perfettamente queste prime opere misericordiose la figura di Cimone, condannato a morire di fame nel carcere ma salvato dal seno della figlia. Visibile l’abilità di Caravaggio nel rendere realisticamente i particolari nelle gocce di latte che sporcano la barba del vecchio.
  2. Dare da bere agli assetati: nell’angolo a sinistra in cui un uomo, probabilmente Sansone, si accinge a bere da una fonte ignota. In effetti, si racconta che Sansone riuscì a sopravvivere nel deserto grazie all’acqua che Dio fece spuntare dal nulla.
  3. Vestire gli ignudi e visitare gli infermi: nel particolare si scorge un cavaliere che porge un mantello ad un pover’uomo, di spalle, mentre sembra accompagnare nei movimenti uno storpio. Si pensa possa essere la figura di San Martino di Tours.
  4. Dare rifugio ai pellegrini: l’attenzione cade nel quadro tra Sansone e San Martino, dove un uomo in estrema sinistra chiede ad un altro, con un vistoso cappello, di seguirlo. Il secondo, plausibilmente, è il pellegrino; non a caso sul cappello compare una conchiglia, simbolo del cammino a Santiago de Campostela.
  5. Seppellire i morti: è nell’inquadratura centrale dove un uomo con una fiaccola accompagna un secondo che sta trascinando un cadavere. La settima e ultima opera regala l’unica fonte di luce per l’intero quadro.

La Flagellazione di Cristo – Museo di Capodimonte

Caravaggio arte Napoli
La Flagellazione di Cristo

Il quadro, prodotto tra il 1607 e il 1608, ha una seconda versione conservata al Musée des Beaux-Arts di Rouen. Delle opere compiute a Napoli è la più imponente ed era stata richiesta dal magistrato De Franchis, affinché ornasse la cappella di famiglia nella Chiesa di San Domenico Maggiore.  In un momento di grande maturità artistica, Caravaggio decide di concentrarsi più sulla realtà con cui rendere i fatti che sul messaggio sacro da trasmettere. Il corpo del Cristo, colonna portante del quadro, è il punto di maggiore illuminazione attorno al quale si avviluppano i tre torturatori. Coordinandosi tra loro, gli uomini fuoriescono dalle ombre accingendosi a legare e frustare il corpo. Una danza crudele, giocata sui contrasti di luce, che nasce dalla violenza degli atti che stanno per consumarsi e che muore sul volto dimesso del Cristo.

Il Martirio di Sant’Orsola – Palazzo Zevallos

Caravaggio arte Napoli
Il Martirio di sant’Orsola

Summa della produzione artistica di Caravaggio, l’opera fu compiuta nel 1610 a poche settimane dalla sua morte, per il banchiere genovese Doria. Roberto Longhi  riassume l’ultima produzione del Merisi come un “restringersi a un’essenza disperata”.  La martire, di un pallore che prelude alla morte, viene punita a causa del suo rifiutarsi ad Attila, che veste panni contemporanei. Tra gli scagnozzi, non passa inosservato l’uomo dietro la santa che, con aria incredula, sembra soffrire della stessa freccia mortifera: è Caravaggio.

Artista complesso, indole selvaggia, tratto sicuro e inconfondibile. Caravaggio non si riassume, non si descrive: si può solo scoprire. Non potete lasciarvelo sfuggire: che Napoli sia la prossima tappa.

Pamela Valerio

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