Svetlana Aleksievich, giornalista investigativa e scrittrice bielorussa, è il nuovo premio Nobel per la letteratura.
Sembra che la motivazione sia “per la sua polifonica scrittura nel raccontare un monumento alla sofferenza e al coraggio dei nostri tempi”.
Aleksievich crea, infatti, un tipo di letteratura destinata a non tramontare mai, rilegata da aspre realtà e da quell’atmosfera melanconica che contraddistingue la storia russa. I concetti da lei esplicitati sono ridotti all’osso, forse per la sua attività da giornalista, o forse per aver compreso e interiorizzato il modo migliore di far cronaca romanzando.
Nel 1983 divenne famosa per il suo primo libro “La guerra non ha un volto da donna”, ma risale a molto prima il periodo in cui Aleksievich decise di dedicarsi alla scrittura, sconvolta da quella realtà che sembrava inghiottire ogni speranza futura.
Come cronista per i connazionali, si occupò dei principali eventi dell’Unione Sovietica della seconda metà del XX secolo (la Guerra in Afghanistan, il disastro di Černobyl’i suicidi seguiti allo scioglimento dell’URSS). E questa sua attività si unisce a quella di scrittrice. Aleksievich stessa ci spiega, nel suo sito ufficiale:
“Ho sempre cercato un genere che fosse il più adatto alla mia visione del mondo, che esprimesse come le mie orecchie sentono e i miei occhi vedono. Ho cercato molto e finalmente ho scelto un genere in cui le voci umane parlassero di per sé. [..] Nei miei libri persone reali parlano dei grandi eventi della nostra epoca, come la guerra, il disastro di Chernobyl, la caduta di un immenso impero.“
Attiva sul piano politico è stata, inoltre, contro l’intervento russo in Ucraina. Ha infatti dichiarato:
“Amo la Russia, ma non quella di Stalin e Putin”. L’intervento russo in Ucraina è “un’occupazione, una invasione straniera. [..] Non mi piace neanche l’84% dei russi che chiede che gli ucraini vengano uccisi. È difficile essere una persona onesta, ma non bisogna fare concessioni a un potere totalitario”.
Aleksievich, forte delle sue idee, come coloro che sanno per cosa lottare e che prestano la propria voce alla giustizia, non ha avuto vita semplice.
Questa sua propaganda a sfavore di ogni tipo di abuso non è passata inosservata. Una forte reazione è avvenuta quando la sua critica ha toccato anche il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko. È stata così accusata di essere un’agente in incognito della CIA e costretta, nel 2000, a lasciare il suo paese per rifugiarsi prima a Parigi, poi in Svezia e infine a Berlino. Solo nel 2011 è tornata a Minsk.
In 113 anni di storia, Svetlana Aleksievich è la quattordicesima donna a vincere il Premio Nobel per la Letteratura, contro 99 uomini che hanno ricevuto lo stesso riconoscimento. Inoltre, è la seconda persona di origini ucraine a vincerlo dopo Shmuel Yosef Agnon che lo ottenne nel 1966.
Quest’anno è riuscita a dar del filo da torcere a letterati come Joyce Carol Oates e Philip Roth, il keniano Ngugi wa Thiong’o e, tra gli italiani, Umberto Eco e Dacia Maraini. In lista c’era anche il gettonatissimo autore giapponese Haruki Murakami, il norvegese Jon Fosse e l’irlandese John Banville.
La lista conteneva (come da tradizione) 220 nomi, ridotta a soli 5 nel mese di maggio e, dopo un attento e minuzioso studio dei loro scritti, l’Accademia deve scegliere un vincitore entro la prima metà del mese di ottobre.
La cerimonia di premiazione avverrà a dicembre.
Alessia Sicuro