Rivestire i semi per proteggere le colture: l'esperimento in Benin
Foto di Akil Mazumder: pexels.com

«Le ultime proiezioni delle Nazioni Unite suggeriscono che la popolazione mondiale potrebbe crescere fino a circa 8,5 miliardi nel 2030, 9,7 miliardi nel 2050 e 10,4 miliardi nel 2100»: è quanto emerge dal “World Population Prospects 2022” delle Nazioni Unite, la ventisettesima edizione del rapporto sulle stime e le proiezioni demografiche globali. L’aumento della popolazione mondiale sarà accompagnato dalla comparsa di nuove sfide sociali, economiche, sanitarie e ambientali di cui i governi di tutto il mondo dovranno occuparsi fin da subito. La crisi climatica è già oggi causa di danni economici in molti Paesi. Si stima che i cambiamenti climatici provocheranno migrazioni di massa in pochi decenni e minacceranno con sempre più frequenza la sicurezza alimentare globale. Per questo motivo negli ultimi tempi, grazie al lavoro di aziende innovative e ai risultati di nuovi studi scientifici, le soluzioni di adattamento alla crisi climatica del settore agricolo diventano sempre più numerose. In Benin, Paese dell’Africa occidentale, un team di scienziati ha avviato un nuovo esperimento utile alla protezione delle colture contro gli agenti patogeni presenti nel suolo.

Il Benin laboratorio per l’Africa subsahariana

Situato sul Golfo di Guinea, il Benin, come molte altre nazioni dell’Africa subsahariana, sarà interessato da una esponenziale crescita della popolazione. Si stima infatti che entro il 2100 il numero di persone che abitano questa immensa regione triplicherà. Un maggior numero di individui si traduce in aumento forzato della produttività agricola, ad oggi minacciata da diversi fattori tra i quali, oltre la crisi climatica, una scarsa fertilità del suolo, coltivazioni intensive, danni dovuti ai patogeni e carenza di risorse per i piccoli agricoltori, i quali rappresentano l’80% della popolazione. Gli effetti devastanti dovuti alla pandemia da Covid-19, i conflitti armati, il terrorismo e la costante soppressione dei diritti umani non saranno gli unici motivi di instabilità nella regione. Se non si agisce subito l’insicurezza alimentare, che già oggi flagella il popolo subsahariano, rischierà di aggravarsi ulteriormente. In tale contesto, le pratiche agricole sostenibili rappresentano le uniche soluzioni utili a far fronte alla crescente domanda di cibo in tutto il Pianeta.

Nell’Africa occidentale l’igname, pianta rampicante perenne che produce un tubero dalle elevate proprietà nutrizionali e terapeutiche, rappresenta un’indiscutibile fonte economica per milioni di piccoli agricoltori. I fattori climatici, le non ottimali condizioni chimiche e fisiche del terreno e soprattutto i parassiti che attaccano queste piante, i nematodi, ogni anno causano una perdita di produzione stimata tra il 17% e il 50%. Questi piccoli quanto dannosi parassiti vivono stabilmente nei corpi che li ospitano, tuberi o semi. A causa di questa loro caratteristica i produttori di igname, anche detto yam, contribuiscono inconsapevolmente all’aumento dell’infestazione a partire dal momento della semina. Risulta quindi fondamentale l’applicazione di una protezione preventiva, naturale e biodegradabile contro i nematodi.

Servendosi di un impasto contenente fibre di banane disidratate (80%), scarti di cartone ondulato (20%) e un nematocida a base di abectamina, un team di ricercatori guidati da Tahira Pirzada del Dipartimento di Ingegneria Chimica e Biomolecolare della North Carolina State University, ha creato rivestimenti wrap and plant (W&P) in grado di degradarsi naturalmente nel terreno e di proteggere i semi dall’attacco dei parassiti. È stato dimostrato che, oltre a difendere le colture dai nematodi, l’applicazione di questa tecnologia agricola completamente sostenibile comporta un notevole miglioramento del peso e della qualità dei tuberi. Oltre a ciò, l’utilizzo del trattamento W&P può portare a un impressionante aumento della resa (+ 27-53%) e del tasso di conservazione dell’igname.

«Abbiamo sviluppato una piattaforma robusta e flessibile per la protezione sostenibile delle colture per i piccoli agricoltori riciclando i rifiuti della raccolta delle banane e vecchie scatole di cartone ondulato attraverso un percorso semplice e privo di sostanze chimiche» affermano i ricercatori. Oltre ad essere ecosostenibile, la tecnologia W&P applicata alla produzione di igname in Benin risulta essere maggiormente redditizia in termini di costi di produzione e di ricavi (+153,7% rispetto a tuberi prodotti convenzionalmente). Gli involucri per semi biodegradabili come quelli utilizzati in questo esperimento subiranno modifiche strutturali, affinché possano essere adattati a diversi tipi di semi e colture. Oltre che per le produzioni intensive, la tecnologia W&P potrà essere uno strumento a disposizione delle piccole aziende agricole e per gli orticoltori che utilizzano metodi biologici.

Marco Pisano

Marco Pisano
Sono Marco, un quasi trentenne appassionato di musica, lettura e agricoltura. Da tre e più anni mi occupo di difesa ambientale e, grazie a Libero Pensiero, torno a parlarne nello spazio concessomi. Anch'io come Andy Warhol "Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare". Pace interiore!

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