Quella appena conclusasi è stata una settimana probabilmente decisiva per le sorti del porto di Napoli, da tempo in bilico tra ipotesi di ridimensionamento e prospettive di riqualificazione.

Il presidente della Regione Campania De Luca ha infatti annunciato mercoledì, nel corso di una conferenza stampa, la possibilità che lo scalo napoletano benefici di un ampio volume di fondi, tra i nuovi previsti per Napoli, che De Luca ha valutato in ben 5 miliardi di euro complessivi, tra nuovi stanziamenti e risorse ancora da spendere.

Nell’ambito di un più generale riassetto delle infrastrutture della Città Metropolitana, che coinvolgerà la rete dei trasporti, l’università, il turismo e il rilancio del patrimonio culturale, il Presidente ha sottolineato il ruolo strategico del porto napoletano, prevedendo la destinazione di circa 200 milioni alla riqualificazione della “zona economica speciale”: gli investimenti saranno destinati sia alla zona portuale, che a quella retroportuale, con la prospettiva di sviluppare attività imprenditoriali ulteriori, rispetto a quelle consuete dello scalo. Altri 147.8 milioni saranno poi destinati alla modernizzazione della rete di trasporti dell’area.

Se la pioggia di denaro sarà finalmente utile per risolvere le annose carenze del porto napoletano, si potrà dire solo quando i nuovi progetti, nel medio-lungo periodo, saranno completati: il programma di investimenti, annunciato dallo slogan “Una grande Napoli, una grande Campania”, si svolgerà nell’arco dei prossimi anni. Si tratta comunque di una risposta al grido d’allarme lanciato dai sindacati già lo scorso lunedì: FILT-CGIL, FIT-CISL e UIL-trasporti, in particolare, avevano già scritto alle istituzioni per denunciare le carenze infrastrutturali dell’area e per sollecitare provvedimenti concreti. “C’è da escavare i fondali, ampliare la capacità produttiva, la viabilità autostradale e ferroviaria e infine recuperare il molo San Vincenzo”, avevano fatto presente i leader delle organizzazioni, sottolineando l’urgenza di una progettazione seria e competente, da coordinarsi a cura della Commissione regionale Trasporti. Un intervento non differibile, poi, era stato individuato nei dragaggi, a causa del fondale ormai basso che condiziona in negativo l’attrattiva che uno scalo industriale e commerciale come quello napoletano dovrebbe esercitare sugli investitori internazionali. Il mercato è agguerrito “a tutti i livelli, nazionali e soprattutto internazionali”, avverte il segretario FIT-CISL del porto di Napoli, Imperato.

Proprio l’attività industriale del porto è stata segnalata come gravemente in difficoltà, pur dopo ormai tre anni di commissariamento. Lo scalo non può permettersi ulteriori passi falsi, perché dà lavoro a circa 5000 persone, purtroppo coinvolti in buona parte da cassa integrazione e contratti di solidarietà. Con un bilancio di previsione 2016 bloccato perché i fondi non si trovano, sembra che la situazione sia arrivata ad un punto di non ritorno.

Ecco perché l’annuncio di De Luca appare quanto mai tempestivo, anche se si dovrà verificare come e in che tempi ai proclami seguiranno i fatti, più che l’erogazione pura e semplice dei fondi: del resto, la gestione del porto non è stata certo di primo livello in questi anni (come testimonia lo stesso commissariamento) e non potranno più essere tollerati, nelle parole del Presidente, “finanziamenti che rimangono sulla carta”. In effetti, proprio sulla soluzione dei problemi gestionali si incentra oggi uno dei punti più dolenti dell’intera vicenda: è il destino dell’Autorità portuale di Napoli a scatenare le maggiori polemiche, soprattutto alla luce dell’ipotesi (che, secondo De Luca, “penalizza la Campania”) della fusione con quella di Salerno. L’accorpamento si farà, è stato già deciso dal Ministero delle Infrastrutture, ma la ventilata prospettiva di migliorare, in questo modo, l’efficienza dei porti campani non convince il Governo regionale; anche perché, finché permarrà lo stato di incertezza sullo scalo, con un commissariamento definito “sconcertante” da De Luca e un piano regolatore fermo dal 2012, non si potrà ritenere l’accorpamento delle autorità campane la reale soluzione ai problemi. “Il ministero – prosegue De Luca sul problema Authority – decida ciò che ritiene, noi però eserciteremo le nostre prerogative, che non sono affatto secondarie”.

Le reazioni alle varie questioni affrontate da De Luca non si sono fatte attendere. Con ormai consueta ruvidezza, Caldoro bolla come “palle” gli annunci di De Luca sui nuovi finanziamenti miliardari, accusando il Presidente di riproporre argomenti “vecchi e stravecchi” e, riferendosi al disastro EAV dei giorni scorsi, invitandolo a “far camminare i treni”. Più pacata la candidata alle primarie del PD a Napoli Valeria Valente, che in un’intervista al Mattino afferma che il porto “è una delle industrie più importanti della città”, il cui futuro è “bloccato perché la politica locale, cittadina e regionale, con responsabilità anche della politica nazionale, non è stata in grado di darsi una mossa. Rilanciamo il porto, anche con il dragaggio”.

Sulla questione Authority arriva poi anche l’altolà di Salerno all’ipotesi dell’accorpamento con Napoli, che manterrebbe in vita solo l’organismo di quest’ultima: nonostante il parere a favore di alcuni imprenditori napoletani (“insediare una nuova Authority unificata con Salerno porterebbe il grande vantaggio di voltare finalmente pagina“, dichiara a Repubblica Luigi Salvatori, presidente dei Cantieri del Mediterraneo) e le rassicurazioni del Presidente del Porto di Salerno Annunziata (“l’autonomia gestionale dei due scali già è contemplata nel decreto del governo. Ora occorre soltanto ribadirla e precisarla”), lo slogan del capoluogo, interpretato anche dal consiglio comunale in un documento approvato all’unanimità, è scandito a chiare lettere: “Giù le mani dal porto di Salerno. Napoli non può decidere del futuro della nostra città”.

Ludovico Maremonti