Più di 700 mila persone, 2300 eventi in oltre 2000 città, 175 paesi nel mondo. Per il clima, per la pace, per Parigi. Quella che si è svolta domenica 29 novembre è ufficialmente la più grande mobilitazione di sempre nella storia dell’ambientalismo: la più grande per numero di partecipanti in tutto il Pianeta, con circa 785 mila persona coinvolte, e soprattutto la più grande manifestazione sul clima in Italia, con la marcia di Roma che ha raggiunto straordinariamente i 20 mila partecipanti.
Risultato a suo modo storico, considerato che il problema ambientale è da sempre poco sentito nel Bel paese, dove i Verdi stentano e la cronaca sul tema, pur di gravissima attualità tra le molte Terre dei fuochi sparse per l’Italia, è relegata sempre nelle ultime pagine dei quotidiani. Tradizione anche stavolta confermata con pochissima attenzione data in questi giorni alla CoP21, la Conferenza sul Clima in corso a Parigi: delle trattative sui cambiamenti climatici se ne sta parlando più per i problemi di sicurezza che per altro, vista la presenza dei più importanti leader mondiali a pochi chilometri dai luoghi dei tragici attentati di qualche settimana fa.
In ogni caso, e straordinariamente se considerata proprio la bassissima esposizione mediatica, la gente in piazza è stata tantissima ovunque: a Roma un corteo lunghissimo e colorato ha sfilato a suon di musica da Campo de’ Fiori ai Fori Imperiali, con l’adesione di associazioni (Legambiente, Wwf, Greenpeace, LAV, Kyoto Club), sindacati (CGIL, UIL), comunità religiose e realtà studentesche (Rete della Conoscenza, Rete studenti medi, UDU, UDS) e a Napoli le due manifestazioni programmate a Piazza del Plebiscito e al Bosco di Capodimonte hanno comunque richiamato qualche centinaio di persone.
Si è marciato per il clima: perché la Conferenza di Parigi può e deve essere il punto di svolta nella lotta al cambiamento climatico e deve essere raggiunto un accordo vincolante che ponga obiettivi seri di riduzione della CO2. I segnali positivi in tal senso ci sono tutti, ma non possiamo sprecare l’occasione e rivivere un’altra Copenaghen.
Si è marciato per Parigi stessa: proprio per ragioni di sicurezza le autorità hanno annullato quella che sarebbe dovuta essere la marcia più grande, nella capitale francese. Malgrado ciò, i parigini hanno saputo reagire con dignità e inventiva: in pochi giorni hanno messo in piedi il sito March4Me, dando la possibilità a chiunque di marciare simbolicamente per chi non poteva manifestare a Parigi, e con un simbolismo altrettanto forte hanno disposto lungo il percorso della manifestazione annullata le scarpe delle migliaia di persone che avrebbero dovuto esserci in questo giorno di festa.
Si è marciato, soprattutto, con la rinata maturità del movimento ambientalista: non solo si va espandendo in zone del mondo chiave per rendere veramente globale la protesta (Sana’a, Delhi, Dacca, Pechino, Dakar), ma è esso stesso finalmente consapevole che a un problema totalizzante tutti gli aspetti della vita come quello climatico non si può rispondere senza abbracciare le problematiche sociali connesse. Marciare per il clima, oggi, significa marciare per la pace, per giustizia sociale, contro la povertà e la disuguaglianza, contro lo sfruttamento dell’uomo sulla natura e dell’uomo del nord su quello del sud del mondo. Lo hanno ammesso, tra le righe, anche i potenti dell’Occidente: la nostra ricchezza si fonda sullo sfruttamento secolare di vaste zone dei paesi in via di sviluppo, che sono per’altro proprio quelle che oggi subiscono le conseguenze più gravi dei cambiamenti climatici.
Una lenta rivoluzione sta prendendo piede, ora non possono più ignorarci.
Antonio Acernese