ted lasso recensione
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Recensione di Ted Lasso la serie rivelazione di Apple tv+ e candidata a 20 Emmy Awards con Jason Sudeikis protagonista.

Quand’è che sprofondammo in un mondo così cinico? Quand’è che il mondo si svelò per ciò che è?
A che età la guglia della solidarietà dirocciò svelando la menzogna dei nostri tempi, ossia che la vita raccontata nei film a lieto fine, quella dei buoni sentimenti, dalla solida morale trionfante (rigorosamente Cristiana), in realtà è solo un modo per educare il pubblico a una forma di cooperazione precaria che stride – oggi ancor di più – con i valori guida del nostro tempo? Un’epoca dipinta di individualismo, contraddistinta dalla ricerca ossessiva del profitto, orientata alla sopraffazione sociale ed economica.
Collettivamente, deve essere successo quando il capitale ha invaso anche la sfera emotiva con i social network, con questi ultimi che ci hanno indottrinato a un profitto di relazioni e interazioni in vista di un qualche obiettivo personalistico e narcisistico.
Individualmente, crediamo che per ognuno ci sia stato un momento preciso, diverso per ogni persona: può essere quello del primo lavoro, la prima delusione da parte di un amico, lo sgarro da parte di un collaboratore. Insomma, in questa contraddizione, ci si finisce più o meno con tutte le scarpe e solo gli ostinati come Ted Lasso continuano a perseguire pervicacemente la strada del bene.

ted lasso
Ted lasso e il suo vice (fonte: Appletv+)

Ted Lasso racconta la storia di un allenatore di football amatoriale (Jason Sudeikis) che si ritrova a guidare una squadra di Premier League (l’immaginaria Richmond) senza nemmeno conoscere le regole del calcio. Ovviamente questo tipo di premessa è la miccia paradossale per innescare le situazioni più bizzarre e comiche. Non bisogna, però, fare l’errore di considerare Ted Lasso una serie esclusivamente comedy come spesso questa viene intesa dai più, cioè leggera e “da ridere”. Al contrario, la serie distribuita da Apple tv+, ha degli avvallamenti drammatici ricorrenti e tocca temi delicati, sebbene trasudi ottimismo a ogni rilievo: dalla fotografia alla morale che propina, ma anche negli epiloghi e nella caratterizzazione dei personaggi.

Jason Sudeikis è ben calato nel ruolo, debitore del suo faccione da schiaffi, sebbene quest’ultimo sia tirato con il freno a mano per tutte le puntate. Come attore da commedia l’abbiamo conosciuto in vesti più spinte (Libera Uscita, Come ammazzare il capo e vivere felici etc…) ma la ritenzione espressiva e linguistica dell’attore in questo caso non è da intendersi come un limite, ma come necessaria, in quanto si adegua a una scrittura morigerata, senza accessi, e a una finzione narrativa flautata dove a una notizia tremenda c’è sempre qualcuno pronto a cedere un abbraccio O dove la carnalità è lasciata perire (o al massimo comicizzata) a favore del vero sentimento. L’attore, sorprendentemente, si mostra camaleontico, ma non per i suoi cambi di registro interpretativi, ma proprio perché la sua attitudine recitativa è come i jeans americani: va bene in tutte le stagioni.

Jimmy Tart e Roy Kent (fonte: Appletv+)

Sul resto dei personaggi impossibile non citare gli iconici Roy Kent (interpretato da Brett Goldstein) e Jimmy Tart (Phil Dunster). Il primo rappresenta il burbero dal cuore d’oro, il secondo la star stupida, fatua e viziata, profilo perfetto da Geordie Shore. Ma da questi stereotipi (dalle caratteristiche molto basilari a dire il vero) la serie è brava a scavare svelandone background e matrici caratteriali. In questo modo anche i pochi personaggi crudeli non sono così cattivi o cinici ma umanizzati. I personaggi stupidi e individualisti lo sono sempre per un motivo, spesso approfondito.
Ted Lasso è, insomma, la commedia dal lieto fine, ma non perché tutto fili per il meglio, ma perché tutto quello che accade viene preso con una certa leggerezza. È un prodotto che propina un’instancabile filosofia dell’ottimismo che da solidità all’illusione che introducevamo sopra: la morale rincuorante che non ci sia sempre qualcuno pronto a sfruttare le nostre debolezze o i nostri guai.
Anche i perdenti, in questo contesto, sono premiati e trovano spazio per il loro riscatto che sia lui un magazziniere o un dirigente oggetto di mobbing come Higgins.

Il Richmond in festa (fonte: Appletv+)

Ted Lasso è una narrazione che ci salva da alcune derive depressive del menefreghismo dei nostri tempi. Una serie che con una certa tenerezza e ingenuità ci trasporta a una memoria infantile ribadendo alcuni insegnamenti ecumenici. Un prodotto che stimola dei ricordi (forse artefatti) che producono a loro volta esempi virtuosi che ci spingono ad essere migliori. Creando un mondo dove, nonostante gli spigoli sociali e culturali, trionfa l’umanità in senso pieno, i rapporti veri, umani. Rapporti che, di fronte ai limiti e i punti oscuri di ognuno, non si rovinano nel silenzio o nel giudizio, ma mantengono caparbi una connessione. Una realtà dove le fredde regole del profitto e dell’affare fanno solo da contesto e non intaccano l’umano che, anzi, è preservato.

Ted Lasso è un’altra grande menzogna. Ma una menzogna di cui abbiamo bisogno, per continuare a credere e non diventare peggiori di quello che siamo.

Enrico Ciccarelli

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