Ieri, giovedì 4 dicembre, la commissione Affari Costituzionali del Senato ha dato il via libera alla discussione del nuovo Italicum anche durante la sessione di bilancio. Un’anomalia che forza la regola generale di non discutere di leggi di spesa (la legge elettorale lo è) durante l’approvazione della legge di stabilità. La decisione è stata alquanto sofferta: solo dopo quattro ore di dibattito infatti la commissione, presieduta da Antonio Azzolini (Ncd), ha permesso lo “strappo alla regola”, con 15 sì e 12 no.

Alla notizia è stato concesso poco spazio nelle principali testate giornalistiche italiane, e in effetti non sembrerebbe uno “scoop” da prima pagina. Analizzando però le motivazioni reali o presunte dietro tale provvedimento possiamo percepirne a poco a poco la rilevanza strategica, che giustifica quindi le quattro ore che sono servite per partorirlo.

Innanzitutto questa della Commissione è una scelta che avvantaggia Renzi. Il presidente del consiglio ritiene l’Italicum indispensabile per le prossime elezioni politiche, e sa che la nuova legge elettorale, unita al mantenimento delle distanze percentuali delle ultime elezioni europee, lo renderebbe di fatto inattaccabile dalle opposizioni, e gli conferirebbe un potere decisionale fortissimo, che non si vedeva da anni. Ma le percentuali delle europee stanno cambiando, e minacciano di farlo nuovamente giorno dopo giorno, così l’attuale consenso potrebbe non restare tale con il passare del tempo. Preoccupano il premier l’ascesa della Lega Nord di Salvini, la restaurazione del nuovo Movimento 5 Stelle e un redivivo Silvio Berlusconi che dalle colonne dell’Huffington Post fa sapere di essere prontissimo a riscendere in campo con o senza agibilità politica. Quindi la decisione di accelerare i tempi, anche a costo di commettere qualche forzatura, con voci che parlano di un obiettivo preciso: far passare l’Italicum al senato prima del 20 gennaio, così da arrivare all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica con un arma in più, la paura del voto, quella che permette a Renzi dalle passate elezioni europee di tenere uniti i gruppi parlamentari. Questione di tempi, come per la “riforma al mese“, i “mille giorni“, l’acclamato Jobs Act “al passo coi tempi“, l’intera esperienza renziana sembra per il momento segnata da una perenne ansia temporale.

I più maligni, o “i gufi” come ama chiamarli Renzi, notano come anche questo “nulla osta” della Commissione guidata da Azzolini abbia tempistiche particolari, in quanto viene emesso a poche ore di distanza dalla decisione del Senato di vietare l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche proprio di Azzolini, nell’ambito dell’inchiesta sulla maxi-frode da 150 milioni legata alla costruzione del nuovo porto di Molfetta, ai tempi in cui l’attuale presidente della Commissione ne era il sindaco. Una “sospetta coincidenza”, come viene definita dall’Huffington Post.

Il divieto di utilizzare le intercettazioni è stato votato da tutte le forze politiche presenti in Parlamento, ad eccezione di Movimento 5 Stelle e Sel. Il deputato pentastellato Enrico Cappelletti ha rilasciato a proposito forti dichiarazioni: “Azzolini è indagato per truffa allo Stato, associazione a delinquere, abuso d’ufficio, frode in pubbliche forniture, attentato alla sicurezza dei trasporti marittimi e reati ambientali nell’inchiesta che lo vede coinvolto nello scandalo sul porto di Molfetta. Renzi e Salvini vanno in tv a parlare di lotta alla corruzione e legalità. Tutte balle. Nei fatti in Parlamento Pd e Lega vanno a braccetto per non permettere un completo svolgimento delle indagini alla magistratura, negando l’utilizzo di intercettazioni telefoniche su un senatore indagato per gravissimi reati.

Certo è che le prossime elezioni presidenziali si caricano di significati che ne incrementano, semmai ce ne fosse bisogno, l’importanza politica. Silvio Berlusconi ha messo in chiaro che l’influenza del Patto del Nazareno sarà “evidente“, poichè “i due temi (legge elettorale e colle) non possono che andare di pari passo” notando però anche come alla fine l’identikit preferito di Renzi non si discosti tanto dal suo, un presidente “accomodante“, che “non deve fargli ombra“. D’altro canto il premier continua a dichiarare, come nell’ultima intervista a Bersaglio Mobile, che nell’accordo “non c’è l’agibilità politica e non c’è il Quirinale“, e di fronte ai veti di Berlusconi cerca di rispondere mantenendo salda la sua “arma letale”, la paura del voto.

Valerio Santori

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