Stando ai dati pubblicati dall’International Institute for Strategic Studies (IISS) il numero di conflitti nel mondo è diminuito, ma le morti causate da guerre sono aumentate del 60%. Le vittime lo scorso anno sono state 180 mila, 70 mila unità in più rispetto al 2012, mentre le guerre sono passate da 63 del 2008 a 42 nel 2014.

Come è possibile questo aumento di morti per cause belliche se i conflitti sono diminuiti? Gli studiosi dell’IISS affermano che l’aumento delle vittime sarebbe stato causato dall’”inesorabile crescita d’intensità della violenza”. Meno conflitti, ma combattimenti più cruenti che avvengono spesso in aree urbane causando la morte di molti civili tra cui donne e bambini.

I paesi più a rischio e con il maggior numero di vittime sono la Siria (200 000 morti) e l’Iraq (18 000) a causa dell’affermazione di forze jihadiste come l’ISIS che hanno fatto da ”acceleratore” al fenomeno. Al terzo posto c’è il Messico (15 000 morti per gli scontri tra bande rivali), seguito da Afghanistan (7500), Ucraina (tra i 4000 e i 5000). Se in alcuni paesi come ad esempio Colombia e Filippine si va verso la risoluzione, nei paesi elencati precedentemente i conflitti sono in evoluzione e sembra che le forze coinvolte non siano interessate a porvi fine.

Oltre alle guerre dai dati emerge che una buona percentuale di vittime sono causate anche da scontri armati di varia natura. Dai numeri forniti dall’IISS emerge che le tensioni sono 25 in Africa, 15 in Asia, 8 in Medio Oriente, 5 in Sud America e 9 in Europa.

Ancora più allarmante è il numero dei profughi: 50 000 nel 2013 di cui 3,4 milioni siriani. Neanche nel corso della Seconda Guerra Mondiale si era arrivati a cifre così impressionanti. Il problema principale sembra essere quindi il coinvolgimento di civili costretti spesso a fuggire dalle loro terre e tradizioni. L’appello dell’IISS: ”Basta guerre, a maggior ragione se si combatte in città”.

Vincenzo Nicoletti

Fonte immagine di copertina: Save the Children

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