Zero: un punto di svolta nella rappresentazione della diversità in Italia.
Fonte immagine serie tv Zero: https://www.ilgiornale.it

L’Italia è un paese fortemente influenzato da un razzismo sistemico di cui si fa ancora fatica a parlare, ma che coinvolge ogni aspetto della vita di chi si ritrova ad affrontarlo.
Il razzismo insito nella società trova espressione anche attraverso ciò che viene trasmesso dai media, in molti casi condizionati dalle discriminazioni e dai pregiudizi, uniti alla mancanza di apertura e inclusione. Numerosi sono gli studi fatti riguardo l’influenza che i mezzi di comunicazione hanno nel modo di pensare delle persone: per esempio il sociologo e filosofo Luhmann (1927-1998) ha illustrato, nei suoi lavori, la capacità dei media di produrre e trasmettere alle persone le rappresentazioni che caratterizzano la società di cui fanno parte e come questi possono riflettere determinate visioni del mondo (La realtà dei mass media, 1995)

Sono tanti gli episodi di razzismo legati a articoli giornalistici o passati in onda nei vari programmi televisivi, ai quali può assistere chiunque, compresi gli individui razzializzati, che in questo modo subiscono la violenza delle discriminazioni anche solo accendendo la televisione – la quale dovrebbe avere lo scopo di intrattenere e informare il pubblico. Ogni volta in cui in un programma televisivo viene utilizzata la N-word, o qualcuno ricorre alla blackface, oppure ancora vengono mandati in onda degli sketch razzisti, si dimostra come le persone che vengono razzializzate non sono prese in considerazione nella formulazione di narrazioni che hanno a che fare con loro, non sono coinvolte nelle produzioni e non sono rispettate all’interno del paese. Troppo spesso questi atti sono fatti passare per degli “scivoloni”, troppe volte i programmi televisivi – dopo aver ricevuto delle critiche – hanno cercato di dissimulare l’accaduto, spiegando, per esempio, che si trattava di semplici battute, di satira, ignorando la frustrazione di chi vive il razzismo tutti i giorni e di chi lotta contro alle discriminazioni.
Questo genere di rappresentazioni e la scarsa apertura al dialogo, al confronto e all’inclusione da parte del settore non fanno altro che rafforzare il razzismo.

Recentemente, però, l’uscita della serie televisiva Zero (resa disponibile a partire dal 21 aprile di quest’anno), prodotta per Netflix, ha segnato un punto di svolta per quanto riguarda la rappresentazione della diversità e la narrazione delle vite dei ragazzi e delle ragazze afrodiscendenti in Italia.

Negli ultimi anni, Netflix è diventata sempre più popolare ed influente. Oltre a permetterci di seguire le nostre serie preferite, Netflix, attraverso le sue produzioni, si sta impegnando per aprire nuove porte all’inclusività. Sul sito https://about.netflix.com/it è possibile reperire una serie di informazioni riguardo l’azienda e la sua storia. Interessante è la sezione “Impatto”, nella quale viene spiegata l’importanza data alla diversità nei film e nelle serie distribuite, con l’intento di produrre una rappresentazione più inclusiva, in modo che ognuno possa “ritrovarsi in quello che vede sullo schermo”. Per fare ciò, è fondamentale partire creando inclusività interna all’azienda, cioè avere più diversità all’interno dello stesso staff.

L’inclusività è essenziale per poter eliminare le barriere del razzismo e delle discriminazioni.
Per i media italiani, permettere alle persone che non rispecchiano i classici canoni occidentali di avere voce e visibilità costituirebbe un passo verso il futuro. Un futuro in cui ognuno può rispecchiarsi in ciò che vede.
Una rappresentazione razzista, oltre a consolidare le discriminazioni all’interno della società, influenza negativamente anche la visione che le stesse persone che subiscono tali discriminazioni sviluppano di se stesse. Vedere una rappresentazione limitata e stereotipata di sé può portare a sviluppare dei complessi riguardo la propria identità e le proprie doti. Bisogna, quindi, andare oltre agli stereotipi a favore di una narrazione di storie differenti, senza aver paura della diversità, quanto dell’odio e della paura che, invece, continuano ad essere trasmessi di generazione in generazione.

La serie Zero è tratta dal romanzo “Non ho mai avuto la mia età” di Antonio Dikele Distefano, scrittore italiano di origini angolane, e presenta un cast composto in prevalenza da ragazzi e ragazze afroitaliani.
Il titolo della serie corrisponde al soprannome del protagonista, Omar. Ambientata nel Barrio, in Barona, quartiere periferico di Milano, la serie racconta le esperienze di vita dei ragazzi e delle ragazze che fanno parte della seconda generazione in Italia. La serie mostra anche le loro problematiche, come ad esempio l’ottenimento della cittadinanza. Non essere considerati cittadini italiani da parte dello Stato, pur essendo nati e cresciuti nel paese, e dover eseguire la richiesta tramite una dichiarazione che può essere fatta solo dopo i 18 anni, è uno dei tanti ostacoli che ogni giorno ledono il desiderio di sentirsi riconosciuti come parte di una società che, però, fa fatica a vederti.

Zero racconta anche la vita e gli sforzi per andare avanti di chi vive nelle periferie. In questo caso, nel Barrio, la comunità si ritrova in difficoltà dovendosi scontrare con il processo di gentrificazione.
Da questo background si sviluppa la storia di Omar, Zero, un ragazzo dotato di un super potere: l’invisibilità. Come ha spiegato Distefano in un’intervista per il New York Times, il potere del protagonista è un riferimento al senso di invisibilità che provano molti ragazzi e ragazze. Omar è un ragazzo introspettivo, lavora come fattorino delle pizze mentre coltiva la sua passione per il disegno. Spesso passa inosservato, ma grazie al suo potere e soprattutto alla volontà di salvare la sua comunità diventa un eroe contemporaneo.

Zero razzismo
Antonio Dikele Distefano insieme al cast della serie. Fonte: Francesco Berardinelli/Netflix.

Produzioni come questa sono destinate ad avere un grande impatto per la società: Zero si è già fatta notare oltreoceano come la prima serie italiana con un cast prevalentemente nero. Per quanto riguarda il nostro paese, è arrivato il momento per gli spettatori e le spettatrici afrodiscendenti di sentirsi meno invisibili e vedere anche nelle serie italiane personaggi che somigliano a loro, con ruoli non stereotipati ma motivanti.

Cindy Delfini

Cindy Delfini
Classe '97, Milano. Studio scienze Politiche, Economiche e Sociali, con un forte interesse verso i diritti civili. Sono appassionata di arte nelle sue diverse forme di espressione: musica, danza, cinema, serie TV, letteratura.

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