Alle 6:48 di questa mattina il nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Caserta, coordinato dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli, ha effettuato sette arresti di uomini ritenuti affiliati al clan dei Casalesi, fazione Iovine, con molteplici accuse: associazione mafiosa, turbativa d’asta, abuso d’ufficio, estorsione, truffa, incendio doloso, corruzzione e peculato, aggravati dal metodo mafioso.

Con ordinanza emessa da Vincenzo Alabisco su richiesta dei pm Antonello Ardituro, Cesare Sirignano, Catello Maresca e Antonio d’Amato, sono stati coinvolti anche amministratori comunali di Villa di Briano, tra cui il fratello del sindaco definito “braccio destro di Iovine” e diversi imprenditori, come il cugino dell’ex boss Renato Caterino, capo di un’impresa nell’alto casertano e Nicola Coppola, considerato braccio imprenditoriale di Iovine.

Che il cancro della camorra – diagnosticato dalla storia, attraverso indagini, parole, libri e articoli di coraggiosi magistrati, scrittori, giornalisti e preti- esista e sia di enorme portata è innegabile. Ma spesso ci si dimentica, chiusi nella bolla di sapone della nostra realtà idilliaca, fatta di notizie di telegiornali schierati politicamente, giornali pilotati dalle stesse organizzazioni criminali o di censura, nonché di lavoro, casa e spesa, che ogni giorno, contemporaneamente un’altra realtà a noi così vicina, terribile, vergognosa, illecita e deleteria conviva con la nostra.

Conoscere è il primo passo per ricordarsene. Andare all’origine, scoprire, capire. Perchè non basta gioire per la notizia dell’arresto di questo o quell’altro affiliato al clan se non si ha coscienza di ciò che realmente significa. Una macchina che perde pezzi. Un ingranaggio che può arrancare e forse smettere di funzionare. È questo che può succedere alla criminalità organizzata.

Per sapere l’origine e la storia di uno dei clan più noti d’Italia bisogna partire da Antonio Bardellino, originario di San Cipriano d’Aversa, che prima affiliato a Cosa Nostra, diede vita tra gli anni settanta e ottanta del XX secolo al clan dei Casalesi. Egli prese sotto la propria egida alcune delle famiglie più importante della zona compresa tra l’agro aversano, il basso Lazio e comprendente anche alcune zone di Napoli, le stesse famiglie composte da Francesco Schiavone, Francesco Bidognetti e Nunzio De Falco che sindacarono la sua morte e lo succedettero nel corso del tempo.

Ucciso Bardellino, Francesco Schiavone, detto Sandokan e Francesco Bidognetti, chiamato Cicciotto’ e mezzanotte, salgono al potere facendo diventare i Casalesi una vera e propria holding, portando il clan ai massimi livelli. Affari di ogni tipo, racket, traffico di droga, estorsione, riciclaggio di denaro, gestione dell’edilizia, contraffazione, usura, contrabbando, gioco d’azzardo, ricettazione, frode, gestione dei rifiuti, prostituzione, cospirazione, traffico d’armi e ricatto: questi i pilastri portanti dell’economia del clan. Entrambi vengono arrestati: Bidognetti nel 1993 e Schiavone nel 1998, anno in cui iniziò il maxi- processo Spartacus che vide oltre 115 persone processate e la condanna al carcere a vita per Sandokan e Cicciotto e per gli allora latitanti, Michele Zagaria e Antonio Iovine. Questi ultimi, che salirono al potere dopo i due arresti dei boss, furono catturati rispettivamente il 7 dicembre 2011 e 17 novembre 2010.

Antonio Iovine nel maggio del 2014 decide di pentirsi. Un pentimento che gli permette di evitare il 41 bis e che porta a galla molte notizie: dalle dichiarazioni sugli imprenditori che “furono loro a scegliere noi“, e quindi a rivolgersi alla camorra volontariamente, ad una frase che al suo tempo stupì come non mai: “Il clan dei Casalesi non esiste più, già prima della mia cattura avevo capito che era tutto finito“. Difficile credere a questa affermazione considerando che secondo una stima della Direzione nazionale antimafia il fatturato risultante delle aziende controllate dal clan e dei traffici illeciti si aggirerebbe attorno ai 30 miliardi di euro.

Ora che Schiavone, Bidognetti, Zagaria e Iovine scontano la loro pena il mostro del clan dei Casalesi non è stato sconfitto, subisce colpi ma è da considerarsi più forte che mai. È facile agire quando si conosce il bersaglio, quando sai chi colpire. Ora che i più noti boss e capi dell’organizzazione sono in carcere resta da scoprire ancora chi combattere. Ammesso che si sappia cosa combattere e soprattutto se ci sia la volontà di farlo. In un’Italia afflitta da vuoti di potere è lecito chiedersi quanto questi vuoti siano colmati dalla criminalità organizzata e quanto questo, faccia comodo a tanti.

Alessandra Vardaro

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