L’avanzata del Governo Renzi sta oramai modellando ad arte i nuovi stereotipi, le altre normalità, e genera le condizioni del sistema a cui far sottomettere ulteriormente le masse.

L’ultimissima rappresentanza fascista, è stata importata dalla recente esperienza Spagnola: ma se il bel paese è talmente affascinato dal replicare le eventuali “possibilità” di cambiamento, riflettendo su come importare politiche da un contesto all’altro, questo non è ugualmente sollecitato dal pericolo che ogni giorno, il sistema di comunicazione e quello di informazione vengono palesemente e catastroficamente assoggettati ai cosiddetti poteri forti, così in Spagna come in Italia.

È previsto che presso un’aula di Montecitorio apparirà il DdL sulla riforma del processo penale, il quale prevede al suo interno un emendamento sulle intercettazioni. Non si sono fatte attendere le polemiche per bocca del Movimento 5 Stelle, che nell’immediato ha allarmato sul ritorno della Legge Bavaglio. Ma i parlamentari democratici coinvolti tengono a precisare che addirittura verrà formulata un’ulteriore legge che sia di esonero, ai giornalisti di professione, da eventuali problemi legali, e precisano che tale norma mira a tutelare la privacy di persone indirettamente collegate ad indagini, e colpisce chi danneggia la reputazione altrui attraverso video e foto “illegittime”.

Dunque, ma in un paese che viene definito dai vertici “democratico”, la circolazione della verità quali danni apporterebbe a soggetti se colpevoli di reato? La verità può essere utilizzata come uno strumento in favore della giustizia sociale oppure meglio imbavagliarla quando scomoda?

Domande retoricamente scontate, perché di fondo la verità viene quotidianamente celata, manipolata, omessa.  Così mentre in Spagna si inneggia ad una negazione della libertà di espressione e le procedure penali mutano – addirittura aumentando la gravosità del reato di resistenza – in Italia invece non ce n’è il minimo bisogno perché la Legge Bavaglio non esiste ma viene comunque applicata, attraverso le strumentalizzazioni politiche dei reali detentori dell’informazione italiana.

Una situazione paradossale, e che rispecchia egregiamente le incoerenze delle leggi italiane le quali si contraddicono a vicenda: basti pensare che per il caso di Davide Bifolco – ragazzino ucciso alle spalle da un poliziotto nel Rione Traiano – il pm ha richiesto per l’assassino appena tre anni e quattro mesi di carcere, mentre la pena media italiana per una tentata rapina viene scontata con circa quattro anni di galera.

A cosa servirà riformulare le leggi penali se non per continuare a lasciarci predominare da Governi autoritari e reazionari? “Io considero la lotta contro la censura, di ogni natura e qualsiasi potere la sostenga, come un dovere dello scrittore allo stesso titolo degli appelli alla libertà di stampa. Io sono un feroce partigiano di questa libertà e dichiaro che uno scrittore che possa farne a meno somiglia ad un pesce che dichiara pubblicamente di poter fare a meno dell’acqua.”

Ma purtroppo l’asservimento totalizzante ai giornali è una pratica spudoratamente ovvia, l’unica usanza che riesca nell’accomunare cittadini del Nord e Sud Italia, pronti a lasciarsi assuefare dallo scoop del momento. E in più “la caratteristica delle censure più rigide è quella di dare credibilità alle opinioni che attacca” come diceva Voltaire. Per cui fa comodo a testate nazionali non informare sul presidio degli immigrati fuori la questura di Roma (20 Luglio) per il permesso di soggiorno unico, il contratto di lavoro e il diritto all’abitare; ponendo poi maggiore rilievo alle narrazioni del razzismo e del fascismo, volte ad omologare verso l’individualismo spicciolo e fomentare disinteresse ed odio, nello stesso pubblico – troppo distratto dal calderone di superficialità per mostrare dissenso e criticità.

Quando arriverà nelle aule del Senato la proposta di legge sulle intercettazioni, l’attenzione si concentrerà sull’emendamento che prevede una stretta sulle dichiarazioni “fornite in modo fraudolento con registratore o riprese”, seppur veritiere. Il rischio è quello di finire in carcere fino a 4 anni.

Che dire: in nome del giornalismo indipendente e dell’informazione sana e coscienziosa, non resta che auspicare “a un tempo in cui il pensiero è libero, in cui esiste la verità e quel che è fatto non può essere disfatto”.

Citazioni: Voltaire, Mikhail Bulgakov, George Orwell

Alessandra Mincone

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