L’Italia, è notizia di qualche giorno fa, è stata condannata dalla Corte Europea di Strasburgo per la violazione dei diritti di tre cittadini tunisini migranti (Saber Ben Mohamed Ben Ali Khlaifia, Fakhreddine Ben Brahim Ben Mustapha Tabal e Mohamed Ben Habib Ben Jaber Sfar). Ognuno dei ricorrenti dovrà ricevere 10.000 euro per danni morali e 9.300 euro per le spese legali.

La vicenda risale al 2011, Ministro dell’Interno Maroni. I tre migranti, in fuga dal loro paese a causa della cosiddetta ”primavera araba” e portati in salvo a Lampedusa, furono detenuti per 4 giorni nel Centro di Soccorso e Prima Accoglienza di Contrada Imbriacola e poi espulsi secondo gli accordi bilaterali tra Italia e Tunisia.

Nelle motivazioni presenti nel dispositivo, si legge che l’Italia avrebbe tenuto i tre cittadini tunisini in condizioni “degradanti” e li avrebbe trattenuti nel centro di Lampedusa “contro la legge, senza nessuna motivazione giuridica valida e senza riferire ai tre le motivazioni di tale detenzione”. Per la Corte di Strasburgo l’enorme flusso di profughi non può essere considerata una scusa valida per le istituzioni italiane, che avrebbero dovuto trovare una sistemazione più ”umana”.

Dal rapporto pubblicato recentemente dall’Ansa possiamo leggere che i migranti ospitati nel Centro di accoglienza di Lampedusa sono 811, di cui un centinaio minorenni e un altro centinaio donne, nonostante la capienza massima sia di 400 posti. Donne e bambini sono stati sistemati nel padiglione che era stato incendiato e poi ristrutturato, mentre gli uomini si trovano in un altro a cancello chiuso. A causa della carenza di posti letto alcuni dormono all’aperto, coprendosi con coperte e tovaglie, sorvegliati dalle forze dell’ordine. Il centro è privo di linea internet e provvisto solo di alcune cabine telefoniche e pertanto i migranti hanno molta difficoltà nel contattare casa. Condizioni indegne e degradanti visto l’iperaffollamento e l’igiene precaria, che di certo gente fuggita da povertà, carestie e guerra non merita. 

A fare scalpore, tuttavia, non sono le condanne inflitte per la superficialità nell’approcciarsi a determinate questioni che oggi sono al centro del dibattito europeo (e forse mondiale), quanto le reazioni sdegnate dei soliti sollevatori di polemiche. Un sassolino nello stagno, verrebbe da dire, dal momento che le urgenze attuali pongono il nostro Paese di fronte a scelte politiche di portata ben più ampia, ma di certo anche un ulteriore monito ad abbandonare la leggerezza con cui il tema dell’ospitalità è stato affrontato in passato.

Vincenzo Nicoletti

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